Rosa
di
massimolegnani
Le
cuffiette nelle orecchie, un berretto di lana calcato in testa fino
alle sopracciglia, Rosa pedalava forsennatamente, come a voler volare
via da lì.
Per
non sentirsi criceto sulla ruota si concentrò sulla musica,
Bibier alternato a Bach, Freddy Mercury a Monteverdi, un’accozzaglia
di generi contrastanti, come un gelato di stracciatella e limone, che
però sembrava funzionare. La musica, oltre ad accompagnarla
piacevolmente, la strattonava da uno stile all’altro
impedendole di soffermarsi su un pensiero sdrucciolo o su un panorama
poco entusiasmante. Ma a un certo punto Rosa cedette di schianto alla
fatica, chinò la fronte sul manubrio e aprì gli occhi.
Sotto di sé vide il pavimento della sua camera. Per forza di
cose non si era potuta muovere da lì con la sua cyclette. E
allora sparì all’improvviso la magia dell’aria
sulla quarta corda, svanì l’atmosfera trascinante di
innuendo dei Queen.
Rosa
si tolse con rabbia gli auricolari e gettò via il berretto che
l’aveva fatta sudare. Il tentativo di astrarsi, grazie alla
musica, dal luogo statico e dal pensiero molesto di Giacomo era
fallito. Cambiò strategia: piena consapevolezza di quanto
stava facendo e se il ricordo del suo ex la ossessionava, va bene,
non si sarebbe più sottratta, ma avrebbe deciso lei come e
cosa riportare a galla. Scrollò i capelli, si mise una
salvietta di spugna attorno al collo e nel silenzio assoluto della
sua stanza riprese a pedalare, questa volta con lentezza, pilotando
bicicletta e memoria verso un piacevole approdo. In fondo con Giacomo
erano stati tanti i momenti felici, solo l’epilogo era stato
disastroso. Ma l’epilogo, quando ci si arriva, è di per
sé stesso disastroso, da qualunque dei due versanti lo si
viva. Così Rosa recuperò nella mente il Giacomo estroso
dei bei tempi e lo immaginò seduto sul letto a farle compagnia
mentre lei s’impegnava a fare il criceto. Conosceva bene le sue
parole ironiche prive di cattiveria e i suoi sguardi non sempre
ortodossi, a volte proprio malandrini. Sorrise Rosa e lanciò
uno sguardo al letto, inventando una schermaglia, tutta vissuta nella
sua testa:
mi
piace come scodinzoli quando ti alzi sui pedali
sempre
a guardarmi lì, tu
bè,
è un bel posto dove guardare
per
un inguaribile depravato come te, sì!
ma
dai, ammettilo che i miei occhi indisciplinati ti inorgoglioscono
ebbene
sì, in fondo pedalo per migliorare il panorama offerto al tuo
sguardo
è
già buono così, fidati. Ma tu continua a pedalare, che
mi piaci.
Rosa
proseguì nel suo allenamento in scioltezza fino al tempo
stabilito. Alla fine si sentiva affatticata e soddisfatta. Nel
frattempo aveva lasciato svanire senza rimpianti l’immagine di
Giacomo e la sua voce, come azzerare progressivamente il volume della
radio per dedicarsi ad altro. Però magari a sera l’avrebbe
cercato per confidargli quella fantasia, come una complicità
che resta, anche quando il tempo massimo è scaduto.
|