La tovaglia di zia Marta
di Sabrina Campolongo
Seconda e ultima parte
Qualche giorno dopo. Di nuovo il
suono del telefono la distoglie dallo studio. È Stefano.
Scusa ti disturbo? Sai tra una
settimana è il compleanno di Federica e vorrei regalarle qualcosa che sia di
suo gusto. L'ultima volta non è andata troppo bene. Non so, ti va di
accompagnarmi questo pomeriggio?
Normale. Non è la prima volta che le
capita. Che un ragazzo chieda consiglio a lei per compiacere Federica. Lei e
Stefano tra poco saranno addirittura cognati, è ovvio che si rivolga a lei.
Meno ovvio quel tuffo al cuore, ma
anche a quello è piuttosto preparata. Sa che saprà gestirlo, mentre gli dice di
sì.
Camminano ridendo, infagottati nelle
giacche pesanti. Oggi lui ne indossa una sportiva, e i capelli spuntano da un
berretto di lana verde scuro.
Le hanno comprato una camicia da
notte di seta. E un paio di calzettoni a righe con le dita. Un insieme sexy e
spiritoso, come lei. A Federica piaceranno senz'altro.
– Cosa le hai regalato l'ultima
volta? – chiede Claudia, togliendosi i guanti, mentre si infilano nel calore di
una caffetteria.
– Un libro. – risponde Stefano,
liberando i riccioli biondi dal cappello.
Mentre gli chiede “quale?” Claudia
pensa che è bellissimo, il più bel ragazzo con il
quale sia mai uscita.
Ma non sta uscendo con lui, si
ricorda. Lo ha aiutato a scegliere un regalo per sua sorella, aggiunge, tanto
per spazzare via ogni dubbio.
Le risponde quando si sono accomodati
a un tavolino vicino alla vetrina.
– Il
grande Gatsby. È uno dei miei romanzi preferiti.
Claudia alza gli occhi dal menù.
– È un libro bellissimo.
Stava per replicare che è anche uno
dei suoi libri preferiti, ma poi le è
sembrato stupido dirlo.
– Non ci credo che a mia sorella non è piaciuto.
Stefano sorride.
– In realtà non credo che l'abbia
letto. È ancora dove l'ha appoggiato quella sera.
Claudia non ne è sorpresa. Ricorda di
averle scritto biglietti ispirati, a volte, e di averli poi ritrovati ricoperti
da fiocchi di polvere sotto al letto, o abbandonati in mezzo alla pila delle
riviste, quando lei li avrebbe conservati con cura. Lei avrebbe iniziato a
leggere quel libro la sera stessa, avrebbe pensato che per Stefano aveva un
senso averglielo regalato, che non l'aveva scelto a caso. Si sarebbe chiesta
cosa aveva voluto dirle con quel dono. Si sarebbe commossa scoprendo che era la
storia di un amore così forte da rasentare la follia, da portare alla morte.
Avrebbe pensato che lui avesse voluto dirle che era così che l'amava.
Nonostante questo non giudica
Federica. Non è un'egoista e nemmeno una persona superficiale. Solo c'è una
nota di noncuranza, in lei, una leggerezza che la tiene staccata dalle cose,
una capacità di non sovraccaricare ogni gesto di significati, che spesso Claudia le ha invidiato.
Prova a spiegarlo a Stefano. Lui
l'ascolta, serio.
Poi parlano di Gatsby. Del suo sogno.
Scoprono che entrambi ricordano a memoria le ultime fulgide righe del romanzo.
…Gatsby credeva nella luce verde, il
futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito
allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le
braccia... e una bella mattina...
Così continuiamo a remare, barche
contro corrente, risospinti senza posa nel passato.
La recitano assieme e poi scoppiano a
ridere, imbarazzati, ma anche entusiasti, come bambini.
La risata si spegne. Claudia beve un
sorso del suo thè. Stefano sta ancora sorridendo.
Sembra assorto. Forse pensa ancora a Gatsby, guardando il buio oltre la vetrata. I
lampioni si sono accesi, la gente si muove più in fretta, ansiosa di rientrare
a casa.
Anche lui probabilmente deve
rientrare. Federica starà per tornare dal lavoro.
Claudia però non dice nulla.
Approfitta della sua distanza per osservarlo. Le spalle larghe, sotto al
maglione norvegese, gli occhi grigi, così luminosi, la sottile cicatrice che
spezza la curva perfetta del labbro superiore. Si chiede cosa prova Federica,
guardandolo. Sapendo di possedere quel corpo, quegli occhi, potendolo toccare.
