Giovannone
di Remo Bassini
Era un solitario diverso. Sorrideva sempre. Ma
metteva anche paura.
Due metri d'uomo, e di muscoli.
Più che sorridere dispensava ghigni benefici, da bestione qual era, annuendo. E
tutti gli rispondevano allo stesso modo, annuendo.
Perché in fabbrica qualcuno aveva detto - e quel qualcuno era stato preso sul
serio - che Giovannone
bisognava lasciarlo in pace.
Se invece non lo si lascia in pace - aveva poi
specificato quel qualcuno - Giovannone spacca tutto.
E' un diavolo.
Anche il suo caporeparto non gli diceva mai niente: del resto Giovannone
lavorava come un mulo, arrivava mezz'ora
in anticipo, e non si perdeva mai in chiacchiere
di juventus
e fighevarie.
Viveva in un piccolo paese e quelli del suo paese, in fabbrica, dicevano niente
di lui.
Era il Giovannone
e basta.
Senza moglie e figli. Senza vizi. Non fumava, non andava al bar, niente. Se
andava a donne nessuno lo sapeva, se non gli funzionava era affar
suo, che gli piacessero i maschi era escluso. Non era
il tipo.
Guidava una vecchia fiat 127, la guidava bene e la
teneva bene, sempre pulita. Al fiume però andava in bicicletta e, Giovannone,
al fiume ci andava spesso, perché una cosa, almeno quello, di lui si sapeva:
che gli piaceva pescare, pescava ogni domenica, pescava
quando poteva e quando pescava si vedeva, dicevano i suoi compaesani,
che si trasformava, ché
oltre al ghigno benevolo Giovannone salutava pure.
“Giorno”.
Qualcuno, pare, andò di proposito a veder dove pescava; avrebbe sentito la sua
voce, “giorno”, mai sentita, ché
quando andava dal panettiere, per esempio, indicava il pane con testa. Senza
dire. Ma salutando poi, all'uscita: con l'immancabile, rassicurante ghigno
benefico.
Ma non gli si doveva rompere i cosiddetti.
Che poteva saperne di questa regola il nuovo guardiapesca, che veniva dalla città?
Al terzo quarto giorno di servizio si era imbattuto in Giovannone, che
pescava, tranquillo. Il giovane guardapesca gli si avvicinò, domandogli di esibire la licenza.
Giovannone
non l'aveva, non l'aveva mai avuta e non aveva intenzione di interessarsi per
averne una. Non c'erano testimoni ma, sembra, che, non
si sa come, fece di tutto per fare capire al giovane guardiapesca che era
meglio che andasse da un'altra parte a scassare i marroni.
Non ci fu verso. Il giovane guardiapesca gli disse che avrebbe
avuto guai, e che doveva multarlo.
Giovannone,
tranquillo come sempre, del resto era tranquillo lui, fu avvistato verso l'ora
di cena in paese. Tornava in bicicletta, fischiettando. Andò a casa, si preparò
da mangiare, andò a dormire presto, perché avrebbe dovuto svegliasi alle 5 per
il turno 6-14 in
fabbrica.
Prima di andare in fabbrica, ma dopo aver bevuto il suo tazzone di latte e
dato da mangiare al gatto, Giovannone, chissà in che modo, a
qualcuno lo disse.
Era estate, quindi non furono riscontrati danni evidenti: ma il guardiapesca
fu trovato legato a un albero, vicino al fiume. Legato e imbavagliato, da un fazzoletto lercio
abbastanza.
Non aveva un graffio. S'era solo pisciato addosso, essendo sprovvisto di vescica
di scorta.
Dormiva, e si spaventò quando lo svegliarono e lo liberarono dai lacci e dal
bavaglio. In un primo momento vomitò spropositi e invocò vendette. Lo portarono
in municipio. Dove ci fu adunanza. Sindaco e maresciallo dei carabinieri
tentarono di rabbonirlo, ma invano.
Insisteva. Fu il vecchio prete a convincerlo. La prossima volta che ti lega
magari non avvisa, ne è scomparsa di gente così, stupidamente.