La
vita prende, la vita dona
di
Piera Maria Chessa
Livia
attraversava il parco quella sera di fine ottobre in compagnia di
Scheggia, il suo cagnolino, come d’altronde faceva tutte le
sere. Non c’era nessuno, soltanto il silenzio a farle
compagnia. Erano le otto o poco più, il buio illuminato
soltanto dai lampioni accesi. Il cagnolino le camminava al fianco
tranquillo, ogni tanto si fermava per qualche istante ad odorare
l’erba e la terra tra i cespugli. Lei ne seguiva lo sguardo, i
movimenti, le intenzioni, e nello stesso momento assecondava i suoi
pensieri. Mentre rifletteva, dal profondo silenzio che l’avvolgeva
emerse una voce, un richiamo.
“Buona
sera, signora Livia. “. Guardò meglio, un po’
lontano da lei l’esile figura di un’ altra donna, e poco
distante la sua cagnetta.
“Buona
sera, signora Margherita, non l’avevo vista, mi scusi”.
“Si
figuri, nonostante i lampioni il buio stasera è veramente
fitto!”.
Si
conoscevano da diverso tempo Livia e la signora Margherita, da quando
avevano incominciato a frequentare quel piccolo parco dove entrambe
si recavano con i loro cani, eppure, pur essendosi instaurato tra
loro un rapporto amabile e talvolta anche confidenziale, continuavano
a darsi del lei. Una cosa molto curiosa soprattutto per Livia, che
non teneva affatto a mantenere le distanze. Lei se lo spiegava col
fatto che la signora Margherita, pur essendo sempre gentile, rimaneva
per carattere un po’ riservata, schiva nel manifestare i
sentimenti, per questo non aveva mai pensato di proporle di darsi del
tu.
Le
andò incontro con piacere anche perchè non la
incontrava da qualche giorno, intorno a lei giocava e scodinzolava
Ambra, la sua amatissima cagnetta. Parlarono un poco.
“Perchè
non lo lascia libero, mi sembra che soffrano quando li teniamo al
guinzaglio!”, disse la signora. “Ha ragione, ma ho paura
che scappi, non sempre ubbidisce ai comandi, però voglio
provare…”
Lo
liberò con una certa titubanza dal guinzaglio e dalla
pettorina, in un istante, con un balzo, Scheggia era già
lontano. Era un piacere vederlo, la signora Margherita lo guardava
incantata. “Sembra un proiettile!”, disse. “Sì,
nonostante i suoi dieci anni…”, rispose lei. “Come
è possibile, è veramente veloce!”, ripetè
la signora, meravigliandosi non poco.
Nel
frattempo camminavano tra le siepi cercando con fatica di seguire il
percorso dei loro cani. Ambra ad un certo punto si fermò tra
due alberi guardando con particolare attenzione verso la cima;
osservava e contemporaneamente abbaiava, si fermava per un istante
per poi ricominciare a girare intorno ai tronchi. A Livia e alla
signora Margherita veniva da ridere, divertite nel vedere che cercava
di salire, naturalmente senza riuscirvi. Capirono che sugli alberi
aveva visto qualcosa. “Ci sono dei gatti, sono proprio in cima,
si vedono a malapena con questo buio!”, disse infine la
signora, Ambra, al contrario, vedeva bene, eccome! Riprese infatti
ancora per un po’ con le sue piroette, mentre lei, non si sa
neppure come, incominciò a parlare di suo marito, che
purtroppo non c’era più.
“Vado
tre volte alla settimana a trovarlo in cimitero, mi manca molto, per
fortuna un’amica, poco dopo la sua morte, mi ha regalato questa
cagnetta. Io non la volevo, non mi sentivo di accudirla, ma lei ha
insistito. E’ stato un bene. Ora, la sera, quando rientro dal
lavoro, mi fa molta compagnia, si siede accanto a me e insieme
guardiamo la televisione, poggia la testolina sulle mie ginocchia…”
. “Ha fatto bene a prendersi cura di lei, signora, in questo
modo allontana un po’ anche i pensieri malinconici”,
aggiunse Livia.
“Sì,
però la nostalgia è tanta ed è difficile
accettare quello che è successo…”.
Livia
conosceva qualcosa della sua storia, non molto, in verità,
solo qualche breve riferimento emerso durante le loro conversazioni.
