Il
bottone nero
di
Giovanna Giordani
C’era
una volta un bottone nero che capitò per caso in una scatola
di latta ripiena di una gran quantità di bottoni colorati che
si rimiravano l’un l’altro.
Al
bottone nero nessuno rivolgeva la parola ed egli un giorno radunò
tutto il suo coraggio e chiese ai suoi compagni: - che cosa vi ho
fatto di male per meritare questa vostra indifferenza? –
Quelli
si guardarono di sottecchi (veramente si dovrebbe dire da sotto i
buchetti che avevano in mezzo alle loro forme geometriche varie,
tonda, quadrata, romboidale ecc.) finché uno, un po’ più
grosso degli altri e coperto di pietruzze luccicanti, rispose:
- Veramente
tu non ci hai fatto niente di male, ma sei così nero e
insignificante che non si capisce come mai ti abbiano messo in nostra
compagnia. Guarda, per esempio, quel bottone tutto dorato, com’è
solare, lui aspetta di essere esposto quanto prima in bella mostra su
di una importante giacca blu. –
Il
bottone nero girò gli occhietti verso il bottone dorato e
quasi rimase abbagliato dallo splendore che sprigionava e così
andò a rannicchiarsi mogio mogio in fondo
all’angolo della scatola senza più replicare.
Qualche
giorno dopo, mentre tutti i bottoni stavano facendo il sonnellino
pomeridiano, la scatola venne improvvisamente scoperchiata e una mano
femminile s’intrufolò con decisione fra i bottoni
estraendone a manciate e disponendoli su un tavolo ricoperto da un
drappo di stoffa bianca.
-
Questo no, questo neanche, questo è troppo grande, questo è
troppo piccolo, questo luccica troppo, questo è troppo
azzurro, questo è troppo rosso, questo è troppo giallo
– e così quella voce femminile mano a mano che scartava
i bottoni che non erano di suo gusto li faceva ricadere con un lieve
tonfo nella scatola dalla quale li aveva tolti.
Sembrava
proprio che quella persona non trovasse ciò che
desiderava.
Il
bottone nero stava rannicchiato nel suo angolino fermo fermo ed
osservava tutto questo trambusto con un po’ di timore.
Ad
un certo punto nell’aria risuonò un’esclamazione
di giubilo e in quel mentre il nostro bottone si sentì
sollevare repentinamente dal suo luogo appartato e venne
adagiato delicatamente su quella tela bianca dove i suoi
compagni erano stati esaminati.
-
Eccolo – disse la stessa voce di prima – è quello
che mi mancava, per fortuna l’ho ritrovato, ora il vestito
potrà essere finalmente confezionato come si deve -.
Il
bottone nero capì che non sarebbe più tornato assieme
agli altri compagni nella scatola e si guardò intorno. Oh,
meraviglia! Sul tavolo c’erano altri sette bottoni uguali a lui
che lo guardavano sorridenti.
-
Ma dove ti eri cacciato? – chiese uno dei sette.
-
Beh, non lo so, non ricordo niente, forse ero caduto e ho battuto la
testa e qualcuno mi ha visto e messo nella scatola assieme a tutti
quei fratelli colorati - .
-
Va bene, va bene - disse l’altro bottone – l’importante
è che ora Rosa ti abbia trovato perché credo stia
preparando qualcosa di speciale per noi.
Rosa,
come avrete sicuramente già capito, era quell’essere
umano che aveva scombussolato quella pacifica giornata all’interno
della scatola di latta.
Ora, però,
credo sia giunto il momento di dare un nome al nostro bottone nero e
così lo chiameremo Cico.
I
giorni passavano e Cico con i suoi sette compagni neri stavano sempre
assieme in una nuova scatolina di cartone molto più piccola
della scatola di latta.
Trascorrevano
il tempo a chiacchierare del più e del meno, raccontando
ognuno qualche passata avventura, più o meno divertente, e si
sentivano in sintonia.
Ogni
tanto la scatolina di cartone veniva spostata di qua o di là
provocando così il solletico ai bottoni neri con conseguenti
rumorose risate degli stessi.
Un
giorno capitò un fatto che era destinato a rimanere per sempre
nei ricordi dei bottoni colorati e di quelli neri.
Sentirono
all’esterno del loro involucro un tramestio che non prometteva
niente di buono. Ad un certo punto qualcuno prese la
scatolina di cartone e, tolto il coperchio, rovesciò
violentemente il contenuto sul tavolo.
-
Bottoni! – sghignazzò una voce con tono sprezzante
mentre con una manata li stava scaraventando a terra.
Stessa
sorte subirono anche i bottoni colorati della scatola di latta che,
involontariamente, si vennero a trovare a tu per tu con i bottoni
neri.
-
Che disastro, ma cosa sta succedendo? – si chiedevano tutti i
bottoni assai spaventati e tremanti, sparsi sul pavimento.
C’è
anche da dire che la stanza era tutta buia e quasi non si
distinguevano più i bottoni colorati da quelli neri. Tutti i
bottoni però si accorsero che fra di loro stava nascendo un
caldo sentimento di solidarietà ed amicizia che li univa in
quel momento di comune pericolo.
All’improvviso
si levò nell’aria un urlo acuto e altissimo mentre sulla
porta apparve una sagoma tutta bianca. I bottoni capirono subito che
si trattava di un fantasma e zittirono immediatamente.
Anche
quella voce iraconda ammutolì di paura e, dal rumore di passi
veloci, capirono che il suo proprietario se l’era data a gambe.
Con
la quiete ritrovata, tornò anche la luce e il fantasma non
fece altro che togliersi la sua veste bianca e posarla su una sedia.
Ma a quel punto la sorpresa dei bottoni fu grande: chi indossava la
veste da fantasma? Era proprio lei, Rosa, la coraggiosa, che era
riuscita a far scappare il ladro! Rosa raccolse subito i bottoni e li
rimise nelle loro rispettive scatoline facendo ben attenzione ad
assicurarsi che quelli neri ci fossero tutti.
E,
se voi aveste visto quella sfilata di carnevale, avreste potuto
sentire gli applausi e constatare l’orgoglio dei bottoni neri
mentre spiccavano sul bel vestito bianco di Pierrot che, finalmente,
Rosa era riuscita a confezionare.
E
il nostro Cico era proprio quello in alto, il primo, vicino al cuore.
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