Il
parto della scrofa
di
Sergio Menghi
Ho
incominciato a pascolare i maiali quando avevo più o meno
quattro anni. I miei familiari mi raccontavano che ero molto bravo,
riuscivo a tenerli nelle poste che mi venivano assegnate, tra quattro
alberi di viti associate con l'acero campestre.
Man
mano che sono cresciuto, invece, si é sempre andata riducendo
la mia bravura. Per rimanere al pascolo dei maiali, quando avevo sei
o sette anni mi capitava che venivo assorto dai giochi o da altre
scoperte, che via via venivo facendo, lasciando che anche i maiali
potessero godersi un po della loro legittima libertà. Questo,
ovviamente, non andava bene alla famiglia perché i maiali
usavano la libertà da me concessagli per mangiare i prodotti
riservati al consumo domestico, oppure invadevano campi di altri
proprietari o, semplicemente andavano a farsi un bagno nel torrente
palente dimenticandosi di fare ritorno a casa.
Ovviamente
venivo sgridato severamente e, se le mancanze si ripetevano, venivo
anche punito senza mezzi termini. Potrei ora dire, con un po di
ironia, che la conquista della libertà è sempre costata
molto.
Io
non avevo più quella forza naturale dei primi anni e
cominciavo a ricavarmi quegli spazi che mi permettevano di adattarmi
ad una vita collettiva, ció aveva ripercussioni anche sul mio
fisico che iniziava ad indebolirsi. Ricordo che una volta le mie
gambe non riuscivano a superare le dure salite per ritornare a casa,
allora pensai di salire in groppa alla scrofa che, tenendo nella
pancia dai dodici ai sedici porcellini, procedeva molto lentamente e
non poteva scacciarmi come avrebbero fatto i magroni, cioè i
giovani maschi, prima di essere posti ad ingrassare.
La
mia gioia durò poco perchè appena arrivato a casa mio
nonno vide la scena e soprattutto la scrofa, a bocca aperta, che
quasi non riusciva più a respirare. Mi disse, in tono molto
burbero ed accigliato: 'non sai che la scrofa sta per dare alla luce
molti porcellini e con lo sforzo che gli hai procurato potresti aver
causato la morte di alcuni di essi?'
Mio
nonno mi voleva molto bene e quindi capii che il rimprovero aveva una
funzione educativa. Da allora fino alla data del parto continuai a
seguire l'animale con il massimo delle mie attenzioni e quando,
insieme alla nonna, potei assistere al fatidico evento naturale, la
mia massima gioia fu quella di constatare che erano nati, sani e
vispi, ben sedici porcellini e porcelline tutti aggrappati ai seni
materni, ciascuno alla sua posizione. La scrofa giaceva adagiata da
un lato, con l'occhio visibilmente appagato e soddisfatto, e per un
attimo ho pensato che si potesse ricordare anche di me.
Quell'evento
credo abbia giovato a ridarmi quella forza che mi mancava ed in
seguito, più per gioco che per necessità, provai a
salire in groppa ai magroni i quali, in poco tempo, riuscivano a
disarcionarmi facendomi fare vistosi ruzzoloni per terra come fossero
dei cavalli selvatici.
Pian
piano, però, mi accorsi che non erano come gli animali
selvatici, i quali avrebbero potuto, se in condizioni ad essi
avverse, aggredirmi e procurarmi ferite gravi con i loro denti
affilati nelle possenti mascelle.
Era
come se anche ad essi piacesse giocare; una specie di allenamento
alla forza fisica che, alla fine, giovava pure a me. Siccome
possedevano una energia inesauribile finirono con l'accettarmi in
groppa quando, nelle giornate di caldo torrido estivo, diventava duro
per me affrontare le ripide salite.
Da
Aricordete
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