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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Promoter(ror), di Leonardo Colombi 30/05/2008
 

Promoter(ror)

di Leonardo Colombi

 

 

Sono le otto del mattino e me ne sto in bagno. Come al solito dopo la colazione, prima di uscire per recarmi al lavoro, urge la necessità di liberarmi dal peso in eccesso che serbo dentro di me, frutto di ore e ore di straordinari processi chimici avvenuti all'interno dei miei organi.

Ho ancora sonno e la voglia di recarmi al lavoro è ai minimi storici.

Mentre espleto i miei impegni fisiologici penso e considero le attività che mi si prospettano quest'oggi. Per lo meno quelle che prevedo di dover completare.

All'improvviso il telefono squilla: fastidiosamente fa sentire la sua voce, una volta, due, tre, fino a dieci.

Poi il silenzio. Quindi riprende: cerco di mettermi fretta e di completare rapidamente il ciclo di scarico quando lo sento tacere ancora.

Squilla ancora e poco dopo tace per altre due volte, perfettamente sincronizzato con le mie fuoriuscite.

Per forza di cose non mi riesce di rispondere. Mi domando solo chi si metta a disturbare alle otto di mattina…

Forse è successo qualcosa, forse è qualcuno che ha bisogno di me.

Mi pulisco, mi rivesto e nel frattempo il telefono riprende a far sentire la propria voce squillante.

Tiro l'acqua: verificherò più tardo che non siano rimaste tracce di quello che un tempo era stato cibo da me ingurgitato. Altri squilli mentre mi sciacquo le mani e mi precipito fuori dal bagno. Mi preoccuperò poi di spruzzare un po' di deodorante salvifico.

L'apparecchio telefonico situato sul mobiletto in legno chiaro del corridoio è ancora bello vispo e, all'ennesimo squillo, mi riesce di raggiungerlo e di sollevare la cornetta.

“Pronto…”, rispondo.

“Signor Colombi?”

“Si…”

“Bene!”

“Lei chi è scusi?”

“Mi chiamo Giulio e lavoro per la Piccioni Edizioni. La chiamo per chiederle se è interessato ad una nostra vantaggiosissima offerta per..

“Intende propormi qualche abbonamento?”, lo anticipo.

“Esatto. Se le interessa abbiamo periodici di informazioni, cataloghi, pornaz..

“Mi spiace, non sono interessato, arrivederci”.

Fine delle trasmissioni per quel che mi riguarda.

Il tizio sta ancora blaterando qualcosa in merito a possibili e ragionevoli motivi per cui varrebbe la pena star a sentirlo quando riaggancio la cornetta. Non mi interessa nulla di ciò che ha da dirmi. Anzi, venir importunato per simili questioni mi mal dispone a qualsiasi trattativa.

Termino di prepararmi, concludo ciò che è rimasto in sospeso e quindi parto per il lavoro.

 

E' sera quando esco dall'azienda.

Prima di tornarmene a casa mi reco al centro commerciale: giusto un giretto a negozi cercando di trovare qualche idea utile alla causa di san Valentino. Silvia mi ha detto che non vuole nulla, ma conosco un poco il linguaggio delle donne per decifrare il messaggio. Per cui eccomi a zonzo in questi luoghi di perdizione finanziaria. Ho ancora pochi giorni a disposizione e i prezzi già stanno cominciando a raddoppiare. Per di più non sono mai stato bravo nello scegliere i regali e quindi preferisco prendermi un po' per tempo, girovagare come un randagio affamato e curioso per poi tornare in un secondo momento a compiere l'acquisto.

I centri commerciali sono luoghi adatti alla causa, alla mia causa. In fondo, la concentrazione di negozi ed esercizi commerciali mi facilita nella ricerca.

Certo, non è comunque semplice: sono molti i rischi in agguato.

L'avidità dei negozianti, il rischio infarto nello scorgere la targhetta col prezzo di certi articoli, la calca di gente che ad ogni ora bazzica il centro…e poi loro, le procaci promoter.

Come sirene ammaliatrici mettono alla prova la solidità della volontà umana. Maschile soprattutto. In agguato attendono il momento propizio e quindi attaccano.

