La
domanda, la risposta
di Leonardo
Colombi
“Allora?”
Un altro pugno, violento, all'addome.
Mi piego in avanti per il dolore: annaspo e non trovo respiro. Le mani
ancora saldamente legate dietro alla sedia su cui mi trovo ormai da più di
mezz'ora. I legacci quasi mi segano i polsi tanto sono stretti.
Una mano brutalmente mi afferra i capelli e mi raddrizza. La cortesia
non è di casa qui.
Il dolore è acuto per via dei tagli e delle piccole bruciature sul
petto, la smorfia sul mio volto lo rende ancor più evidente.
Quando li riapro, i suoi occhi assassini sono fissi nei miei.
“Ti decidi a parlare? Quanto vuoi farci aspettare ancora?”
Ho paura.
Tremo mentre le lacrime scivolano sulle mie guance.
Accanto a me - il corpo ancora scosso da tremiti - il cadavere di un
mio compagno. Si muove ancora di tanto in tanto, rapide convulsioni di un corpo
senza vita e sangue, sangue che sgorga dalla profonda ferita sul collo
colandogli addosso fino alla pozza di sangue che sta sul pavimento. Ha gli
occhi sbarrati ed il capo rivolto verso l'alto. Ancora stringe il bavaglio che
gli hanno messo in bocca prima di sgozzarlo: non ha potuto nemmeno urlare
mentre lo ammazzavano.
Lui non ha parlato.
Non conosceva la risposta.
La stessa, che ora pretendono da me.
Eravamo in tre, quando ci hanno fatto entrare qui dentro, la stanza
degli orrori e delle torture. Non ci conoscevamo nemmeno.
Ma capimmo subito che qui i diritti umani e le leggi non esistono: vige solo la violenza, la crudeltà. Ogni mezzo è
legittimo purché loro abbiano ciò che vogliono. La pietà non è concessa.
E ora, di tre, solo io rimango.
Il primo di noi l'hanno percosso ripetutamente, deriso, e poi freddato
con un colpo di pistola alla nuca dopo avergli prima rotto entrambe le braccia.
Per la stessa domanda, la stessa risposta che dalla sua bocca per tre
volte non è giunta.
Nuovamente uno degli aguzzini si avvicina con un ferro arroventato.
Urlo terrorizzato: “Non lo so…vi prego…lasciatemi andare….vi prego…”
Riuscirò a sopravvivere?
E poi le mie urla strazianti mentre bruciano la mia carne.
“Parla! E ti lasceremo andare: hai la nostra parola”
Ansimo e cerco di calmarmi. Il dolore insopportabile, come l'odore di
carne bruciata che si diffonde nell'aria e mi si appiccica alle narici. Il
puzzo della mia condanna.
Non lo so se posso credergli…non so più nulla…non doveva andare così,
non doveva essere così!!
Piango in preda alla disperazione…
“Non lo so…” è l'unica cosa che mi riesce di
dire tra un singhiozzo e l'altro…
“Su, su, non fare così…sei un uomo…lo sappiamo che conosci la risposta.
E poi…non vorrai mica fare la fine degli altri due? Stupidi ignoranti, esseri
inutili…”
Poi, avvicinando il suo volto al mio, sussurrandomi ad un orecchio:
“Dopotutto…non ti stiamo chiedendo chissachè!
Avanti, rispondi alla nostra domanda. Tu non li puoi vedere
ma, dietro quel vetro alle mie spalle, i nostri padroni ci stanno
guardando : non vorrai mica deluderli? Sai…loro sono convinti che tu conosca la
risposta…e di certo sapranno ricompensarti se tu…”
La mia mente in subbuglio, il mio animo turbato…conosco la risposta? Cazzo cazzo cazzo….avanti…cerca nella
memoria…un brandello, qualche cosa, qualsiasi….sforzati
dannazione!!! La conosco la risposta???
“Su, dicci quello che vogliamo e ti lasceremo andare…sarà stato solo
una brutta esperienza, un brutto incubo, nulla di più.”
Lo osservo con un misto di odio e di paura.
Un incubo? Maledetto figlio di puttana, mi hai torturato! Mi hai
torturato, cazzo! E hai perfino ucciso questi altri
due!!!
“Su, avanti, il tempo stringe…è la tua ultima possibilità”
Allora si fanno avanti gli altri due suoi colleghi: sono vestiti in
modo impeccabile, proprio come lui. Entrambi in smoking, entrambi con un fucile
in mano.
Milioni di pensieri si affollano nella mia mente…non so più nulla…non
me lo ricordo…forse, non l'ho mai saputo….
“Allora? Ancora non vuoi rispondere? Facciamo così”, dice scambiando
un'occhiata di intesa con gli altri due “ora contiamo fino a 5: se ci darai la
risposta sarai libero…altrimenti…beh…lo sai anche tu cosa ti aspetta”.
Maledetto!
“1”
I due uomini caricano il fucile sincronizzati
nella volontà di uccidere. Un'occhiata furtiva allo specchio alle sue
spalle.
