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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  In una mattina d’inverno e In un pomeriggio d’inverno, di massimolegnani 23/02/2022
 
In una mattina d’inverno

di massimolegnani


Il vantaggio dell’inverno è che non devi fare levatacce per vedere l’alba. Cammino verso la Dora nella campagna addormentata mentre alla mia sinistra il sole si affaccia timido tra le colline.

L’aria è pungente, parecchi gradi sotto lo zero, ma non mi disturba, secca e frizzante mette quasi allegria. Ad ogni passo il mio respiro evapora vistosamente come stessi fumando. Raggiungo un’ansa dove l’acqua rallenta la sua corsa e crea una piccola magia: il fiume letteralmente fuma e forma una nuvoletta densa di vapore che resta sospesa lì a pochi metri da terra, come il respiro spolmonato di una vecchia locomotiva del FarWest.

Gli alberi spogli e i cespugli delle rive vengono avvolti dal vapore che subito ghiaccia sui loro rami. Quando una folata di vento disperde la nuvola nell’aria quello che resta è lo spettacolo, tanto suggestivo quanto effimero, della galaverna: un ricamo bianco di fragili trine ricopre ogni cosa, le stoppie, gli arbusti, i cespugli, e sale su fino alla cima degli alberi.

Poi il sole scalda la brina di quel poco che basta a sciogliere l’incanto.

Gocciolano i rami a restituire acqua all’acqua del fiume.




In un pomeriggio d’inverno

di massimolegnani


Le pietre di un muretto a secco scaldate dal sole e riparate dal vento contro cui appoggiarsi mangiando un panino al prosciutto, le strade minori prive di auto per percorrere tratti di via francigena e scoprire piccoli borghi nascosti a un passo da casa, due bici assistite a rendere morbido lo sforzo sui pedali e liberare gli occhi dalla fatica, un cielo terso così raro e invernale da far invidia al Manzoni, anche se non siamo in Lombardia, un baruccio fuori mano che rivela in cantina tesori di tome, bottiglie, salumi, da farne razzia, le brevi pareti di roccia che scure si stagliano sul verde dei prati a far da palestra a tanti appassionati, una poiana che volteggia in alto col suo lamento di fame, un albero nudo, solitario, in mezzo alla terra appena solcata, immortalato dall’ultimo sole.

È fatta davvero di poco la gita invernale, ma, se sai apprezzare le minime cose, il panino diventa un pasto sopraffino che nemmeno a capodanno, la poiana un’aquila reale che sontuosa ci segue, il caffè un ristoro per l’anima e l’albero spoglio vale un’intera foresta amazzonica.

E il cuore torna a casa più caldo.

 
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