Margherita era una donna sulla sessantina, semplice nel modo di
vestire ma non trascurata, non l’aveva mai vista truccata, non
rinunciava tuttavia a un po’ di rossetto sulle labbra. Doveva
essere stata una bella donna, e lo era ancora, nonostante il suo
atteggiamento un po’ rassegnato, malinconico. Si illuminava
invece accanto alla sua cagnolina, alla quale si dedicava totalmente.
Aveva due figli, ma ormai adulti e con famiglia, che vivevano fuori,
tutto il suo tempo libero era perciò per la sua adorata Ambra.
“…quello
che è successo”, aveva detto, ma Livia non sapeva che
cosa in realtà fosse accaduto.
La
signor Margherita glielo raccontò in breve.
“E’
stato un attimo, signora, stava bene, poi, in pochi istanti se n’è
andato, lasciandomi soltanto un sorriso, il suo ultimo saluto.”
Livia
non sapeva proprio che dire, non era preparata a confidenze così
dolorose. Oltretutto non c’era tra loro una frequentazione
assidua, per cui si meravigliò molto che la signora gliene
avesse parlato. Avrebbe voluta aiutarla, trovare le parole giuste in
quel momento, poche ma sincere. Non amava la retorica, le cose dette
tanto per dire o per uscire da una situazione non semplice. Disse
quello che pensava in quel preciso istante.
“Signora
Margherita, non mi riesce di dirle niente che possa esserle di aiuto,
non voglio banalizzare questa sua difficile esperienza con parole che
sarebbero comunque inappropriate, vorrei solo abbracciarla, posso
farlo?”
La
signora la guardò con uno sguardo lungo, riconoscente, troppo
abituata ormai alle tante parole vuote, di cortesia e, quando andava
bene, di pietà, che si esaurivano nel giro di pochi istanti,
giusto il tempo di un frettoloso incontro per strada.
“Certo
che può, Livia, il suo abbraccio vale molto di più
delle innumerevoli parole di circostanza, tutte quelle che mi è
capitato di sentire in questi lunghi sei anni, giusto quelli della
mia Ambra”, disse infatti, guardando la cagnetta che la
osservava adorante. Poi aggiunse: “Che altro posso fare ormai
se non dedicarmi a lei, ho quasi sessant’anni, i figli sono
lontani, non ho nipoti…”.
Livia
l’abbracciò comprensiva, come può fare una
sorella o un’amica molto cara, poi le disse:
“Mi
scusi, se mi permetto, spero di non sembrarle invadente, certamente
non si può dimenticare mai un marito o un compagno che è
stato al nostro fianco per anni, col quale si sono condivisi i
momenti più importanti, ma lei magari dovrebbe uscire un po’
di più, incominciare a frequentare amiche e nuovi amici,
dedicarsi ad interessi che le riempiano la vita, che la gratifichino,
mai dare nulla per scontato, è vero che la vita ci ruba tanto,
ma qualche volta ci fa anche dei regali preziosi. Noi donne forse
dovremmo incominciare a volerci più bene, iniziando dalle
piccole cose e lasciando spazi aperti anche ad altre possibilità.”.
Poi
aggiunse quasi pentita: ” Mi scusi, il dispiacere per ciò
che mi ha confidato mi ha spinto forse troppo avanti, mi sono
permessa di parlarle come potrei fare con una sorella, davvero mi
perdoni”.
La
signora stette un istante in silenzio, poi disse:
“Lei,
Livia, non deve scusarsi, sono io che la ringrazio per la spontaneità
e la sincerità con la quale mi ha parlato, ampliando il mio
sguardo su cose che finora avevo considerato ormai chiuse, fuori
dalla mia vita odierna. In tutti questi anni ho solo pensato di
vivere, di dover vivere esclusivamente nel ricordo di mio marito,
della nostra vita insieme, una vita lunga, perché ci siamo
incontrati quando eravamo due ragazzini. In questo momento, dopo aver
parlato con lei, mi chiedo se davvero anche lui vorrebbe che io
continuassi a vivere in questo modo, chiusa in me stessa, lasciando
che la vita vada avanti così, spegnendomi ogni giorno un poco.
Credo di trovare in me la sua risposta. Grazie dunque, spero di
rivederla presto. Un’ultima cosa, posso darle del tu, possiamo
darci del tu? Mi piacerebbe poterla considerare mia amica, non solo
una buona conoscente.”
Livia,
molto sorpresa, disse semplicemente: “Ne sarei felice, grazie,
al prossimo incontro allora!”.