Alla mia destra scorgo una coppia di anziani signori accerchiati da promoter di una nota compagnia telefonica. Una delle ragazze sorride verso di loro mentre regge una magnum nera ad altezza petto: o l'abbonamento o la vita.

Poco più avanti altre due avvenenti e graziose promoter hanno appena attaccato bottone con un simpatico trentenne. Come un insetto voglioso è caduto nella loro tela e sicuramente non riuscirà ad abbandonare il loro gazebo senza aver firmato per una fornitura a vita di trapunte. Lo conferma il taser che una terza promoter ha appena attivato in attesa di scoprire le intenzioni del cliente.

Non si può mai abbassare la guardia: queste ragazze sono disposte a tutto pur di vendere.

Si tratta solo del loro lavoro.

Malgrado tutto, io avanzo nel lungo corridoio che propone, ai lati, vetrine colorate e offerte su offerte di abiti, profumi, borse, orologi, tett

“Ciao!”

La promoter mi compare dinnanzi in tutto il suo divino splendore: è una ragazza avvenente, slanciata, dal sorriso magnetico. Attorno agli occhi il trucco sfuma nel blu e ne evidenzia la carica seducente dello sguardo. I denti, bianchissimi, rilucono come gemme e ben contrastano con la pelle abbronzata e la chioma scura di capelli appena mossi.

Da bravo maschietto, non è proprio a tutto questo che presto attenzione. Lo ammetto, rimango estasiato dalla visione del suo corpo seminudo. Se non fosse per gli slip, le scarpe, i guanti che le ricoprono mani e avambracci, e i copri capezzoli a forma di stella blu la giovane donna sarebbe praticamente nuda.

C-ciao…”, balbetto io, leggermente confuso. Cerco di fare appello a tutta la mia razionalità: non posso cedere.

Avanza lentamente, sensuale, ancheggiando sui tacchi. Giunge a pochi centimetri da me e, inclinando la testa verso il basso e verso destra, stringendo un po' le braccia al busto per concentrare maggiormente il seno prosperoso, che così sembra ancora più morbido e invitante, con voce quasi timorosa parla:

“Mi chiedevo se non fossi interessato a…”.

Le palpebre si muovono lente e ammalianti.

“…a…?”, emetto suono quasi senza accorgermene, incuriosito e rapito.

Stupido!

Immediatamente mi rendo conto di aver sbagliato alla grande. Devo stare in guardia, mi ripeto mentre si avvicina ancora di più e pone le sue braccia attorno al mio collo, abbracciandomi delicatamente ma senza trarmi a sé. Mi chiedo se anche per Ulisse è stato così quando ha avuto a che fare con le sirene; cioè, quello che voglio dire, mi domando se pure la sua mente sia stata sovrastata dal fascino sensuale e dalla bellezza che quelle creature mitologiche possedevano.

Per un attimo un dolore rapido e acuto mi distrae. E' come se qualcosa mi avesse punto al collo ma, non appena cerco di alzare la destra per controllare, la ragazza mi blocca e, scivolando con la sinistra sul mio braccio, mi impedisce di tastarmi. Anzi, tenendomi delicatamente per il polso appoggia la mia mano sul suo seno morbido. Quindi più su fino alle sue labbra carnose: con lenti e ben calcolati movimenti della lingua mi lecca le dita.

Dall'espressione sul suo volto sembra quasi che goda, come se le piacesse quello che sta facendo. A me sicuramente piace…ma so che è tutta una tattica, un modo per distrarmi. La ragione giunge a mettermi in guardia: non è normale. Il comportamento della ragazza – nonché l'abbigliamento, ovvio – non è affatto normale!

Indietreggio confuso.

“Perché indietreggi?”

Non rispondo, mi limito ad osservarla.

“Non ti piaccio forse?”

Sembra ferita, delusa dal mio comportamento.

“Non è questo…è che…sono confuso. Non capisco…”

“…non c'è niente da capire…”

Ma che sta dicendo?

