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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Una sola notte, di Grazia Giordani 30/03/2020
 
Una sola notte

di Grazia Giordani





La vita di provincia per lei era stata sempre croce e delizia. Ne amava – odiandola - la ritualità. Negli anni giovanili era stata una cronista attenta, di quelle che non prendono “buchi” dalle testate concorrenti, di quelle che corrono sul fatto, prima ancora che sia accaduto. Più avanti nel tempo, aveva maturato il suo sogno di critica letteraria. Non le mancava nulla, tutto procedeva nel solito tran-tran, senza scossoni. Lavorava a tavolino, come si è soliti dire. Accudiva alla famiglia.
Inquadrato dal rettangolo della sua finestra, seguiva il mutamento delle stagioni, ritmato da rose in boccio, poi roride corolle, quindi petali sfatti, paragonandolo al film della sua vita da bocciolo a fiore pieno, addirittura un po’ fané, ormai, irrimediabilmente. Avete un bel dire che conta la classe, lo chic, la distinzione…ma non perdiamoci in inutili malinconie.
Appoggiata al davanzale della finestra, carezzata da un refolo fresco, come un guizzo gentile sulla pelle, quella notte ripensava a fatti avvenuti una decina o poco meno di anni prima. Era un episodio – quello – che ora le riappariva sfumato, quasi un fatto del dormiveglia, e ad essere sinceri, non sapeva più se l’avesse veramente vissuto o soltanto sognato. Chissà?!
Il profumo di quella stanza le era rimasto, nell’olfatto dell’immaginario, impresso come un timbro, un marchio misto di frutta fresca, apparecchiata sul piccolo terrazzo (tra cui prevaleva la nota forte del melone, mista a quella carnale della gardenia che biancheggiava nella fioriera) e di solari sulla mensola del bagno e del suo Mille di Patou, di cui si era generosamente aspersa, e – soprattutto – dell’odore dell’attesa.
Avete mai sentito il profumo di una donna che sta aspettando l’uomo del suo cuore? Qualcosa di animalesco, tenero e pieno nel contempo, si sprigiona da lei, una mistura di miele e pepe, inebriante come un liquore speziato forte, che illanguidisce i sensi, esaltandoli.
Proprio così.
«Sai di miele e pepe» - le aveva sussurrato lui all’orecchio, quando l’attesa aveva smesso di essere tale – aiutandola ad uscire dalla lunga gonna nera da cui spuntavano sotto le sue scarpette rosse dai tacchi dorati. Il resto se l’era tolto di dosso da sola, con gesto naturale, come se da tutta la vita avesse atteso quel momento.
«Sei piena di me» - le aveva detto in un soffio – prendendola.
Non aveva visto più nulla, cadendo in un’estasi ubriacante, assoluta, simile alla morte, più forte della vita.
Aveva ancora nelle narici il profumo della sua sigaretta fumata nel terrazzo, a notte fonda. Le ultime stelle trai pini. Un barlume di luna riflesso nei suoi capelli. Il lampo verde-bosco del suo sguardo intenerito di uomo asciutto, alieno da smancerie, eppure non privo di una sua irsuta poesia..
Una sola notte.
Che non avrebbe cancellata mai.
Ma l’aveva vissuta veramente in quella lontana estate al mare?
Chissà!?



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