Il
sole anche di notte
di
massimolegnani
Sono
le 15 di un qualunque giorno di metà ottobre ed è buio come a
dicembre. Da tre giorni stiamo sperimentando tutti i tipi di pioggia,
lo scroscio violento, i goccioloni isolati, l´acquerugiola
ostinata, i chicchi di grandine fuori tempo massimo, l´acquazzone
fulmineo da inizio estate, la pioggerella marzolina, fine e metodica,
e quell´umidità palpabile a mezz´aria che non sai se è pioggia,
nebbia o nuvola adagiata tra colline e piana. Dio sembra un piazzista
smaliziato che sfodera tutto il campionario aspettando che tu scelga
quale stoffa, tocchi, tocchi, ti dice, e tu allunghi un palmo
aperto fuori dalla finestra a sentire come lo bagnano le gocce.
Potessi, sceglierei il modello temporale estivo, che dopo lo
sconquasso d´acqua e fulmini dovrebbe cedere il campo al sole. E
invece no, sembra un moto perpetuo di tutto il repertorio, come
ripassare le tabelline, che dopo il nove si ricomincia con il due (di
quella dell´uno non ne ho bisogno, è come contare, mentre la
tabellina dello zero ancora mi sconvolge: tu il numero lo hai lì
davanti, concreto e solido, ma se lo moltiplichi per zero, zac, ti
scompare sotto gli occhi, mistero!).
Anche
allora pioveva sopra i vetri e mi chiedevo che tabellina usare per
poter contare tutte le gocce. Guardavo mio padre e suo fratello
parcheggiare la Giulietta a dieci metri da casa e quei dieci metri
erano una doccia che sui vestiti non ritrovavi più le gocce ma acqua
che grondava.
Dicono
lo sconvolgimento climatico, l´inquinamento e il buco dell´ozono,
non discuto, sarà vero, ma io ho memoria d´acqua di ogni tipo, il
temporale a Nervi, stavamo senza luce raccolti in una stanza come in
guerra e ricordo il sollievo alle campane che annunciavano il
pericolo scampato. Alla radio i mille senzatetto per una tromba
d´aria, forse era Veneto forse Romagna, io m´immaginavo le case
scoperchiate, i tetti che volteggiavano per aria e la gente che
pranzava con l´acqua nel tinello.
In
quel tempo avevo paura della pioggia, in via Palestro penetrava dagli
infissi, io aspettavo la catastrofe. Poi mi è diventata quasi amica,
gocce benevole a confondere le prime lacrime di rabbia, gocce
d´avventura da affrontare al campo scout, protetto dalla tesa ampia
del cappello, gocce dispettose da riderci in bicicletta tornando da
Arconate, gocce d´amore, un ombrello per due cuori, troppo ghiotta
l´occasione da scuola a casa sua.
Infine
l´ombrello l´ho buttato, assieme all´orologio, che il tempo
facesse pure quello che voleva, a me bastava (e ancora basta) una
cerata alla bisogna e un campanile per ascoltare quante ore sono. Ed
è stato come avere il sole anche di notte.