Doppio sogno
di Sabrina Campolongo
Sta andando
verso la sua auto.
Devo averlo
già salutato, ma lo richiamo, urlando il suo nome. C'è una rete tra noi. Una
verde rete metallica a maglie larghe. Io sono dentro e lui fuori, questo solo
so. Dentro dove? Lo ignoro.
Temo che
non torni, che non mi senta, ma lui si è già voltato e sta camminando verso di
me, rapido, premuroso.
Si appoggia
alla rete.
Le sue dita
si allungano, diventano fili sottili, trasparenti, come tentacoli di medusa. Si
avvolgono attorno alla mia mano, si intrecciano alle mie.
─ Grazie. ─ dico,
senza sapere perché.
─ Anch'io ti amo. ─ dice.
Il sollievo
mi invade, mi riscalda, mi rinfresca. Quell'anch'io vale quanto il ti amo. È riconoscimento senza bisogno
di spiegazioni, senza imbarazzi. Mi ama. Anche lui, certo.
È giusto,
lo sento giusto, è perfetto che me lo riveli in questo modo.
─ Lo so. ─ dico.
Poi abbasso
lo sguardo. Le sue dita sono tornate a essere solo dita e si sciolgono piano
dalle mie.
Non c'è
tristezza in questo. Non è un addio.
È volersi
lasciare per assaporare questo nuovo sapere. Non importa quel che sarà.
Sappiamo tutti e due che queste parole non cambieranno di una virgola le nostre
vite, ma non importa. Ci basta esserci trovati, ora, qui, in questo istante
sospeso.
Il
risveglio è lento. Vorrei posticiparlo, restare aggrappata ancora un po' al
lembo del sogno, tenerlo stretto nel pugno. Ma è inutile. Senza strappi si
dissolve, scivolandomi dalle dita.
Resta la
dolcezza. Sulle labbra, negli occhi, dentro al petto. Soffice come ovatta, ad
attutire gli urti, tutto il giorno.
È sera quando lui mi chiama.
─ Ti ho sognata questa notte, sai?
─ Davvero?
Sto per
dire “anch'io!”, vorrei urlarlo, ma un pudore mi trattiene. Vorrei poter dire
anch'io senza dover raccontare il sogno; nel dubbio mi censuro.
─ Sì. Ti salvavo da un maniaco, pensa un po'.
─ Meno male! ─ scherzo. ─ E poi?
─ Eravamo in una specie di campo sportivo. Io stavo andando
via e tu mi hai richiamato, da dietro la rete.
Il cuore
batte furioso nel petto.
─ E?
─ Mi hai ringraziato.
─ E poi? ─ ancora,
con le mani sudate.
─ Basta. Mi sono svegliato.
─ …
─ Ci sei ancora?
─ Sì, sono qui. È uno strano sogno.
─ Strano sì. Ancora più strano è che mi sono svegliato
convinto di doverti chiamare immediatamente per dirtelo. Da tutto il giorno combatto
contro questa follia, finchè ora mi sono arreso.
─ Sono contenta che me l'hai raccontato.
È vero, dovevi farlo.
─ Sì?
─ Sì.
─ Bene. Ora l'ho fatto. Come va? Davide sta bene?
─ Sì certo, è di là, sta guardando la tv. Vuoi parlarci?
─ No, lascia stare. Sarebbe bizzarro dirgli che ho chiamato
per dire che ho sognato sua moglie.
─ Sì, detto così è un po' strano, effettivamente.
─ Bene, allora te l'ho detto e ora posso dormire
tranquillo.
─ Buona notte allora! ─ rido.
─ Buona notte.─ ride.
─ Buona notte ─ ripete, ora serio.