Esprimi
un desiderio
di
Marina Pasqualini
Si
sparse la voce che un Mago sarebbe giunto, nel loro Paese, alla
Vigilia di Natale e che chiunque avrebbe potuto esprimere un
desiderio, che sarebbe stato esaudito. Potete immaginarvi che lunga
fila di persone giunse da ogni dove. Tutti avevano qualcosa che non
andava, nella propria vita, e tutti erano convinti che, tolto quel
particolare problema, sarebbero stati più felici.
Il
Mago li accolse, uno ad uno, sotto una tenda, affinchè gli
altri non potessero sentire. Il primo disse: ”Sono piccolo e
grasso, solo una ragazza, in Paese, mi ha degnato della sua
attenzione: Ma anche lei non è bellissima. Io chiedo a te di
trasformarmi in un bel ragazzo, alto, biondo, con gli occhi verdi e
lineamenti regali”. Il Mago lo accontentò e disse a lui,
come a tutti gli altri: “Fra un anno tornerò e, se sarai
felice, io li sarò più di te!”
Giunse
il secondo, ed ecco il suo desiderio: “Sono povero in canna,
non è vita, questa! Vorrei essere ricco e famoso” Ed
ecco avverarsi la magia. Un terzo chiese al Mago: “Sono figlio
unico, vorrei tanto un fratello, per amarci e rispettarci come un
estraneo non potrebbe mai fare”…Ed eccolo esaudito.
E
via di questo passo. Chi era basso, voleva essere alto, chi un
musone, voleva essere sempre di buon umore, chi grasso, magro.
Alla
Vigilia di Natale dell’anno successivo, il Mago mantenne la
promessa. Al suo cospetto si presentarono tutti quelli le cui vite
erano state, in parte, modificate. Nella tenda entrò il primo
ed esordì: “Ho vissuto per un anno con la mia bellezza;
certo, all’inizio è stato esaltante. Tutte le ragazze
del villaggio volevano accompagnarsi a me, tutte le più belle.
Ed io ero eccitato e felice, con un senso di onnipotenza nel cuore.
Con il passare del tempo, tuttavia, non sono più riuscito a
distinguere chi voleva me, per quello che apparivo, e chi per quello
che ero. La mia veste esteriore aveva completamente appannato la mia
vera identità, la mia unicità, quella che mi distingue
da tutti gli altri esseri del pianeta. No, grazie, caro Mago, ma
rivoglio i miei panni di prima. Forse quell’unica ragazza che
mi guardava, anche lei non bellissima, mi avrebbe amato per quello
che ero e che voglio tornare ad essere.
E
così il Mago ritrasformò quella persona nella vera sè
stessa. Le ridette la sua essenza e il suo vecchio aspetto fisico.
Si
presentò il secondo, che affermò: “Sono stato
ricco e famoso. Che bello, all’inizio! Tutti volevano la mia
compagnia. Organizzavo feste con mille invitati, tutte le ragazze
volevano fidanzarsi con me. E i ragazzi mi frequentavano perché
la mia era una vita brillante, con me ci si poteva divertire, grazie
al mio denaro. Ma poi mi sono chiesto il perché di tutto
questo, ed ho capito: ciò che attraeva tutti loro era la mia
ricchezza, non certo io! No grazie, caro Mago, vorrei tornare quello
che ero, perché quei pochi amici che avevo, erano dei veri
amici. Stavano con me nonostante io fossi povero: condividevamo
divertimenti e gioie semplici, ma sinceri.”
E
anche a lui il Mago vanificò la magia.
Giunse
il terzo, il figlio unico che voleva un fratello che lo avrebbe amato
come nessun altro avrebbe potuto fare. “E a te, come è
andata?” Gli domandò. “E’ andato tutto bene”
gli rispose “finchè non si è verificato un
problema relativo a interessi economici. Lì sono cominciati i
malintesi, i litigi, la paura di essere derubati dall’altro. E
così abbiamo iniziato a provare rancore, uno verso l’altro.
Che brutta sensazione, che tristezza, non avrei mai creduto che, a
causa del denaro, si potessero bruciare i sentimenti di fratellanza.
Caino e Abele. Pensavo fosse solo una parabola, ma, chiedendo un po'
in giro, ho scoperto che quasi per tutti è così. Solo i
nullatenenti vanno d’amore e d’accordo, mentre se c’è
all’orizzonte un’eredità o una spartizione, anche
le migliori intenzioni vanno ad infrangersi sugli scogli della
malafede, fino a naufragare. No, stavo decisamente meglio, ed è
brutto a dirsi, quando ero figlio unico!”
E
così anche questa magia non aveva funzionato.
E
anche tutti quelli che avevano cambiato aspetto, venivano per
chiedere altro, perché quello non bastava più, per
essere felici.
Allora
il Mago chiamò tutti a raccolta e così si espresse:
“Ora,
miei cari, vorrei rivelarvi la vera e unica Magia, perseguendo la
quale non avrete più bisogno d’altro. Altrimenti i
vostri desideri non avranno mai fine, fino a togliervi il sonno. Vi
insegnerò una cosa che, se applicherete a voi stessi, sarà
la panacea per tutti i vostri guai. So che è una cosa molto
difficile da imparare, ma se lo farete e se divulgherete questo mio
insegnamento, dopo averne gustato i benefici, mi sarete grati per il
resto della vostra vita, e farete del bene all’umanità:
questo concetto si concretizza in una parola, “Accettazione”,
che non significa “rassegnazione” attenti! Se ci saranno
cose che potrete migliorare, per voi e per gli altri, fatelo! Lo
dovrete fare! Ma se ci saranno cose o situazioni, nella vostra vita,
che non potrete modificare, cominciate ad accettarle e subito vi
verrà una forza interiore che vi permetterà di
trasformarle in qualcosa d’altro, magari di meglio per voi.”
E
proseguì: “Non accanitevi contro l’ineluttabile,
ma raccoglietene i cocci e costruite qualcosa di diverso, che
comunque vi appagherà molto di più che continuare a
pesate la testa contro un muro!”
Dopo
un altro anno, il Mago tornò in quel Paese, e ne chiamò
a raccolta, per l’ultima volta, gli abitanti. Questi lo
ringraziarono. Avevano capito che, una volta esaudito un desiderio,
se ne sarebbe affacciato subito un altro, in un avvicendarsi senza
fine. L’insoddisfazione umana non trovava pace, così, e
le persone ne uscivano sfiancate, in una lotta impari. Bisognava
stoppare e resettare. Il cervello, il cuore.
E
la magia il Mago l’aveva fatta, uguale per tutti. Ognuno
accettava il fatto che, se messi tutti in fila, gli esseri umani
avrebbero visto che ciascuno sarebbe stato più grasso di
quello alla sua destra ma più magro di quello alla sua
sinistra, più musone di quello davanti a lui ma più
allegro di quello dietro di lui. Senza accettazione di ciò,
sarebbe stata la fine. La gente capì, finalmente, che era
inutile perdere tempo a chiedersi come sarebbe stata, se non fosse
stata se stessa, e cioè autentica: una lunga serie di
fotocopie, nessun originale.
E
tornò la pace, in quel villaggio, anzi, vi giunse per la prima
volta, e per sempre lì rimase, perché albergava nei
loro cuori.
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