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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Esprimi un desiderio, di Marina Pasqualini 27/03/2017
 

Esprimi un desiderio

di Marina Pasqualini



Si sparse la voce che un Mago sarebbe giunto, nel loro Paese, alla Vigilia di Natale e che chiunque avrebbe potuto esprimere un desiderio, che sarebbe stato esaudito. Potete immaginarvi che lunga fila di persone giunse da ogni dove. Tutti avevano qualcosa che non andava, nella propria vita, e tutti erano convinti che, tolto quel particolare problema, sarebbero stati più felici.

Il Mago li accolse, uno ad uno, sotto una tenda, affinchè gli altri non potessero sentire. Il primo disse: ”Sono piccolo e grasso, solo una ragazza, in Paese, mi ha degnato della sua attenzione: Ma anche lei non è bellissima. Io chiedo a te di trasformarmi in un bel ragazzo, alto, biondo, con gli occhi verdi e lineamenti regali”. Il Mago lo accontentò e disse a lui, come a tutti gli altri: “Fra un anno tornerò e, se sarai felice, io li sarò più di te!”

Giunse il secondo, ed ecco il suo desiderio: “Sono povero in canna, non è vita, questa! Vorrei essere ricco e famoso” Ed ecco avverarsi la magia. Un terzo chiese al Mago: “Sono figlio unico, vorrei tanto un fratello, per amarci e rispettarci come un estraneo non potrebbe mai fare”…Ed eccolo esaudito.

E via di questo passo. Chi era basso, voleva essere alto, chi un musone, voleva essere sempre di buon umore, chi grasso, magro.

Alla Vigilia di Natale dell’anno successivo, il Mago mantenne la promessa. Al suo cospetto si presentarono tutti quelli le cui vite erano state, in parte, modificate. Nella tenda entrò il primo ed esordì: “Ho vissuto per un anno con la mia bellezza; certo, all’inizio è stato esaltante. Tutte le ragazze del villaggio volevano accompagnarsi a me, tutte le più belle. Ed io ero eccitato e felice, con un senso di onnipotenza nel cuore. Con il passare del tempo, tuttavia, non sono più riuscito a distinguere chi voleva me, per quello che apparivo, e chi per quello che ero. La mia veste esteriore aveva completamente appannato la mia vera identità, la mia unicità, quella che mi distingue da tutti gli altri esseri del pianeta. No, grazie, caro Mago, ma rivoglio i miei panni di prima. Forse quell’unica ragazza che mi guardava, anche lei non bellissima, mi avrebbe amato per quello che ero e che voglio tornare ad essere.

E così il Mago ritrasformò quella persona nella vera sè stessa. Le ridette la sua essenza e il suo vecchio aspetto fisico.

Si presentò il secondo, che affermò: “Sono stato ricco e famoso. Che bello, all’inizio! Tutti volevano la mia compagnia. Organizzavo feste con mille invitati, tutte le ragazze volevano fidanzarsi con me. E i ragazzi mi frequentavano perché la mia era una vita brillante, con me ci si poteva divertire, grazie al mio denaro. Ma poi mi sono chiesto il perché di tutto questo, ed ho capito: ciò che attraeva tutti loro era la mia ricchezza, non certo io! No grazie, caro Mago, vorrei tornare quello che ero, perché quei pochi amici che avevo, erano dei veri amici. Stavano con me nonostante io fossi povero: condividevamo divertimenti e gioie semplici, ma sinceri.”

E anche a lui il Mago vanificò la magia.

Giunse il terzo, il figlio unico che voleva un fratello che lo avrebbe amato come nessun altro avrebbe potuto fare. “E a te, come è andata?” Gli domandò. “E’ andato tutto bene” gli rispose “finchè non si è verificato un problema relativo a interessi economici. Lì sono cominciati i malintesi, i litigi, la paura di essere derubati dall’altro. E così abbiamo iniziato a provare rancore, uno verso l’altro. Che brutta sensazione, che tristezza, non avrei mai creduto che, a causa del denaro, si potessero bruciare i sentimenti di fratellanza. Caino e Abele. Pensavo fosse solo una parabola, ma, chiedendo un po' in giro, ho scoperto che quasi per tutti è così. Solo i nullatenenti vanno d’amore e d’accordo, mentre se c’è all’orizzonte un’eredità o una spartizione, anche le migliori intenzioni vanno ad infrangersi sugli scogli della malafede, fino a naufragare. No, stavo decisamente meglio, ed è brutto a dirsi, quando ero figlio unico!”

E così anche questa magia non aveva funzionato.

E anche tutti quelli che avevano cambiato aspetto, venivano per chiedere altro, perché quello non bastava più, per essere felici.

Allora il Mago chiamò tutti a raccolta e così si espresse:

Ora, miei cari, vorrei rivelarvi la vera e unica Magia, perseguendo la quale non avrete più bisogno d’altro. Altrimenti i vostri desideri non avranno mai fine, fino a togliervi il sonno. Vi insegnerò una cosa che, se applicherete a voi stessi, sarà la panacea per tutti i vostri guai. So che è una cosa molto difficile da imparare, ma se lo farete e se divulgherete questo mio insegnamento, dopo averne gustato i benefici, mi sarete grati per il resto della vostra vita, e farete del bene all’umanità: questo concetto si concretizza in una parola, “Accettazione”, che non significa “rassegnazione” attenti! Se ci saranno cose che potrete migliorare, per voi e per gli altri, fatelo! Lo dovrete fare! Ma se ci saranno cose o situazioni, nella vostra vita, che non potrete modificare, cominciate ad accettarle e subito vi verrà una forza interiore che vi permetterà di trasformarle in qualcosa d’altro, magari di meglio per voi.”

E proseguì: “Non accanitevi contro l’ineluttabile, ma raccoglietene i cocci e costruite qualcosa di diverso, che comunque vi appagherà molto di più che continuare a pesate la testa contro un muro!”

Dopo un altro anno, il Mago tornò in quel Paese, e ne chiamò a raccolta, per l’ultima volta, gli abitanti. Questi lo ringraziarono. Avevano capito che, una volta esaudito un desiderio, se ne sarebbe affacciato subito un altro, in un avvicendarsi senza fine. L’insoddisfazione umana non trovava pace, così, e le persone ne uscivano sfiancate, in una lotta impari. Bisognava stoppare e resettare. Il cervello, il cuore.

E la magia il Mago l’aveva fatta, uguale per tutti. Ognuno accettava il fatto che, se messi tutti in fila, gli esseri umani avrebbero visto che ciascuno sarebbe stato più grasso di quello alla sua destra ma più magro di quello alla sua sinistra, più musone di quello davanti a lui ma più allegro di quello dietro di lui. Senza accettazione di ciò, sarebbe stata la fine. La gente capì, finalmente, che era inutile perdere tempo a chiedersi come sarebbe stata, se non fosse stata se stessa, e cioè autentica: una lunga serie di fotocopie, nessun originale.

E tornò la pace, in quel villaggio, anzi, vi giunse per la prima volta, e per sempre lì rimase, perché albergava nei loro cuori.



 
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