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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Passo a due, con intermezzi e tragico finale, di Annalisa Ferrari 01/06/2007
 

Passo a due, con intermezzi e tragico finale

 

Che sono una levatrice, si sa. Che sia una poco di buono, lo dicono. Per via che ho lasciato un marito a Crema, e che ora sto con Francesco.

Ma io giro le spalle e faccio finta di non sentire i bisbigli. Guardo dritto davanti e faccio finta di non vedere le labbra strette del prete, le mani davanti alla bocca delle vecchie al mercato, le occhiate di quelli che credono basti poco, con me.

Quando passo davanti alla chiesa grande, ed è ora della prima messa, è sulle scale, il parroco, che gira la testa di qua e di là, come se tutto quello intorno fosse suo. Ha mani intrecciate e braccia ben appoggiate alla pancia, ché a lui mica gli mancano pranzo e cena, e certi vinelli che so io. Si guarda intorno, e appena mi vede comincia a tirare le labbra, e gli occhi non gli si vedono più. Stringe stringe, come se volesse tenere dentro le parole; stringe stringe, come se volesse bucare la nebbia della piazza. Ma so ben io che parole vorrebbe dire, e vedo bene, io, che, di sotto le palpebre strizzate, mi segue fino a che giro giù, subito dietro la chiesa.

Se qualche volta vado al mercato, perché ora non ci vado più volentieri, se qualche volta ci vado, tiro dritto e compro veloce. Il verduriere vien da fuori, mica sa chi sono, ma se sapesse prenderebbe ugualmente i miei soldi, che son buoni quanto quelli di una marchesa. Le altre… le altre, appena si accorgono che arrivo, son lì a sernire le cornette e a tirar sul prezzo, e a strofinar tra le dita le pezze che nemmeno per il matrimonio le han scelte così bene. Pensano che non le veda, quando alzano la mano sinistra e copron la bocca, a vomitare in un'orecchia, pronta a destra, tutto quello che sanno. Che credono di sapere.

Preferisco gli uomini, allora, che son vigliacchi, e appena son sola allungano occhi e mani, alle volte. Ma almeno sanno quello che vogliono e lo dicono, se son sola:

Uhè, Isa, vieni qui, te che c'hai le manine d'oro, e io c'ho un doloretto proprio indove sai tu.”

“Te lo curo subito, - ho detto l'ultima volta, al bergamino del signor Piero, - con questo”, e ho tirato fuori una bella lama, lucida e forte, che ha brillato al sole come il bisturi del dottor Bellavia.

Sono stati zitti, e io sono tornata a casa tranquilla, almeno di fuori. Di dentro… di dentro è un'altra cosa, e c'è solo un rimedio, per me. L'unico che fa passare tutto.

 

Casalpusterlengo, 26 giugno 1843

Nell'Ufficio dell'I.R. Commissario Distrettuale, presentatosi Angelo Bianchi ha deposto quanto segue: … è però informato codest'Ufficio della scandalosa tresca di mio fratello con la levatrice di Borghetto

 

Che lei sia una poco di buono, lo dicono tutti. Ma io alzo le spalle e non ascolto le chiacchiere. A me mica mi importa. A me mi importa che sia bella, che sia esperta e che ci sia quando ne ho voglia. Poi, anche se gli altri parlano, e all'ostaria si danno di gomito, io lo so che sono tutte balle. Che lei la dà solo a me. Per il momento. E per adesso mi basta. Il dopo non è roba che mi piace pensare. Vivo adesso, io, e adesso mi diverto, fin che si può.

Mi fa ridere Angelo, con tutti suoi stracci e i soldi che se potesse li pianterebbe anche quelli, a veder se crescono. Le toppe sul culo e la vita che lo strapazza, a lavorare in ostaria e in campagna che già ora sembra mio padre, o magari mio nonno.

A me, alzarmi col buio per ficcarmi nel prestino dell'altro fratello, e coprirmi di farina fin sopra i capelli, mi sembra già troppo. Ma l'odore del pane è buono, almeno, mica come quello della merda di vacca, e un po' di soldi entrano in tasca. Soldi veri, dico, non promesse e pagherò. Sono il padrone del mondo, io, quando esco e giro e metto le mani in tasca, una di qui e una di là, e faccio ballare quel po' di monete che mi trovo. Con quelle, puoi far tutto. Anche fartene dare uno di quello buono, rosso, forte, che al solo guardarlo ti taglia le gambe. Se lo bevi in compagnia, capisci come si sentono i re.

