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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Nisse e Gunnar, di Danila Oppio 21/12/2019
 
Nisse e Gunnar

di Danila Oppio



C’era una volta, ma non proprio così tanto tempo fa, un bimbetto molto povero che avrebbe tanto desiderato decorare l’abete di fronte a casa sua per festeggiare il Natale, che presto avrebbe bussato alle porte. Non aveva però neppure un soldino per acquistare quei bei ciondoli colorati che erano esposti nelle vetrine dei negozi della sua città.

Una sera - e il Natale si stava avvicinando a grandi passi - sentì uno scampanellìo e un fruscìo vicino alla finestra della sua cameretta.

  • Chissà chi è? - Pensò il piccino.

  • Toc toc toc.

Tre colpetti sul vetro della finestra lo fecero sobbalzare. Si avvicinò cautamente, appoggiò le manine e il nasino sui vetri gelati – fuori faceva davvero molto freddo – e vide un ometto non più alto di una spanna, con un berretto rosso in testa che indossava un giacchino grigio. Una lunga barba bianca ornava il suo mento.

  • Chi sei? - Chiese il piccino.

  • Sono Nisse, lo gnomo che esaudisce tutti i desideri, per caso tu ne hai uno in particolare? Puoi dirmi come ti chiami?

  • Mi chiamo Gunnar. Si, vorrei decorare con tanti ciondoli luminosi quell’abete là fuori, perché senza quelle decorazioni, non mi sembra neppure Natale.

  • Allora Gunnar, fammi entrare ed io ti narrerò una storia e magari, mentre te la racconto, succederà qualcosa di straordinario. Fammi entrare subito, che qui fuori tremo dal freddo!

Il bambino aprì la finestra e Nisse si intrufolò nella stanza che a dire il vero non era neanche calda perché il fuoco si era spento nel camino.

Nisse si affrettò a soffiare sulle braci e all’improvviso un bel fuocherello divampò e la stanza si riscaldò in un istante.

  • Ma tu sei proprio un mago! Esclamò Gunnar.

  • Non so chi siano i maghi, ma so come posso realizzare i sogni dei bambini buoni.

Intanto Nisse, profittando del momento in cui Gunnar era andato a scaldarsi accanto al fuoco e si era appisolato, chiamò la Regina delle Nevi, Snedronninga, che di cose belle ne sapeva fare davvero tante. Le disse sottovoce, ché il bimbo non sentisse:

  • Per favore, fai cadere tanti fiocchi di neve, e falli diventare grandissimi, come quei lampadari di cristalli di Boemia, e poi appendili sui rami di quell’abete. Ma non farti vedere né sentire.

La Regina delle Nevi non riuscì a trattenere una risata, ovviamente cristallina. Proprio a lei Nisse chiede di essere silenziosa? Ma da quando la neve che scende volteggiando lieve fa rumore? Non solo è muta, ma ammutolisce anche tutto quel che sfiora al suo passare. Non si odono i passi e neanche le ruote delle auto che circolano sulla strada innevata. Tutto è ovattato e quindi lei sa - che quel che farà - non si sentirà.

E piano piano, mentre Nisse pensa alla storia da raccontare a Gunnar, Snedronninga sparge i fiocchi di cristallo, li appende sui rami dell’abete, perché sa che quando la luna si accenderà e illuminerà il cielo notturno, i cristalli di ghiaccio brilleranno come tante argentee lucine.

Gunnar si sveglia e sbadiglia

Così Nisse comincia a raccontargli una storia lunga e senza fine, per dare tempo a Snedronninga di terminare il lavoro che le ha commissionato.


  • C’era una volta un cero di cera...

Nisse inizia così questa sua fiaba.

  • che lentamente si scioglieva.

  • Come si dice

  • quando una candela finisce?

  • Ah sì, fino a ridursi

  • a un piccolo moccolo

  • che quasi non si vedeva

  • neanche con il binocolo.

  • Ah sì, e dopo cosa accadde?

  • È successo che all’improvviso

  • è spuntato un sorriso sul tuo viso.

  • E poi? Come finisce la storia?

  • Finisce che devo accendere

  • un altro cero di cera

  • e questa è una storia vera.

  • Non posso leggere senza un lumino

  • anche se fosse proprio piccino.

E Nisse ricominciò a narrare la fiaba...

  • C’era una volta un cero di cera

  • purtroppo s’è consumata

  • un’altra volta la candela.


Ogni volta ricominciava la solita tiritera per distrarre Gunnar, fino a quando sbirciando fuori dalla finestra, vide che la Regina delle Nevi aveva finito il suo lavoro. Allora lo gnomo disse al bambino di guardare fuori dai vetri, che la notte era quasi terminata e domani sarà già Natale.


Si può solo immaginare la gioia di Gunnar, quando vide appese all’abete delle magnifiche stelle fatte di ghiaccio cristallizzato e di ogni forma che, al chiaro di luna, brillavano come lucenti fiammelle.

  • Buon Natale piccino, io devo andare.

  • Di già? Non puoi restare?

  • No, non posso, devo scappare

  • ma ci vedremo ancora il prossimo Natale.


Gunnar si stropicciiò gli occhi, si era addormentato sul tappeto accanto al fuoco del camino, che ancora scoppiettava allegro. Le prime luci del giorno accendevano le decorazioni di ghiaccio appese sull’abete, e il bimbo rimase a guardarle incantato. Davvero Nisse aveva fatto tutto questo, o se lo era solo sognato? Fosse anche così, era stato proprio un bellissimo sogno, certo però che le decorazioni di Snedronninga fossero più fantastiche di tutte quelle luminarie che illumano a giorno le vie delle città.




 
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