Una storia del tempo che fu
di Gabriella Cuscinà
Mio
nonno, che ormai ha più di novant'anni, mi raccontò che suo
bisnonno una volta gli aveva raccontato la sua triste storia:
<< Sono uscito dal carcere dopo una
detenzione di trent'anni. Esercitavo la professione
di cappellaio qui a Palermo. Ho amato solo la mia dolce Matilde, uccisa dal suo
consorte che l'aveva colta in fragrante adulterio con me. Ma andiamo per ordine: di fronte alla mia bottega di
cappellaio, trent'anni fa, abitavano due donne, una giovanissima, Matilde, e
sua madre Irene, anch'ella abbastanza giovane. La mia bottega era adiacente
alla loro casa e appena
vidi Matilde affacciata al balcone, il mio cuore prese a battere
violentemente per quella fanciulla dolce e tenera. La salutai e lei rispose al
saluto. Le chiese quanti anni avesse e rispose che ne aveva sedici. Il suo
sorriso e i suoi occhi mi fecero intendere che non le ero indifferente. Infatti spesso si metteva sul balcone e conversavamo
amorevolmente. Un giorno vidi arrivare in quella casa un importante notaio e
seppi che Matilde era sua pupilla. Dopo qualche tempo le due donne
traslocarono. Le cercai e le trovai in un quartiere molto lontano. Mi presentai
a sua madre e chiesi la mano di Matilde, ma donna
Irene mi rispose che era già promessa al figlio del notaio. Mi sentii
addolorato e domandai se la ragazza fosse consenziente a quelle nozze, ma lei
non rispose. Continuai ad andare sotto la finestra della nuova casa di Matilde
e mi disse che
non voleva sposare quell'uomo perché ormai amava solo me. Ne fui felice e le
proposi di fuggire assieme. Non volle acconsentire per non deludere e non abbandonare la madre. Qualche
giorno dopo anzi, Matilde fu condotta via e rinchiusa in un convento, giacché
qualche lingua malevola aveva raccontato al notaio dei miei appostamenti. Andai
anche dinanzi al convento per vederla e mi sentivo disperato in quanto ormai
capivo che ne sarebbe uscita solo per recarsi all'altare con figlio del notaio.
E così fu infatti. La mia dolce Matilde andò sposa ed
io mi sentii l'uomo più infelice della terra. Un giorno andai a sfogarmi a casa
di sua madre ed Irene mi accolse affranta e addolorata perché sapeva che la figlia era
infelice e che s'era sposata contro la propria volontà. Ma non avevano potuto
fare altrimenti poiché erano obbligate a sottostare ai voleri del notaio. Irene
scoppiò in lacrime e cominciò a raccontare:
“ La mia vita è stata
sempre tribolata e piena di disgrazie. Sono figlia di Corrado di Estamura, conte di Bagheria. Giovanissima, fui promessa
sposa al barone Paolo Silincione, che io non volevo
poiché era sgradevole,
arrogante e violento, ma avrei dovuto sposarlo per forza. Un giorno mi trovavo
a passeggio nei possedimenti di mio padre con la mia dama di compagnia.
Improvvisamente inciampai in una tagliola e il mio piede rimase bloccato e
ferito. Gridai ed ero terrorizzata perché la ferita sanguinava, ma
improvvisamente dal bosco uscì un giovane bellissimo che corse in mio aiuto e
in pochi istanti liberò il mio piede. Dopo lo fasciò col suo fazzoletto. Ci
guardammo e l'amore scoccò all'istante. Disse di essere un cacciatore di frodo
e che cacciava per sfamare la madre vedova e i suoi quattro fratelli. Era però
addolorato per aver procurato la mia ferita. Restai incantata dai suoi occhi
blu e dai suoi modi impacciati e cortesi. Ci rivedemmo molto spesso perché
veniva sotto la mia finestra ogni giorno e il nostro amore cresceva sempre più.
Poi egli scoprì il modo in cui introdursi di notte nella mia stanza
all'insaputa di tutti. Allora dormivamo insieme abbracciati e felici dopo
lunghe ore d'amore. All'alba, il mio bel cacciatore fuggiva via ed io trepidavo
nell'attesa di rivederlo. Sin quando un giorno, il mio ventre cominciò ad ingrossare e la mia dama
di compagnia s'accorse che ero incinta. Ne fu esterrefatta e andò a comunicarlo
a mio padre che andò su tutte le furie. Mi scacciò dalla sua casa e mi fece
portare a Palermo in casa del notaio che era suo parente. Non potei mai più
rivedere il mio amore perché mi fu allontanato in tutti i modi. Nacque comunque
mia figlia Matilde e insieme conducemmo una vita di stenti perché il notaio ci
trattava da serve e ci forniva il minimo per vivere. Poi egli riuscì ad
estorcere a mio padre una
promessa: quando la mia
creatura fosse stata in età da marito avrebbe sposato suo figlio e le ricchezze
degli Estamura sarebbero andate alla famiglia del
notaio, visto che io ero figlia unica. Ecco perché chiuse
Matilde in convento. Perché fosse
al sicuro fino al momento delle nozze. Ma ormai è andata sposa. Rassegnatevi.”
<<
Invece non mi rassegnai, pensavo sempre alla mia dolce fanciulla e saperla
infelice mi faceva vivere nell'angoscia. Allora mi informai dove abitasse col
figlio del notaio e seppi che stavano in un quartiere ricco. Mi andai ad appostare
sotto il suo balcone e un giorno la vidi affacciare. Anch'ella mi scorse e i
suoi occhi furono colmi di gioia. Poi tornarono tristi e capii quanto soffrisse
e quanto ancora mi amasse. Cominciai a perlustrare la zona e studiai tutti i
vari accessi al palazzo. Così una notte mi intrufolai di soppiatto nei
quartieri della servitù. Poi salendo ai piani superiori, finalmente trovai la
stanza di Matilde. Ella dormiva da sola e non si aspettava di vedermi
comparire. Si svegliò e stava per gridare, ma mi feci riconoscere. Fu estremamente
felice e mi cadde tra le braccia. Il nostro fu un amore travolgente e
appassionato. Ci amammo sino all'alba, dopo di che fuggì promettendo di tornare
presto. Così mi recavo di notte da lei molto spesso, ma una volta vedemmo entrare
a catapulta suo marito che ci sorprese e sguainò la spada. Colpì per prima
Matilde che cadde esanime. Poi si scagliò su di me, ma mi difesi disperato
poiché vedevo il mio amore giacere in una pozza di sangue. Allora reagì e volli
vendicarla. Afferrai un lume e lo fracassai sulla testa del marito che morì
all'istante. Quindi mi chinai accanto a lei e piansi stringendola al petto. Nel
frattempo erano arrivati i servi e dopo di loro gli sbirri che mi arrestarono e
mi portarono in carcere. Vi ho trascorso trent'anni della mia vita, ma non mi
sono mai rassegnato di aver perso Matilde e ho sempre pensato a lei. >>