Un uomo a metà
“Non sono nato così!”
di Gloria Venturini
“Non sono nato così!”
Urlavo con tutta l'angoscia che mi
bruciava nel petto.
Ma anche
il Dottore dell'ultimo turno, dopo aver cercato di tranquillizzarmi, se ne
andava, lasciandomi solo a digerire la mia disperazione. Mi trovavo ancora in
ospedale, nella mia stanzetta asettica, completamente bianca, ero totalmente
solo con me stesso. Avevo subito vari interventi chirurgici di grave entità, ma
il vero problema, ora lo dovevo affrontare in prima persona e mi sentivo
morire. Perfino il parroco che veniva a dar ascolto ai malati, con me aveva
esaurito tutte le sue parole. Diceva di un disegno di Dio che sarà
comprensibile più avanti, ma io non vedevo proprio nulla davanti a me.
“Ventiquattro
anni sono pochi per perdere l'uso delle gambe, ed io, non sono nato così.”
Non so
bene perché in quel periodo usavo dire spesso quella frase, come se avesse un peso diverso, come
se potesse cambiare la situazione o alleggerirla.
Sicuramente
fino al momento del tragico incidente, della svolta amara di tutta la mia vita,
avevo corso, avevo passeggiato, avevo amato…
Io avevo
amato…ora che sarebbe successo?!
Penso che
una persona, se nasce già “difettosa”, si crea un
mondo limitato; affronta il suo problema da sempre e per sempre.
Non deve
fare i conti con il ricordo di aver corso a piedi nudi in un prato ricoperto di
rugiada a primavera, non deve fare i conti col fatto di aver amato completamente
una donna.
Quella
sera, quel venerdì di settembre, Laura mi aveva lasciato. “Sono stanca di te e
di tutte le tue bravate…sono sicura che se continui a correre così, ben presto
ti ritroverai appiccicato all'asfalto…Marco, io non ti amo più, sei così infantile…!”
Quelle
sue parole mi avevano ferito, mi rimbombavano nella testa, e quella notte non
ero riuscito a dormire.
Al lavoro
la giornata pesava come il piombo, non avevo amici tra i miei colleghi, tenevo
la mia amarezza soffocata tra le lacrime secche, che mi turbavano il cuore, la
mente, tutto.
Quello
che successe ritornando a casa, non lo ricordo bene.
Un lampo
negli occhi, due fanali accesi come occhi infuocati mi bruciavano dentro, e… il
buio…il dolore insopportabile… l'ospedale.
Laura è
venuta a trovarmi dopo l'incidente, si sentiva in colpa mi aveva detto, ma lei
non centrava nulla.
Così lei
se n'è andata un'altra volta, d'altronde io l'amavo troppo per costringerla e
legarla a me con un ricatto morale, e poi non era giusto, lei aveva già fatto
la sua scelta, e in quella non c'ero più io.
La strada
è stata lunga e difficile. Credevo con tutto me stesso nella forza della mente
e con il pensiero pregavo le signore cellule nervose della mia colonna
vertebrale di aggiustarsi e di darmi la forza per camminare ancora, in fin dei
conti, che avevo fatto di così terribile per restare in una carrozzella a
rotelle?
Pregai
Dio, ogni Santo, ho fatto fioretti e digiuni, ma non è servito a nulla. Così
pieno di amarezza e persa ogni speranza nell'indipendenza totale della mia
motilità, iniziai a prender confidenza con le mie nuove gambe: una sedia con
due ruote grandi e salde. Lentamente cercai di adattare alle mie nuove esigenze
anche la casa, un piccolo appartamento, che con l'aiuto dei miei genitori,
avevo trovato, ed in cui mi ero sistemato, grazie anche al consiglio degli
psicologi.
I miei
genitori, poveretti, sono due anime in pena perenne.
Il loro
unico figlio, dove loro avevano riposto ogni speranza, ora era un disabile, un
imperfetto che non poteva in alcun modo dargli un nipotino, che non poteva più
compensare le loro aspettative, anzi era diventato un problema costante.
L'indifferenza
fredda dei miei colleghi aveva creato un vuoto insopportabile, così cambiai
obiettivi e lavoro.
Avevo
ripreso l'università, conseguendo la laurea in agraria, ora insegno. Sono
passati sette anni da quella sera di settembre, e sebbene sia riuscito a
ottenere discreti successi sul piano professionale e delle amicizie, mi mancano
le carezze di una donna. Ma sono un uomo a metà, come potrei soddisfare
completamente una donna?
In una
notte di solitudine ho sperato di incontrare ed amare una disabile come me, con
le gambe a ruota, ma immagino poi la confusione pratica di due sedie a rotelle
su uno stesso appartamento, il fatto di non poterla aiutare se cadesse; che
pensieri ironici! Però cosi avrei avuto una donna alla pari.
Non ho
ancora compreso il disegno di Dio e il suo perché, e continuo a dire “Non sono
nato così!”