Una
sola notte
di
Grazia Giordani
La
vita di provincia per lei era stata sempre croce e delizia. Ne amava
– odiandola - la ritualità. Negli anni giovanili era
stata una cronista attenta, di quelle che non prendono “buchi”
dalle testate concorrenti, di quelle che corrono sul fatto, prima
ancora che sia accaduto. Più avanti nel tempo, aveva maturato
il suo sogno di critica letteraria. Non le mancava nulla, tutto
procedeva nel solito tran-tran, senza scossoni. Lavorava a tavolino,
come si è soliti dire. Accudiva alla famiglia.
Inquadrato
dal rettangolo della sua finestra, seguiva il mutamento delle
stagioni, ritmato da rose in boccio, poi roride corolle, quindi
petali sfatti, paragonandolo al film della sua vita da bocciolo a
fiore pieno, addirittura un po’ fané, ormai,
irrimediabilmente. Avete un bel dire che conta la classe, lo chic, la
distinzione…ma non perdiamoci in inutili
malinconie.
Appoggiata al davanzale della finestra, carezzata da
un refolo fresco, come un guizzo gentile sulla pelle, quella notte
ripensava a fatti avvenuti una decina o poco meno di anni prima. Era
un episodio – quello – che ora le riappariva sfumato,
quasi un fatto del dormiveglia, e ad essere sinceri, non sapeva più
se l’avesse veramente vissuto o soltanto sognato. Chissà?!
Il
profumo di quella stanza le era rimasto, nell’olfatto
dell’immaginario, impresso come un timbro, un marchio misto di
frutta fresca, apparecchiata sul piccolo terrazzo (tra cui prevaleva
la nota forte del melone, mista a quella carnale della gardenia che
biancheggiava nella fioriera) e di solari sulla mensola del bagno e
del suo Mille di Patou, di cui si era generosamente aspersa, e –
soprattutto – dell’odore dell’attesa.
Avete
mai sentito il profumo di una donna che sta aspettando l’uomo
del suo cuore? Qualcosa di animalesco, tenero e pieno nel contempo,
si sprigiona da lei, una mistura di miele e pepe, inebriante come un
liquore speziato forte, che illanguidisce i sensi,
esaltandoli.
Proprio così.
«Sai di miele e
pepe» - le aveva sussurrato lui all’orecchio, quando
l’attesa aveva smesso di essere tale – aiutandola ad
uscire dalla lunga gonna nera da cui spuntavano sotto le sue
scarpette rosse dai tacchi dorati. Il resto se l’era tolto di
dosso da sola, con gesto naturale, come se da tutta la vita avesse
atteso quel momento.
«Sei piena di me» - le aveva
detto in un soffio – prendendola.
Non aveva visto più
nulla, cadendo in un’estasi ubriacante, assoluta, simile alla
morte, più forte della vita.
Aveva ancora nelle narici il
profumo della sua sigaretta fumata nel terrazzo, a notte fonda. Le
ultime stelle trai pini. Un barlume di luna riflesso nei suoi
capelli. Il lampo verde-bosco del suo sguardo intenerito di uomo
asciutto, alieno da smancerie, eppure non privo di una sua irsuta
poesia..
Una sola notte.
Che non avrebbe cancellata mai.
Ma
l’aveva vissuta veramente in quella lontana estate al
mare?
Chissà!?
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