Stefano torna a rivolgersi a lei.
Sembra confuso.
– Scusa, hai detto qualcosa?
– No, pensavo che dovremmo andare.
– Sì, hai ragione. Ti ho rapita per
tutto il pomeriggio.
– È stato un piacere.
Non sta flirtando. Non vorrebbe che
lui lo pensasse. Però non le dispiace vederlo arrossire.
In macchina parlano ancora di libri.
Ora che sono entrati in argomento scoprono svariati amori in comune. Libri ma
anche passaggi, frasi da cui entrambi sono stai colpiti. Stefano le parla con
trasporto di alcuni testi che lei non ha ancora letto.
Quando la riaccompagna sotto casa,
stanno parlando di Joyce. Pur dichiarandosene affascinato, lui ammette di non
essere riuscito a terminare l'Ulysse.
– Devi leggere Gente di Dublino, prima – dice Claudia, con convinzione.
– Se vuoi te lo presto. – offre, più
timidamente.
– Mi piacerebbe. Oltretutto in questo
momento non sto leggendo nulla.
– Te lo prendo allora.
Claudia scende dall'auto e si
avvicina al cancello.
La villetta è completamente al buio. I
suoi genitori non rientrano mai prima delle otto.
Mentre tira fuori le chiavi dalla
borsetta, Claudia realizza che Stefano l'ha seguita,
che è un passo dietro di lei. Le sue mani cominciano a tremare.
Alla fine riesce a infilare la chiave
nella serratura del cancelletto. Prosegue verso il portone. Il cuore le
martella nel petto. Fa scattare entrambe le serrature.
È nel salone ora. Stefano è sempre
dietro di lei, in silenzio. Nessuno dei due parla.
Claudia allunga la mano verso
l'interruttore della luce.
Nel buio un'altra mano ferma la sua.
La stringe.
Claudia chiude gli occhi. Dal petto
le esce un sospiro rotto.
Le labbra sono contro le sue, non sa
nemmeno come. Non sa se si è voltata verso di lui, o se è lui che l'ha attirata
a sé.
Solo quelle labbra. E le sue braccia
che la stringono. Il suo calore, sotto al freddo umido della giacca. Il suo
odore, i suoi capelli tra le dita.
E la sua pelle, sopra il suo letto di
ragazzina, tra i girasoli delle sue lenzuola. La sontuosa accoglienza di quel
corpo, la sua forza e la sua dolcezza. La bellezza. Da piangere per quella
pelle, da impazzire.
Baciarlo, leccarlo, non è una prova
di seduzione, come con l'unico ragazzo con cui è andata a letta, come con gli
altri con i quali ha mischiato saliva, umori e sudore impacciato in macchina,
non è concentrazione chiedendosi se sta andando bene, se lui che la guarda la
trova bella, se non trova ridicoli quei suoi seni
minuscoli, quei fianchi stretti. Leccarlo e morderlo è bramosia di averlo,
sotto le dita, contro la pelle, dentro la bocca, dentro, dappertutto.
Non esiste più nient'altro,
l'ingiustizia di quello che stanno facendo, la crudeltà, la colpa, Federica,
tutto è così meravigliosamente lontano, remoto come un film muto proiettato
alle loro spalle. Niente può toccarli ora.
Stefano stringe le mani attorno al
suo viso.
– Dio mio – mormora soltanto, – dio
mio – come se pregasse davvero, baciandole le guance, gli occhi, le labbra.
Alla fine è tardi, tardissimo, i
genitori di Claudia stanno per arrivare. Devono separarsi, separarsi sapendo
che la vita è lì, dietro la porta, pronta ad avventarsi sulle loro gole, che è
stata là tutto il tempo dei loro gemiti, a compilare compiaciuta il suo conto,
che non farà sconti.
Continuano a baciarsi con gli occhi
chiusi, per tenerla lontana fino all'ultimo, fino alla porta. Poi Claudia deve
aprire gli occhi, per guardarlo tornare verso la propria auto camminando
all'indietro, guardandola ancora.
Resta sulla soglia, a farsi pungere
le gambe nude dalla nebbiolina gelata di gennaio, fino a che lo vede sparire in
fondo alla strada.
