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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Farang, di Cesarina Bo 21/06/2007
 

Farang

 

 

Darinee sorride con i suoi denti candidi, i capelli neri lisci, gli occhi dolcissimi. Per tutti è Pu che in thai significa granchio: soprannome che le è stato dato da bambina quando, di fronte a sconosciuti, arretrava fino a nascondersi dietro alle sottane di sua madre.

Ora, però, non indietreggia più. Ha dodici anni e da pochi mesi fa la cameriera in un ristorante a Pat-Pong. Si sente grande ed è felice. Guadagna quasi cinquemila bath al mese e riesce a mandarne più della metà alla famiglia, dopo aver pagato la sua parte d'affitto per una stanza in una vecchia casa di periferia e la sua quota per le spese comuni.

Le piace immaginare sua madre mentre apre la busta: il sorriso che le appare sul volto segnato dalla fatica, la trasforma per incanto facendola tornare bella come quando era giovane; tra le lacrime benedice la figlia lontana, poi prende da sotto il letto la scatola in cui custodisce gelosamente i suoi poveri tesori e vi nasconde la busta, prima di tornare al lavoro nel campo di riso.

Le manca la famiglia, però sa d'essere fortunata rispetto alle sue amiche rimaste al villaggio. Quando é partita le avevano fatto una bella festa e non le avevano nascosto l'invidia per quel suo inatteso successo.

 

Pu indossa la divisa di cameriera, si guarda allo specchio e si ammira. In quel momento entra una delle ragazze che divide con lei la stanza e l'avverte che, di sotto, c'è suo cugino che la sta cercando. Corre per le scale strette, con il cuore in gola, mentre si chiede che cosa possa mai volere: forse è successo qualcosa a sua madre o a uno dei suoi fratellini? forse il proprietario del ristorante si è lamentato di lei?

Phom Yao è appoggiato ad un palo dall'altra parte della strada, con l'immancabile sigaretta accesa tra le labbra.  E' lungo e secco, esattamente come lo descrive il suo soprannome. Si guarda intorno con aria indolente e annoiata mentre aspetta che Pu gli si avvicini.

La ragazza lo saluta con piccolo inchino e rimane ferma con gli occhi bassi, in attesa. Non ha confidenza con quell'uomo conosciuto pochi mesi prima, quando, inaspettatamente, si era presentato in visita a casa sua: di ritorno da un viaggio, aveva colto l'occasione per salutare quei lontani parenti che non vedeva da anni. Sua madre lo aveva ricevuto con tutti gli onori come il più importante tra gli ospiti. Pu era rimasta in disparte, intimorita dalla presenza di quell'estraneo: non era abituata a vedere gente sconosciuta. Phom Yao l'aveva invitata a farsi avanti e a mostrarsi: rivolgendosi alla madre si era complimentato per la bellezza di Darinee. Prima di andarsene, poi, aveva accennato alla possibilità di farle ottenere un posto da cameriera in città. A quel punto sua madre aveva iniziato, in una litania senza fine, a ringraziarlo e a benedirlo.

 

Il cugino le chiede se si trova bene al ristorante. Pu annuisce e sorride. Phom Yao si accende un'altra sigaretta e dice:

Pu, c'è un mio amico, un farang. E' un francese, simpatico e gentile. Vuole passare qualche ora con te: ti ha notato al ristorante e gli sei piaciuta.

Darinee non risponde.

“Ti dà mille bath e, in cambio, dovrai essere solo un po' carina. Non sei più una bambina e, nel caso te ne fossi dimenticata, mi devi un favore. Poi, se il proprietario venisse a sapere che hai rifiutato un piacere ad un suo cliente non ci penserebbe due volte a licenziarti…”

Sa che per le sue nuove amiche è consuetudine andare con i farang tanto che la deridono per la sua riservatezza e le dicono che è una stupida.

Sa che mille bath sono tantissimi. Potrebbe finalmente comprarsi quelle calze di nylon, quelle così leggere da sembrare di seta.

Sa che è in debito con suo cugino: a lui deve il posto da cameriera.

Sa che non può perdere il posto di lavoro.

Phom Yao si allontana soddisfatto: è stato un compito facile, il suo. Ora può dire al farang che non ci sono problemi di sorta ed intascare la somma di denaro pattuita per il lavoro. Fischietta, mentre cammina lungo il marciapiede e si congratula con se stesso per il proprio intuito: non appena aveva visto la cugina, giù al villaggio, aveva capito che sarebbe stato un ottimo affare. Al giorno d'oggi accontentare i farang sta diventando sempre più difficile, riflette: vogliono merce nuova e sempre più giovane. Come fosse cosa facile!

 

Nella penombra della camera Pu è legata al letto. Sa che è inutile urlare: in quel luogo nessuno oserebbe disturbare un farang e nessuno ci farebbe caso. L'uomo l'ha posseduta violandola in ogni modo. Adesso alterna sulla sua pelle il freddo della lama di un coltello con la carezza lieve di una calza di nylon fatta scivolare sul viso, sui seni, in mezzo alle gambe tenute divaricate. Si diverte a vedere il dolore e il sollievo, in successione casuale, negli occhi di Pu.

Al farang, ora, il gioco è venuto a noia. Vuole provare qualcosa di più, vuole vedere negli occhi della bambina il terrore, vuole toglierle quel sorriso dal volto che non sopporta.

 

Darinee sorride con i suoi denti candidi quando l'uomo le avvolge la calza di nylon attorno al collo, drappeggiandola come fosse una sciarpa.

La calza, stretta in modo repentino, fissa come in una foto quel sorriso e negli occhi spalancati solo un'ombra di stupore.

 

 

 

 
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