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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il bottone nero, di Giovanna Giordani 22/02/2020
 
Il bottone nero

di Giovanna Giordani



C’era una volta un bottone nero che capitò per caso in una scatola di latta ripiena di una gran quantità di bottoni colorati che si rimiravano l’un l’altro.

Al bottone nero nessuno rivolgeva la parola ed egli un giorno radunò tutto il suo coraggio e chiese ai suoi compagni: - che cosa vi ho fatto di male per meritare questa vostra indifferenza? –

Quelli si guardarono di sottecchi (veramente si dovrebbe dire da sotto i buchetti che avevano in mezzo alle loro forme geometriche varie, tonda, quadrata, romboidale ecc.) finché uno, un po’ più grosso degli altri e coperto di pietruzze luccicanti, rispose:

-          Veramente tu non ci hai fatto niente di male, ma sei così nero e insignificante che non si capisce come mai ti abbiano messo in nostra compagnia. Guarda, per esempio, quel bottone tutto dorato, com’è solare, lui aspetta di essere esposto quanto prima in bella mostra su di una importante giacca blu. –

Il bottone nero girò gli occhietti verso il bottone dorato e quasi rimase abbagliato dallo splendore che sprigionava e così andò  a rannicchiarsi mogio mogio in fondo all’angolo della scatola senza più replicare.

Qualche giorno dopo, mentre tutti i bottoni stavano facendo il sonnellino pomeridiano, la scatola venne improvvisamente scoperchiata e una mano femminile s’intrufolò con decisione fra i bottoni estraendone a manciate e disponendoli su un tavolo ricoperto da un drappo di stoffa bianca.

- Questo no, questo neanche, questo è troppo grande, questo è troppo piccolo, questo luccica troppo, questo è troppo azzurro, questo è troppo rosso, questo è troppo giallo – e così quella voce femminile mano a mano che scartava i bottoni che non erano di suo gusto li faceva ricadere con un lieve tonfo nella scatola dalla quale li aveva tolti.

Sembrava proprio che quella persona  non trovasse ciò che desiderava.

Il bottone nero stava rannicchiato nel suo angolino fermo fermo ed osservava tutto questo trambusto con un po’ di timore.

Ad un certo punto nell’aria risuonò un’esclamazione di giubilo e in quel mentre il nostro bottone si sentì sollevare repentinamente dal suo luogo appartato e  venne adagiato delicatamente su quella tela bianca  dove i suoi compagni erano stati esaminati.

 - Eccolo – disse la stessa voce di prima – è quello che mi mancava, per fortuna l’ho ritrovato, ora il vestito potrà essere finalmente confezionato come si deve -.

Il bottone nero capì che non sarebbe più tornato assieme agli altri compagni nella scatola e si guardò intorno. Oh, meraviglia! Sul tavolo c’erano altri sette bottoni uguali a lui che lo guardavano sorridenti.

- Ma dove ti eri cacciato? – chiese uno dei sette.

- Beh, non lo so, non ricordo niente, forse ero caduto e ho battuto la testa e qualcuno mi ha visto e messo nella scatola assieme a tutti quei fratelli colorati - .

- Va bene, va bene - disse l’altro bottone – l’importante è che ora Rosa ti abbia trovato perché credo stia preparando qualcosa di speciale per noi.

Rosa, come avrete sicuramente già capito, era quell’essere umano che aveva scombussolato quella pacifica giornata all’interno della scatola di latta.

Ora,  però, credo sia giunto il momento di dare un nome al nostro bottone nero e così lo chiameremo Cico.

I giorni passavano e Cico con i suoi sette compagni neri stavano sempre assieme in una nuova scatolina di cartone molto più piccola della scatola di latta.

Trascorrevano il tempo a chiacchierare del più e del meno, raccontando ognuno qualche passata avventura, più o meno divertente, e si sentivano in sintonia.

Ogni tanto la scatolina di cartone veniva spostata di qua o di là provocando così il solletico ai bottoni neri con conseguenti rumorose risate degli stessi.

Un giorno capitò un fatto che era destinato a rimanere per sempre nei ricordi dei bottoni colorati e di quelli neri.

Sentirono all’esterno del loro involucro un tramestio che non prometteva niente di buono.  Ad un certo punto qualcuno prese la scatolina di cartone e, tolto il coperchio, rovesciò violentemente il contenuto sul tavolo.

- Bottoni! – sghignazzò una voce con tono sprezzante mentre con una manata li stava scaraventando a terra.

 Stessa sorte subirono anche i bottoni colorati della scatola di latta che, involontariamente, si vennero a trovare a tu per tu con i bottoni neri.

- Che disastro, ma cosa sta succedendo? – si chiedevano tutti i bottoni assai spaventati e tremanti, sparsi sul pavimento.

C’è anche da dire che la stanza era tutta buia e quasi non si distinguevano più i bottoni colorati da quelli neri. Tutti i bottoni però si accorsero che fra di loro stava nascendo un caldo sentimento di solidarietà ed amicizia che li univa in quel momento di comune pericolo.

All’improvviso si levò nell’aria un urlo acuto e altissimo mentre sulla porta apparve una sagoma tutta bianca. I bottoni capirono subito che si trattava di un fantasma e zittirono immediatamente.

Anche quella voce iraconda ammutolì di paura e, dal rumore di passi veloci, capirono che il suo proprietario se l’era data a gambe.

Con la quiete ritrovata, tornò anche la luce e il fantasma non fece altro che togliersi la sua veste bianca e posarla su una sedia. Ma a quel punto la sorpresa dei bottoni fu grande: chi indossava la veste da fantasma? Era proprio lei, Rosa, la coraggiosa, che era riuscita a far scappare il ladro! Rosa raccolse subito i bottoni e li rimise nelle loro rispettive scatoline facendo ben attenzione ad assicurarsi che quelli neri ci fossero tutti.

E, se voi aveste visto quella sfilata di carnevale, avreste potuto sentire gli applausi e constatare l’orgoglio dei bottoni neri mentre spiccavano sul bel vestito bianco di Pierrot che, finalmente, Rosa era riuscita a confezionare.

E il nostro Cico era proprio quello in alto, il primo, vicino al cuore.


 
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