Non ha più rivisto Stefano, da quella
sera, da solo. E solo per pochi istanti assieme a Federica. Ha fatto in modo di
non farsi mai trovare, quando erano ospiti a cena, ignorando le proteste di sua
madre. Anzi, per non correre il rischio che la circostanza fosse notata, ha
fatto in modo di non stare quasi mai a casa, nell'ultimo periodo.
Lui non l'ha mai chiamata. Né Claudia
se lo era aspettato.
Ha passato notti intere a pensare a
come evitare quel matrimonio, ma alla fine ha sempre saputo che ci sarebbe
andata.
Adesso, infatti, è seduta al tavolo
della cucina ed è il suo turno di farsi pettinare. La parrucchiera tira i suoi
capelli sottili con un impegno che rasenta la ferocia, infilzandoli con dovizia
di forcine che le graffiano la pelle.
Federica vaga per casa in body di
seta e calze autoreggenti, chiacchierando al cellulare con le amiche, inseguita
dalla mamma che le intima di tagliar corto.
– Cosa avrete da dirvi, anche adesso.
Forza, dì alla Betty di andare a vestirsi, che tanto vi vedete in chiesa.
E Federica ride e Claudia ha
l'impressione che perda tempo apposta per fare impazzire la madre.
Finalmente la sposa viene trascinata
a forza nella camera dei genitori e il cellulare le viene sottratto, nonostante
le sue proteste semiserie.
Nella casa regna per qualche minuto
un religioso silenzio, mentre la parrucchiera lotta per fare stare su l'ultimo suo riccio e il padre la guarda scuotendo la testa
dalla porta del salotto.
Claudia si lascia sfuggire un sorriso.
– Fatto! – esclama l'acconciatrice,
trionfante.
Claudia si guarda nello specchio che
le viene messo davanti. Sembra la brutta copia di Federica, stessa acconciatura
ma molto meno volume. E i suoi occhi ancora più grandi. Spauriti sembrano. Come
quelli di quei cagnetti ridicoli che stanno sul palmo di una mano e sembrano
chiedersi come diavolo possono vivere, in un mondo di giganti, senza venire
schiacciati.
Sorride.
– Grazie, sono perfetti.
Si dirige verso la sua stanza. Nel
corridoio incrocia la madre, che incede malferma, come una sonnambula, con gli
occhi aperti e lucidi.
– Come siete belle – mormora,
guardandola.
E quasi viene da piangere anche a
lei.
Forse accorgendosene, la madre
allunga una mano e le carezza una guancia.
– Meno male che non siamo ancora truccate.
– ride poi.
Ancora qualche passo, e Claudia potrà
rifugiarsi per un po' nella sua stanza.
La porta della camera matrimoniale
però si apre, al suo passaggio. Una mano l'afferra per il braccio e la trascina
dentro.
Si trova faccia a faccia con
Federica, bella come la principessa di una favola nell'abito bianco, se non
fosse per il rimmel colato sulle guance.
– Doveva usare un mascara waterproof.
Ha detto la prima sciocchezza che le è venuta in
mente.
Federica emette una via di mezzo tra
una risata e un singhiozzo.
– Dimmi che sto facendo la cosa
giusta – dice.
No,
ti prego no, non a me.
– Perché te lo domandi? – chiede
invece.
– Non lo so. Solo panico credo.
Ma, in contrasto con la
rassicurazione che quelle parole dovrebbero trasmettere, Federica si lascia
cadere sul bordo del letto, in uno sbuffare di tulle. Claudia resta in piedi.
– Invece a volte mi sembra che ci sia
dell'altro – Federica continua a parlare senza guardarla – Mi sembra che ci sia
qualcosa che non va, soprattutto in lui, ultimamente. E se ci stesse
ripensando? E se non si presentasse?
– Ma dai. Non lo farebbe mai.
Claudia sente la propria voce uscire
da chissà dove. Nella testa invece ribollono le
parole della sorella.
– Lo so che è assurdo. È che ci sono
cose in lui. Stanze nelle quali mi sembra di non riuscire a entrare. E ho paura
di deluderlo, perché forse lui si aspetta che io lo capisca in tutto.
– Ha scelto te.
Federica solleva lo sguardo. Sembra
confusa. Forse ha percepito la durezza nel suo tono. O il dolore dietro le
parole.
– Ha scelto te, no? – ripete, più
dolce – Probabilmente non ha bisogno di qualcuna che lo capisca proprio in
tutto. È te che vuole.
Federica sorride, sollevata.
– Già – dice, asciugandosi le
lacrime.
Poi si alza e l'abbraccia.