Scuoto la testa. Per un attimo ho come avuto l'impressione che mi si annebbiasse la vista ma ora sembra tutto a posto nel reparto “cervello - nervo ottico - occhio” della mia scatola cranica.

Vabbè, se proprio non mi vuoi vicina posso parlarti anche da qui…

O-ok…”, la fisso e successivamente sposto lo sguardo al foglio e alla penna che regge in mano.

Non ricordavo le avesse anche prima.

“Beh, è molto semplice. Io mi chiamo Giada e lavoro per la Piccioni Communications”.

Piccioni….dove ho già sentito questo nome?

Me lo chiedo mentre la promoter prosegue illustrandomi la vantaggiosissima offerta di cui, solo per oggi, posso approfittare.

Sarà per la vista del corpo quasi nudo della ragazza, per quelle sue forme sobbalzanti, per le gambe ben tornite e sode, ma mi sento avvampare. Mi tolgo il giubbotto: ho caldo.

Sul suo volto un sorriso per un attimo interrompe la descrizione dell'offerta di connettività a cui sta cercando di convertirmi: telefonia, internet, poste…tutto senza limiti!

Lei continua a parlare ma a me tutto questa offerta non la scorgo. Anzi, ora come ora proprio non mi interessa.

Mi sento avvampare, mi sento debole…

Dura solo un istante ma ad un tratto vedo solo puntini bianchi nel buio dell'oblio; quindi la vista torna perfetta.

“Tutto bene?”

“S…si…”

“Sicuro?”

“Più o meno…”

Nuovamente mi si avvicina. Sembra seria ora.

“Ti vedo molto pallido sai. Se vuoi posso farti sedere un attimo allo stand…

Soppeso l'idea. Forse sedermi non è una cattiva idea.

Strusciandosi addosso mi guida verso lo stand della Piccioni: un tavolino con sopra dei contratti pre-compilati, manifesti, depliant e brochures. Ci sono anche due uomini vestiti in giacca e cravatta con imperscrutabili occhiali neri.

Strano, penso.

La ragazza mi fa accomodare su una delle sedie dello stand, quindi mi osserva dall'alto in basso.

“Allora? Che ne dice dell'offerta che le ho illustrato poco fa?

La testa mi gira sempre più, ricordo a mala pena quello di cui mi ha parlato. Distinguo a fatica le stelline blu che le coprono le areole dei seni.

“…sinceramente non mi interessa…”

In un guizzo di lucidità è tutto quel che riesco a dire. Uno sforzo non da poco, ve l'assicuro.

Non mi sento bene. Affatto. Meglio andarsene…

Tento di alzarmi.

“…non sto bene…scusatemi…preferirei andare a casa…

Una mano si appoggia sulla mia spalla mentre cerco di alzarmi dalla sedia in plastica bianca dello stand.

Osservo prima la mano e poi, risalendo il braccio fino alla spalla, il volto dell'uomo che mi trattiene. Sembra così lontano, come se avesse un arto lungo decine di chilometri. E una testa così piccola, buffa, a forma di clessidra. Sembra Vin Diesel dopo esser stato pressato.

Sorrido di un sorriso idiota.

Una mano delicata mi accarezza e accompagna il movimento della mia testa…o forse è il contrario, la mia testa segue la direzione in cui si muove la mano della promoter. Mi sento così fiacco, sempre più incosciente…svuotato…

“Certo, certo, mica abbiamo intenzione di trattenerti più del dovuto….”

Nuovamente sorrido di un sorriso ebete. Mi sento ubriaco e accaldato. Un rivolo di sudore mi cola dalla tempia destra.

“…ma prima ci terrei ad informarti che ti ho inoculato del veleno in corpo. Capisci?”

Malgrado tutto, il mio cervello ancora connette.

“Si…”, rispondo con un fil di voce. Poi giunge la consapevolezza, le parole della donna assumono significato. La mia espressione, divenuta all'improvviso seria, conferma ciò che ho sussurrato.

“Perfetto!”

Sorride la stronza.

“Ora, le possibilità che hai sono due: o te ne vai per stramazzare al suolo prima di raggiungere l'auto oppure….”