Passò
novembre, si avvicinava il Natale, stranamente Livia non aveva più
incontrato Margherita, inizialmente non vi aveva pensato coinvolta
com’era nei suoi impegni quotidiani, poi improvvisamente si
ricordò di non averla vista ormai da parecchio tempo, e si
meravigliò. Avrebbe voluto telefonarle ma si rese conto che,
dopo la lunga e confidenziale conversazione degli ultimi giorni di
ottobre, nessuna delle due aveva pensato di scambiarsi il numero di
telefono. Pensò però che presto si sarebbero incontrate
nel piccolo parco vicino.
Fu
invece qualche giorno dopo che, in giro per negozi alla ricerca di
doni natalizi, si trovarono inaspettatamente l’una di fronte
all’altra in pieno centro cittadino. E fu con grande gioia che
Livia notò subito l’evidente trasformazione della sua
amica. La guardò per un istante stupefatta, sembrava
ringiovanita di parecchi anni, indossava abiti sobri ma eleganti,
notò persino un leggero filo di trucco sugli occhi, oltre
all’immancabile rossetto. I capelli, quasi sempre raccolti,
ricadevano ora liberi ai lati del viso. Era la stessa Margherita che
conosceva?
Prima
ancora di parlarle l’abbracciò contenta, poi le chiese
come mai da qualche tempo non si erano più incontrate.
Margherita le spiegò che con un gruppo di amici era stata in
vacanza in montagna, aggiungendo che si era trattato di una
bellissima esperienza.
Livia,
sempre più sorpresa, pensò che fino a poco tempo prima
mai le era capitato di parlare con lei di viaggi, tanto meno di
vacanze in montagna, ma solo di mare, di lunghe giornate trascorse
sulla spiaggia. Disse solo: “Felice di vederti felice, non
sapevo che amassi la montagna!”.
Margherita
rise di gusto nel dire:” Non lo sapevo neppure io, l’ho
scoperto decidendo, da un giorno all’altro, di fare un viaggio,
e siccome sono praticamente sola ho optato per un viaggio
organizzato. Così ho conosciuto diverse persone, sono stata
molto bene, e al rientro, con alcune di loro ho stretto rapporti di
vera amicizia. Ehi, non guardarmi così! Lo so, non uscivo
quasi mai, me ne stavo rintanata in casa, chiusa al mondo e a tutto
ciò che mi circondava, non avevo amici, in realtà
perchè non ne volevo, non avevo capito l’importanza di
stare con gli altri, l’avevo dimenticato, perché con
Fabio, mio marito, amici ne avevamo diversi, eccome, poi…”
. Si interruppe per qualche istante, quindi aggiunse:” Forse tu
non te ne sei neppure resa conto, ma quella sera, nel parco, ricordi,
c’era tanto silenzio e tanto buio, lo stesso buio e lo stesso
silenzio che per anni mi hanno fatto compagnia, poi…le tue
parole, dette con semplicità e amicizia, e tanta discrezione.
Benedette quelle tue parole, erano quelle giuste in quel momento, in
pochi istanti mi hai aperto una finestra sul mondo, mi hai fatto
capire che non sempre tutto è finito, che ognuno di noi ha
ancora diverse possibilità, e che non bisogna sprecarle,
lasciarle andare. Io credo che anche mio marito sarebbe felice
vedendo me felice. Voglio ricominciare a vivere, voglio rubare
anch’io alla vita i miei momenti di serenità. Davvero
grazie, Livia”.
Non
c’era molto da aggiungere, Margherita, come un fiume in piena,
aveva già detto tutto. Livia la salutò abbracciandola e
dicendole: “Allora, ai tuoi nuovi amici, con i quali,
immagino,organizzerai nuovi viaggi, escursioni e tanto altro, vuoi
aggiungere anche me? Sappi che in queste cose io non mi tiro mai
indietro!”.
Si
salutarono scambiandosi i numeri di telefono.
“Ed
ora dedichiamoci al Natale”, pensò Livia andando via,
“ai doni per gli amici, agli addobbi per il nuovo albero,
all’acquisto di qualche nuova statuina per il presepe, e a
qualche buona idea per la cena della vigilia. Benedetto il Natale,
che porta sempre delle buone nuove. Viva Margherita e la sua nuova
vita!”
Si
sentiva felice per sè e la sua famiglia, ma forse ancora di
più per l’amica che aveva capito quanto sia importante
volersi bene.
Dalla
raccolta inedita “Sguardi di donne”.
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