Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Du’ cervi, di massimolegnani 14/01/2022
 
Du’ cervi

di massimolegnani



Camillo era il prototipo dell’homo photograficus e lo era ben da prima che esplodesse la mania degli scatti compulsivi.

Due macchine a tracolla, il cavalletto in spalla, in una sacca alcuni obbiettivi, rullini, filtri, aggeggi vari, lui andava per valli e borghi, sempre sul chi vive, pronto a sparare fotogrammi prima di essere sorpreso dal soggetto che gli si parava all’improvviso di fronte, come avrebbe dovuto fare Piero in guerra, prima che fosse il nemico a sparare a lui. Ma per Camillo non era questione di nemici, in effetti non ne aveva, era questione di istanti da congelare e conservare in aiuto alla sua memoria sempre più labile. Era convinto che le fotografie fossero utili per ricostruire viaggi e vicende del passato ma a volte gli capitava di fissare stupefatto l’immagine di un luogo o di un volto come non li avesse mai visti.

Ora Camillo sta scorrendo le foto scattate al Circeo non tanto tempo fa. La lunga duna, le bici dei turisti a ridosso della spiaggia, i laghi salmastri, i boschi, i bufali, i resti romani, il promontorio, i fenicotteri, aveva documentato ogni cosa con un puntiglio da ragioniere, eppure adesso gli sembra che ogni fotografia sia la dimostrazione di qualche sua smemoratezza. Guarda un’immagine e confonde Nettuno con Terracina, non ricorda il nome del lago, non sa più dire se la villa fosse di Tiberio, insomma le istantanee sono la conferma di un piccolo marasma. Ma la cosa più sconvolgente è un’altra. Tra tante foto l’unico ricordo che non si sia sbiadito riguarda la sola immagine che non ha scattato.

Con la guida di una guardia forestale si era inoltrato per chilometri nel folto del bosco, fotografando ogni albero come un disperato. A un certo punto aveva sentito un rumore di rami spezzati o di foglie secche calpestate. La guardia lo aveva trattenuto per un braccio e gli aveva indicato un punto poco distante, so’ du’ cervi, gli aveva bisbigliato all’orecchio. In effetti dopo pochi istanti erano comparsi due magnifici esemplari dalle corna imponenti e dal passo maestoso. Camillo avrebbe avuto tutto il tempo di imbracciare la macchina e scattare foto a mitraglia, ma era troppo impegnato a guardare e a meravigliarsi per pensare di fare altro. Le bestie, dopo essere passate a pochi metri da lui, si erano fermate a brucare tranquille in una radura assolata poco distante. La guardia lo aveva sollecitato a scattare, ma Camillo aveva scosso la testa e senza togliere lo sguardo dai cervi aveva mormorato: non ce n’è bisogno, questi li ricorderò finchè campo.

 
©2006 ArteInsieme, « 014031845 »