“2”
Il suo braccio si abbassa fino al petto. I proiettili sono nella canna,
ben posizionati prima di esplodere addosso alle mie carni. Due biglietti per
l'altro mondo.
Dannazione!
“3”
Pensa! Pensa! Cazzo, pensa!
“4”
I due uomini si avvicinano: uno mi preme il fucile sulla tempia,
l'altro sulle palle. Sorridono sadici.
Dio! Dio! Dio…
“E cinq…”
“Aspetta!”, il mio grido all'improvviso, la mia voce disperata e
squillante.
Sono vivo, sono ancora vivo!!
“Conosco la risposta…”
“Dimmela allora”
Mi si avvicina curioso e terribile al contempo. E' freddo, troppo
freddo, spietato come la morte.
“Ma è il tuo ultimo tentativo, non te lo chiederò un'altra volta. Con
te sono stato anche fin troppo paziente…Dopotutto, gli altri due sono morti
troppo presto e non ho nemmeno potuto divertirmi. E nemmeno i nostri padroni lì
dietro, credo, abbiano apprezzato il triste spettacolo che hanno
offerto loro… ”
Maledetta carogna!
“E ora, rispondi alla mia domanda”
“Si tratta di Mossadeq, nel 1953”
“Non basta, devi dirmi anche dove: credevo di essere stato chiaro poco
fa…”
“In Iran…”, aggiungo velocemente.
Sorride: i suoi occhi brillano per la soddisfazione.
Io ansimo.
Osserva gli altri due e ad un suo cenno questi abbassano i fucili.
Ho risposto giusto?
E' questo quello che volevano sapere?
E' giusto?
L'uomo parla ad una ricetrasmittente militare abbandonata sul tavolo,
un piccolo tavolo traballante in questa stanza soffocante e spoglia. Parla
piano e non comprendo.
Ti prego, ti prego, ti prego…
La mia testa ciondola per l'agitazione mentre
riprendo a balbettare…non so più nulla…non so più nulla…voglio andarmene…lasciatemi
stare, vi prego…
Poi, mi si avvicina soddisfatto.
“Perfetto, la tua risposta soddisfa i nostri padroni. E' corretta, è
ciò che volevamo sentirti dire”.
Poi, estrae un grosso coltello che fino a quel momento teneva legato
alla cintura.
Sorride e mi si avvicina.
“Noo” protesto “ho risposto giusto, ho
risposto giusto! Ve l'ho detto…ve l'ho detto…”
Mi agito e scalcio. Immediato e brutale un pugno al volto da parte di
uno dei suoi colleghi di torture. Cado a terra, stordito, ancora legato alla sedia.
A stento, con l'occhio semichiuso lo seguo mentre
si sposta…ora mi è alle spalle…piango…si inginocchia…no, ti prego…sento la sua
mano sulla spalla….non voglio morire…non voglio
morire!!
Con il coltello recide la corda che mi teneva bloccate le braccia allo
schienale della sedia. Con cura sega i lacci che mi stringevano le mani.
Riapro gli occhi : sono vivo!
“Alzati!”, mi ordina deciso.
Obbedisco.
Ed è allora che la stanza sembra muoversi, le parete
si spostano e si sollevano. Anche il vetro che copriva l'intera parete di
fronte a me viene tirato da parte e scompare lasciando
spazio alla verità.
La realtà diventa più che evidente mentre scolorano le mie certezze.
Telecamere e luci di scena: dal buio un applauso scrosciante e urla e
fischi.
Il pubblico mi accoglie mentre il presentatore
entra in scena.
Due vallette seminude mi si fanno incontro, mi baciano, si strusciano e
mi offrono una busta.
Non comprendo molto bene, tanta è la confusione che alberga nella mia
mente devastata da ciò che ho vissuto.
E ora, la realtà supera l'immaginazione.
Era solo un quiz, uno stupido, maledettissimo, quiz televisivo…
Nota:
La domanda : “Quand'è stato il primo colpo di
Stato appoggiato dalla CIA in un Paese del Medio Oriente?”
La risposta : “Nel 1953, il 19 agosto, la CIA
organizza tumulti popolare in Iran che portano alla perdita del potere da parte
di Mossadeq (per un governo laico e riformista) a
favore del generale Zahedi, ben accetto dagli
americani e più incline a permettere lo sfruttamento del petrolio locale da
parte degli statunitensi.
Sembra che nasca da qui l'avversione antiamericana da parte del popolo
iraniano e musulmano verso gli USA, quella stessa avversione che ha portato
alla diffusione e alla presa di potere del fondamentalismo
di Khomeini prima e del “terrorismo” di questi anni
poi.
Lo stesso presidente Bill Clinton, nel 2000, ha ammesso la
responsabilità degli Stati Uniti nel golpe del 1953 che aprì
la porta in Iran al fondamentalismo dei mullah e poi
alla piaga del terrorismo islamico.