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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Metropolitana, di massimolegnani 21/12/2019
 
Metropolitana

di massimolegnani



Mi alzo per far sedere una signora che ha qualche anno più di me o forse ha la mia stessa età portata male. Sto in piedi dritto come un fuso, sono ancora sufficientemente agile per assorbire in scioltezza le accelerate e le frenate della metro. È una piccola soddisfazione mostrare agli altri viaggiatori che nonostante gli anni ho ancora un fisico che risponde bene alle sollecitazioni.

Ma ecco che un ragazzotto con le cuffie si rizza in piedi come folgorato sulla via di Damasco (ma siamo solo a Cordusio) e vuole cedermi il posto. Gli faccio segno che non è il caso ma lui insiste e quasi mi accompagna fino al sedile come fossi un paralitico.

Mi rassegno a star seduto ma scalpito in silenzio.

Per fortuna alla fermata successiva il giovane samaritano non richiesto scende e nello stesso tempo sale una signora che cammina con difficoltà aiutandosi con una stampella.

Un’occasione imperdibile.

Scatto come un granatiere del Presidente e la signora si accomoda al mio posto, riconoscente.

Ora posso di nuovo esibirmi nel mio numero preferito: mi piazzo al centro del vagone, lontano da ogni appiglio, e grazie alla prontezza dei riflessi e alla tonicità dei muscoli ammortizzo con facilità gli scossoni e le variazioni di velocità del mezzo.

Davanti a me sono seduti madre e figlio, faccio un sorriso come dicessi loro: visto come sono ancora in gamba? Proprio in quell’istante la madre rifila al figlio una gomitata nel costato. Un breve battibecco tra i due, quindi il ragazzo, una specie di armadio quattro stagioni ad ante spalancate, si alza sbuffando e con il mento incattivito mi fa un cenno di sedermi al suo posto. non oso contraddirlo e a malincuore prendo posto accanto alla signora. Mi sento come mi avessero appena bocciato a un esame anche se avevo studiato tanto.

Come non bastasse la donna si volta verso di me, scuote la testa e mi dice: non c’è più rispetto per gli anz…l’ultima parola le muore in bocca. Anzi è il mio sguardo di un odio sconfinato che gliela ricaccia in gola.

 
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