– Grazie – sussurra al suo orecchio e
Claudia vorrebbe morire.
La folla davanti alla chiesa
all'inizio le impedisce di vederlo. Poi la voce dell'arrivo dell'auto della
sposa corre come una scarica elettrica tra gli invitati che immediatamente
fanno ala, lasciando libere le scale.
Ed eccolo. Stefano. Un'apparizione in
tight. Gardenia all'occhiello. Perfetto. Il sorriso appena un po' rigido gli fa
guadagnare sguardi inteneriti dalle signore.
L'auto di Federica, la Jaguar prestata dallo zio,
appare in fondo alla strada.
L'espressione di Stefano si fa più
tesa. Sembra cercare qualcosa o qualcuno, tra la folla.
Claudia sente lo stomaco che si
chiude.
Vorrebbe nascondersi, ma i suoi piedi
restano incollati al selciato.
È lei che cerca. È lei che trova.
L'auto nuziale si immette nel
piazzale e si ferma davanti alla scalinata.
Gli occhi di Stefano ancora non
lasciano i suoi.
Claudia pensa a Gatsby, in piedi sul
pontile, lo sguardo fisso alla luce dall'altra parte della baia.
Poi scuote la testa, un movimento
solo accennato.
Stefano la fissa ancora per un
istante. Le sembra che annuisca, prima di rivolgere il viso verso l'auto della
sposa.
Anche Claudia guarda suo padre –
molto meno a suo agio di Stefano, nel tight – aprire la portiera di Federica e
prendere nella sua la bella mano inguantata.
– C'è sfuggito allora ma non importa:
domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia… e una bella
mattina…
Una donna si volta a guardarla.
Claudia sorride, imbarazzata. Non si è resa conto di avere recitato ad alta
voce.
La donna la fissa con insistenza.
Magari la conosce. È che tra le lacrime non riesce a distinguere il suo viso, semi nascosto, per di più, da un gigantesco cappello.
Lei ora le sta tendendo qualcosa. Un
fazzoletto di carta.
Claudia lo prende.
– Vieni qua davanti, assieme a me.
Non è un'offerta, è un ordine.
Finalmente la mette a fuoco. La voce
comunque sarebbe bastata, l'avrebbe riconosciuta tra mille.
– Zia Marta
– Non ci si dispera a un matrimonio.
– continua lei, trascinandola contro il suo fianco. Odora di cipria e di
lavanda.
– Non sono disp
– Seee – la
liquida, con un gesto brusco della mano. – E io sono uscita dall'uovo
stamattina. Forza, bambina, fai un bel sorriso. Così, brava. Voi giovani siete
così sciocchi. Vi piace tanto complicarvi la vita. Magari, esserlo ancora.
Giovane, non sciocca.
Ridacchia.
– Sei sempre stata la mia preferita,
sai? – riprende, mentre Claudia si tampona le lacrime con il fazzolettino. – Tu
avrai una vera tovaglia ricamata a mano, quando ti sposi. Mica paccottiglia
fatta dai cinesi.
Le strizza l'occhio. A Claudia spunta un sorriso. Irreale, è tutto
così irreale.
Intanto segue, come tutti, la marcia
di Federica verso la soglia della chiesa, dove Stefano l'attende. Cammina
piano, le mani serrate attorno al bouquet di fresie, quasi temesse di vederlo
spiccare il volo.
Claudia si sente sommergere da
un'ondata di tenerezza. Di amore per lei.
La zia Marta le stringe una mano
attorno al braccio nudo.
Avvicina il viso al suo,
accogliendola sotto la vasta falda del suo cappello.
– Sii dolce con la vita, tesoro. È
troppo breve per struggersi. E non guardatevi più a
quel modo oggi, per carità. Per tua fortuna erano tutti girati verso la sposa.
Claudia la fissa a bocca aperta.
La vecchia zia sta sorridendo. Nei
suoi occhi stretti danza una luce che non le ha mai visto prima. Che non
avrebbe mai detto potessero possedere.
– Vedrai, prima o poi ogni fiume
trova il suo corso. Forza, entriamo. Oggi è la festa di tua sorella.
Claudia solleva il viso verso il
portone della chiesa. Si accorge di essersi persa il momento in cui suo padre
ha ceduto il braccio di Federica a Stefano. Guarda di nuovo la zia. Si chiede
se l'ha fatto apposta. Impossibile capirlo dal suo volto. L'espressione è
tornata quella arcigna di sempre.