La testa ondeggia, le palpebre si fanno sempre più pesanti. Tutto mi appare sfocato. A fatica, riesco a risollevare la testa, a portarla leggermente indietro e ad aprire bocca.

“Oppure…?”, un sussurro appena esce dalle mie labbra.

Una fialetta con un liquido azzurro ondeggia dinnanzi a me. Ho la vista annebbiata ed il siero sembra una scia di luce che danza da una stella all'altra, dal seno di sinistra a quellao di destra.

La seguo con lo sguardo.

Con un movimento goffo e impreciso allungo la manco: cerco di afferrarla. Ma la ragazza sposta il liquido prezioso prima che io lo raggiunga.

“No no no…”

La guardo senza capire.

“L'antidoto sarà tuo solo se ti abbonerai al nostro servizio per almeno…

Spostando il bel volto da quello dell'energumeno di destra a quello di sinistra, valuta quanti anni di condanna infliggermi.

“Due?”

La corte annuisce.

“Due anni di abbonamento”.

Non capisco più nulla, ondeggio tra la rabbia e l'incredulità. Mi sento confuso, leggero, sfinito…

Li sento mentre mi mettono in mano la penna.

“Coraggio, basta una firma…”

Non sono padrone di me stesso. Appongo la firma sul foglio e poi crollo in avanti, con la bava alla bocca.

Cala il sipario.

 

Quando mi risveglio sono sul divano di casa mia con un forte cerchio alla testa. Mi alzo a fatica, spaesato e confuso. Ciondolo fino alla cucina, poco distante. Bevo. Ho la gola secca e un cerchio alla testa.

Mi massaggio la tempia, quindi torno verso il soggiorno, verso al luogo in cui sono rinvenuto. Una rapida occhiata al display sul lettore dvd situato sotto al televisore mi fa capire che sono quasi le venti e quindici.

Alcuni fogli sul tavolo attirano la mia attenzione.

E' un contratto di due anni stipulato con la Piccioni Communications.

Maledetti bastardi!

Lo stringo forte tra le mani deciso a strapparlo.

Non può essere valido, non può aver valore!

Ma in quel momento scivola a terra una foto: sono io mentre palpo una tetta a quella baldracca del centro commerciale.

Impallidisco.

Sul retro della foto c'è una scritta: “Ricordatene nel caso volessi disdire anticipatamente o protestare contro i nostri modi. Nessuno vuole che si arrivi ad un processo per molestie sessuali…

Bastardi!!!!

Urlo in preda alla rabbia e scaravento a terra giornali e suppellettili.

Mi hanno fregato! Dannati figli di puttana!!

Driiin!

Il telefono che squilla disturba la mia più che sacrosante reazione irosa.

Driiin!

Respiro a pieni polmoni cercando di calmarmi.

Driiin!

Avanzo sino al telefono.

“Pronto!”

Rispondo bruscamente, con un tono ancora caldo per le emozioni provate.

“Signor Colombi…”

Questa voce la conosco. Temporeggio per un istante e poi chiedo conferma ai miei sospetti:

“Giulio?”

“Mi fa piacere sentire che si ricorda di me…

“Le ho già detto che non mi int…”

“Aiuto!! Aiutami ti prego amore!!

D'improvviso mi si gela il sangue nelle vene. Riconosco quella voce, non potrei confonderla con quella di nessun'altra.

Taccio.

“Bene…”, è nuovamente Giulio a parlare ora, “…ora credo mi presterà tutta la dovuta attenzione…”.

“Se osate torcere anche un solo capello a Silvia…”, parlo mentre la rabbia comincia a salire.

“Questo non avverrà, stia tranquillo. A patto, ovviamente, che lei si abboni al nostro settimanale per almeno … quanto facciamo?

Attimi di attesa mentre in sottofondo la mia ragazza singhiozza impaurita. Li sento, Giulio e altre persone che si confrontano, indecisi sul numero di anni e di abbonamenti a cui condannarmi.

Maledetti bastardi, penso.

“Ci dica signor Colombi, quanto ci tiene alla sua fidanzata? Quanti anni di abbonamento vale la sua vita per lei?

 

 

 

 
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