E se lo bevi con la compagnia che dico io, alta, forte, col vestito che le tira sul davanti e tutto quel ben di Dio che mi fa diventar matto, con quelle mani che sanno fare tutto quello che vuoi, allora anche tu sei un re.

Per questo li lascio parlare, tutti. Lei è mia.

Dove la trovo un'altra così?

 

… sino ad ora però il suddetto Francesco Bianchi non avrebbe offerti motivi di censura col di lui contegno: ad ogni modo gli venne diretta un'opportuna avvertenza…

 

A far uscire i bambini dalla pancia delle altre donne son diventata brava. E anche dopo tutte le chiacchiere, alla fine è me che vengono a chiamare, se vogliono andare sul sicuro.

È solo che qualche volta mi viene la nostalgia, e penso come sarebbe a esserci io, a culo all'aria, a mordere lo straccio e a gridare e a raccomandarmi al Signore perché mi sgravi in fretta.

Allora, per mandare via quella nostalgia lì, penso sempre alla Luisona. Ero giovane, allora, ma già pratica, eccome. Ne avevo già levati un bel po', tra le gambe di belle e di brutte, di sposate e di puttane, e una volta, persino, ne avevo cavato uno da una monaca, e mi han dato tre soldi per starmene zitta.

Mandati al creatore ancora nessuno.

La Luisona la conoscevano bene, lì a Crema, dove io stavo prima, col marito.

La Luisona faceva sempre gridi. Le galline scappavano? Gridava. Il marito tornava ciucco perso? Lei strillava come un maiale. Ma il più di tutto era che gridava ai temporali.

Sumelga!” cominciava a dire, e a correre in casa, a serrare porte e finestre, e a mettersi lo scialle in testa e le mani sulle orecchie. Si credeva di non sentire le tronate, ma le sentiva lo stesso, e noi sentivamo lei. Gridava.

Così, quando ha gridato sul serio, nessuno ha dato ascolto, all'inizio. Poi, quando ha cominciato a dire: “Muoio, muoio”, mi han chiamato, ma era tardi. Ero pratica, e il bambino gliel'ho tirato fuori lo stesso, ma a far risorgere dai morti, ecco, quello è buono soltanto nostro Signore. Così il bambino l'han messo dentro sei assi corte, e la Luisona ci ha messo sei mesi a tirarsi un po' su. Però non gridava più. Nemmeno parlava più, e neanche mangiava. Quando son venuta via, la chiamavano ancora la Luisona, ma così, per abitudine.

Io invece l'abitudine l'ho fatta alle casse piccole, ormai.

Ma ancora, quando mi viene la nostalgia di un figlio della mia carne, penso subito al primo che ho messo sottoterra. Penso alla Luisona, e mi passa subito, la nostalgia.

E se non passa, so io come farla passare, da sola o con il mio Francesco.

 

Borghetto, 28 luglio 1843

Nell'Ufficio del I.R. Commissario Distrettuale

…così venne seriamente redarguita la stessa Levatrice e diffidata a troncare assolutamente ogni relazione col sunnominato Bianchi…

 

“T'ha lasciato lì come quelli della Mascherpa, eh?”

Così m'ha detto quel ruffiano del Pierino, che gli è sempre bruciato di non poterla avere lui, l'Isa. Ma io non ci ho dato soddisfazione. Neanche un po'. M'ha piantato? Bene, ci ho detto. Ne posso avere mille come lei.

E questo non lo dico mica tanto per dire. È sicuro. Basta solo aver due soldi in tasca. Quelli, so come spenderli. Un po' per me, un po' per qualcuna che mi tenga la mano, alla sera.

Che se la Isa, di botto, vuol essere santificata, amen. Me, mi faranno santo dopo. Adesso, qui e ora, me la voglio godere.

Tanto lo so che non dura. Lo so che mi viene a ripigliare. Lo ha già fatto,st'estate, e poi è tornata. Adesso, però, sembra decisa a fare la brava. Si vede che d'estate si scalda, e d'autunno si raffredda. Peccato, però, proprio adesso che cominciano i nebbioni, una come la Isa mi faceva comodo, a scaldarmi il letto.

