Io
“Te se' ‘na
stèla” lo ha sempre detto la nonna Maria perché ero
la nipotina preferita.
“Un angiul del paradis” lo diceva la
nonna Piera, che ha i baffetti e quando mi
sbaciucchia punge, ma insomma, è la mia nonna anche
lei.
Beh, quando
ti ripetono che sei una stella o un angelo del paradiso, e nessuno, ma proprio
nessuno, si sogna mai di dirti che sono tutte storie, ecco, alla fine ci credi.
Io, giustappunto, ci credevo. Così tanto che non ho mai avuto dubbi su che cosa
ero: una persona mooolto speciale.
Poi,
naturalmente, sono andata all'asilo. Avevo tre anni (appena compiuti), e un
grembiulino rosa con il fiocco, e il cestino di Winnie
Pooh. La mamma odia Pooh,
da tanto è stupido, e anche a me, ora che vado alle elementari, non piace più molto,
ma allora sì. Arrivo lì e arriva suor Luigina. La mamma se ne va e la suora
dice di mettersi in fila.
Ma io ero
un angelo, e certo un angelo non si fa comandare così. Io sono rimasta ferma.
Così è successo che Suor Luigina mi ha preso per un braccio e mi ha messo in
fila lei, e io non le ho detto niente ma ho pensato
che le suore non dovrebbero trattare così gli angeli. E poi, quando abbiamo
lavorato con i colori a dita, Alex, che per fortuna
ora non è più in classe con me, mi ha dato uno spintone e mi ha rubato
l'azzurro, che appunto è il colore degli angeli, e il giallo, che è il colore
delle stelle, e mi ha anche buttato in terra. Allora sono andata subito a dirlo
alla suora, ma non ho pianto, perché un angelo non piange mica così per niente,
e le ho detto di mandare subito all'inferno Alex, che
aveva picchiato un angelo, ma lei mi ha risposto di non fare la stupidina e di andare a dipingere con il rosso, che
giustappunto era il colore del diavolo. L'ho detto alla mamma, che io in quell'asilo non ci potevo più andare, ma lei si è messa a
ridere e mi ci ha mandato ancora.
Così ho
imparato che anche gli angeli prendono i pugni e nessuno li ascolta.
E poi
sono andata alla scuola elementare, e adesso che faccio la terza, la nonna
Piera non mi chiama più angelo perché dice che sono grande, e la nonna Maria
non mi chiama più stella perché glielo dice alla Bianca che è piccola e non
cammina ancora. Adesso che ho otto anni (e sette mesi), ho imparato tante cose:
a scrivere “giustappunto”, che è una parola fantastica; a recitare le tabelline e anche che cosa dice la pioggerellina di marzo
che picchia argentina. Ma soprattutto, credo di aver imparato chi sono io.
All'inizio
è stato un po' difficile, e mi sono arrabbiata con le nonne che mi hanno raccontato
per così tanto tempo le bugie, ma poi mi è passata. E adesso io lo so chi sono
io: sono solo una bambina, che si chiama Angela ma non
è un angelo ma non fa niente lo stesso. Anche essere una bambina con due nonne,
e la mamma e il papà, e una sorella grande che non vuole che le tocchi i
trucchi e una cugina piccola che adesso dicono “stella” solo a lei, che
poverina non sa che non è vero, anche così non sto mica male.
Giustappunto.