Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Un uomo a metà, di Gloria Venturini 25/04/2008
 

Un uomo a metà

“Non sono nato così!”

di Gloria Venturini

 

 

“Non sono nato così!”

Urlavo con tutta l'angoscia che mi bruciava nel petto.

Ma anche il Dottore dell'ultimo turno, dopo aver cercato di tranquillizzarmi, se ne andava, lasciandomi solo a digerire la mia disperazione. Mi trovavo ancora in ospedale, nella mia stanzetta asettica, completamente bianca, ero totalmente solo con me stesso. Avevo subito vari interventi chirurgici di grave entità, ma il vero problema, ora lo dovevo affrontare in prima persona e mi sentivo morire. Perfino il parroco che veniva a dar ascolto ai malati, con me aveva esaurito tutte le sue parole. Diceva di un disegno di Dio che sarà comprensibile più avanti, ma io non vedevo proprio nulla davanti a me.

“Ventiquattro anni sono pochi per perdere l'uso delle gambe, ed io, non sono nato così.”

Non so bene perché in quel periodo usavo dire spesso quella frase,  come se avesse un peso diverso, come se potesse cambiare la situazione o alleggerirla.

Sicuramente fino al momento del tragico incidente, della svolta amara di tutta la mia vita, avevo corso, avevo passeggiato, avevo amato…

Io avevo amato…ora che sarebbe successo?!

Penso che una persona, se nasce già “difettosa”, si crea un mondo limitato; affronta il suo problema da sempre e per sempre.

Non deve fare i conti con il ricordo di aver corso a piedi nudi in un prato ricoperto di rugiada a primavera, non deve fare i conti  col fatto di aver amato completamente una donna.

Quella sera, quel venerdì di settembre, Laura mi aveva lasciato. “Sono stanca di te e di tutte le tue bravate…sono sicura che se continui a correre così, ben presto ti ritroverai appiccicato all'asfalto…Marco, io non ti amo più, sei così infantile…!”

Quelle sue parole mi avevano ferito, mi rimbombavano nella testa, e quella notte non ero riuscito a dormire.

Al lavoro la giornata pesava come il piombo, non avevo amici tra i miei colleghi, tenevo la mia amarezza soffocata tra le lacrime secche, che mi turbavano il cuore, la mente, tutto.

Quello che successe ritornando a casa, non lo ricordo bene.

Un lampo negli occhi, due fanali accesi come occhi infuocati mi bruciavano dentro, e… il buio…il dolore insopportabile… l'ospedale.

Laura è venuta a trovarmi dopo l'incidente, si sentiva in colpa mi aveva detto, ma lei non centrava nulla.

Così lei se n'è andata un'altra volta, d'altronde io l'amavo troppo per costringerla e legarla a me con un ricatto morale, e poi non era giusto, lei aveva già fatto la sua scelta, e in quella non c'ero più io.

La strada è stata lunga e difficile. Credevo con tutto me stesso nella forza della mente e con il pensiero pregavo le signore cellule nervose della mia colonna vertebrale di aggiustarsi e di darmi la forza per camminare ancora, in fin dei conti, che avevo fatto di così terribile per restare in una carrozzella a rotelle?

Pregai Dio, ogni Santo, ho fatto fioretti e digiuni, ma non è servito a nulla. Così pieno di amarezza e persa ogni speranza nell'indipendenza totale della mia motilità, iniziai a prender confidenza con le mie nuove gambe: una sedia con due ruote grandi e salde. Lentamente cercai di adattare alle mie nuove esigenze anche la casa, un piccolo appartamento, che con l'aiuto dei miei genitori, avevo trovato, ed in cui mi ero sistemato, grazie anche al consiglio degli psicologi.

I miei genitori, poveretti, sono due anime in pena perenne.

Il loro unico figlio, dove loro avevano riposto ogni speranza, ora era un disabile, un imperfetto che non poteva in alcun modo dargli un nipotino, che non poteva più compensare le loro aspettative, anzi era diventato un problema costante.

L'indifferenza fredda dei miei colleghi aveva creato un vuoto insopportabile, così cambiai obiettivi e lavoro. 

Avevo ripreso l'università, conseguendo la laurea in agraria, ora insegno. Sono passati sette anni da quella sera di settembre, e sebbene sia riuscito a ottenere discreti successi sul piano professionale e delle amicizie, mi mancano le carezze di una donna. Ma sono un uomo a metà, come potrei soddisfare completamente una donna?

In una notte di solitudine ho sperato di incontrare ed amare una disabile come me, con le gambe a ruota, ma immagino poi la confusione pratica di due sedie a rotelle su uno stesso appartamento, il fatto di non poterla aiutare se cadesse; che pensieri ironici! Però cosi avrei avuto una donna alla pari.

Non ho ancora compreso il disegno di Dio e il suo perché, e continuo a dire “Non sono nato così!”

 

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014090835 »