 

All'I.R. Delegazione Provinciale

Lodi

… ma dalle praticate investigazioni, ed anche dalle interrogazioni fatte alla stessa [persona confidente di quel paese], comparsa all'uopo in quest'ufficio, non risulterebbe che la medesima continui nell'amorosa corrispondenza col Bianchi

 

Non pensavo fosse così difficile, andare avanti da sola. Son dieci mesi ormai che quasi non lo vedo. Quasi.

Ma ho promesso, ho promesso.

Mica posso tirarmi indietro, e lo so per certo: il parroco mi tiene d'occhio, e qualche beghina c'è sempre, che gli va a riferire cosa faccio. Da sola, però, è dura come il ferro, e adesso è arrivato l'autunno, e quando torno a casa con questa nebbia bagnata, mi piacerebbe che ad aspettarmi ci fosse ancora Francesco.

E invece… solo un bicchiere di vino devo farmi bastare.

 

… È informato codesto ufficio, per antecedenti reclami, che mio fratello Francesco molestava la famiglia in modo che venne allontanato da casa e gli si diedero lire 3000 in conto della parte che gli può competere morendo il padre…

 

Lo sapevo che se insistevo ci potevo tornare. Che la Isa me la dava ancora, quando volevo. Anche lei, mica può affogare ogni cosa nel solito rosso, che piace tanto a tutte e due. Son tornato a Borghetto, ieri sera, e in ostaria ci ho fatto segno, come si era abituati noi due, e lei stavolta non ha mica fatto segno di no. Così ho capito che ci stava ancora. Ci sono andato, e un bicchiere di quello buono ce lo aveva anche per me. Abbiamo brindato al commissario, e anche al parroco, per non fare intorti. E poi… Poi si sa. Con me, ha smesso di lamentarsi. Basta piagnucolare, le ho detto, vien qui che ti passa tutto. E lei ha cavato la gonna e la sottogonna, e tutto il resto di sotto, sì ben che faceva un freddo della madonna, e tra una roba e l'altra, certo che le è passato tutto. Finiscila, le ho detto ancora, dopo. Tanto c'è solo lei, qui, che leva i bambini dalle pance, vuoi mica che ne mandino a chiamare una forestiera? Fanno in tempo a crepare, madre e figlio, se chiamano una, foresta, all'ultimo momento. Che cosa dovrei dire io, allora, che ormai mi son quasi mangiato le tremila lire dell'eredità? E che se mio fratello Natale lo sa, mi butta fuori anche lui, e addio al lavoro?

La Isa, invece, il suo di lavoro se lo può tenere stretto, se sta attenta e non alza troppo  il gomito.

 

… Ma riguardo poi alla tendenza della stessa Ambrosi all'eccedere nel bere, pur troppo lo scrivente deve affermare… che essa è veramente abituata in tale vizio, per cui non mancò lo scrivente di seriamente ammonirla … che in caso di persistenza in tale immorale sua condotta verrà senz'altro sospesa dall'esercizio della sua professione…

 

Alla fine, forse, può anche capitare che abbia ragione Francesco. Se ci sto più attenta, col vino, e smetto di passare dall'osteria, capace che mi lasciano in pace e non si accorgono che lui mi gira ancora intorno. Ma certe volte mi vien da piangere, se non passo di là, solo per un bicchiere, solo per uno. Per farmi passare la faccia del figliolino della Marietta, e la nostalgia che mi è venuta addosso ancora. Anche a pensare alla Luisona, mi viene, mi viene, mi viene lo stesso la voglia di uno mio. Se bevo, passa. Poi vado, e se mi chiamano, io ci sono sempre.

 

… il suo contratto porta la data del 1° gennaio 1844 stipulatosi in seguito all'approvazione contenuta nella rispettata Ordinanza… per cui la sua scadenza si verificherebbe col 31 dicembre 1846.

 

Però sono giovane, io, e mi va di divertirmi. Mica posso perdermi la vita per la Isa. Bella donna, e mi è piaciuta, ma adesso con tutte quelle storie lì comincio a stufarmi. E parlare di morti, e di miserie, chi ne ha voglia? L'altro giorno mi ha tirato a co', col bambino della Marietta, che non ce l'ha fatta. Morto un papa se ne fa un altro, ci ho detto io. Magari lo fai tu, ci ho detto. E poi sono andato, ché tanto lei la compagnia di un bel mezzo litro ce l'aveva, e poteva consolarsi con quello. E io, beh, diciamola tutta, a Lodi c'avevo la compagnia di un'altra che mi aspettava. Perché, con tutto quel ben di Dio che si tiene stretto, l'Ottavia mi fa diventare matto, così ci sono corso subito, e col cavallo dell'Angelo ho fatto in un amen. E quando lo sa Angelo ci prende un colpo.

 

…l'altro giorno poi… ho deposto il bagaro col cavallo nel solito stallazzo… Mio fratello [Francesco] che sapeva ciò, si è portato allo stallazzo, si fece dare il bagaro e il cavallo col pretesto che ero stato io ad incaricarlo di andare a levarlo…

 

Non sono stupida, e che quel bel mecco del Francesco si sta stufando l'ho capito. Ma se adesso io racconto che cosa sta succedendo, certo che deve tornare qui. Per vedere che la mia nostalgia non c'è più, ma in cambio mi cresce la pancia. Perché alla fine ha avuto ragione. Un bambino, adesso, lo faccio io.

 

Quel Francesco Bianchi… trovasi infatti in questa città e si occupa nella qualità di fornaio presso un di lui fratello per nome Natale sotto i portici di Piazza Maggiore dal quale gli viene somministrato quanto gli occorre al proprio sostentamento…

 

Adesso devo solo convincere Natale. È mio fratello. Deve darmi una mano. Può mica fare come Angelo, che mi ha sbattuto fuori. Ce lo devo dire, che la Ottavia mi fa gli occhi dolci, e che è un buon partito. Io mi metto a posto. I soldi li porta lei, che suo padre è fittabile e fa quello che lei vuole. E io, giuro, faccio il fornaio, che per quello sono nato, no?

Alla Isa ce lo racconto stasera, che lei capisce. È una brava donna. Ci torno là, ci porto un vinello che dico io e la saluto. E magari me la dà, per l'ultima volta. Per saluto, no?

 

…e così venne redarguita la stessa levatrice, e diffidata a troncare assolutamente ogni relazione col sunnominato Bianchi, sotto comminatoria delle più severe misure di polizia, ed anche proporre la di lei sospensione dalla professione, dovendo una pubblica levatrice spiegare una condotta onesta, savia e cristiana…

 

Allora è qui. È tornato, e io non credevo davvero di vederlo ancora a casa mia. Me lo hanno detto, che c'ha un'altra, e io ci ho creduto. Ma adesso è qui e se va avanti a russare così forte, la vicina si accorge che è venuto, e subito fa la spia al parroco. E non è il momento. E non è così che doveva andare. Perché adesso che la pancia cresce, lui doveva fare quel che doveva fare, no? Invece mi ha portato il vino, se lo è bevuto tutto lui, e poi mi ha presa, come se niente fosse. E io ero pure contenta, devo dire, che mi sentivo in paradiso, con un figlio che arriva e un uomo al fianco, e tutto che si sarebbe messo a posto.

Un uomo, un figlio, un lavoro.

Ma il mio uomo dice che se ne va da un'altra, e mi lascia qui, e questo, si capisce, non può succedere.

 

Borghetto, 29 ottobre 1844

Nell'Ufficio dell'Imperial Regio Commissario Distrettuale

 

Presentatosi Natale Bianchi, prestinaio sotto i portici della Piazza Maggiore di Lodi, ha deposto quanto segue:

di riconoscere il fratello Francesco Bianchi, occupato presso di lui in qualità di fornaio, nel corpo rinvenuto presso l'abitazione di Ambrosi Isabella, levatrice in quel di Borghetto. Il corpo, senza braghe, mostrava le vergogne sue e ferite sanguinate a gola e petto e sangue in dappertutto luogo.

Ugualmente il sovra scritto Natale Bianchi indicava nel corpo della donna distesa morta  in terra, di fianco al letto, con ferite ai polsi, e tra le gambe, sanguinate, la sovra scritta Ambrosi Isabella Levatrice, e dava in smanie appellando la suddetta in maniera assai poco cristiana, ancorché esatta.

 

 

 

 

 

 

 

 
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