Promoter(ror)
di Leonardo
Colombi
Sono le otto del mattino e me ne sto in bagno. Come al solito dopo la
colazione, prima di uscire per recarmi al lavoro, urge la necessità di
liberarmi dal peso in eccesso che serbo dentro di me, frutto di ore e ore di
straordinari processi chimici avvenuti all'interno dei miei organi.
Ho ancora sonno e la voglia di recarmi al lavoro è ai minimi storici.
Mentre espleto i miei impegni fisiologici penso e considero le attività
che mi si prospettano quest'oggi. Per lo meno quelle che prevedo di dover
completare.
All'improvviso il telefono squilla: fastidiosamente fa sentire la sua
voce, una volta, due, tre, fino a dieci.
Poi il silenzio. Quindi riprende: cerco di mettermi fretta e di
completare rapidamente il ciclo di scarico quando lo sento tacere ancora.
Squilla ancora e poco dopo tace per altre due volte, perfettamente
sincronizzato con le mie fuoriuscite.
Per forza di cose non mi riesce di rispondere.
Mi domando solo chi si metta a disturbare alle otto di mattina…
Forse è successo qualcosa, forse è qualcuno che ha bisogno di me.
Mi pulisco, mi rivesto e nel frattempo il telefono riprende a far
sentire la propria voce squillante.
Tiro l'acqua: verificherò più tardo che non siano rimaste tracce di
quello che un tempo era stato cibo da me ingurgitato. Altri squilli mentre mi
sciacquo le mani e mi precipito fuori dal bagno. Mi preoccuperò poi di
spruzzare un po' di deodorante salvifico.
L'apparecchio telefonico situato sul mobiletto in legno chiaro del
corridoio è ancora bello vispo e, all'ennesimo squillo,
mi riesce di raggiungerlo e di sollevare la cornetta.
“Pronto…”, rispondo.
“Signor Colombi?”
“Si…”
“Bene!”
“Lei chi è scusi?”
“Mi chiamo Giulio e lavoro per la Piccioni Edizioni. La chiamo per chiederle
se è interessato ad una nostra vantaggiosissima offerta per..”
“Intende propormi qualche abbonamento?”, lo anticipo.
“Esatto. Se le interessa abbiamo periodici di informazioni, cataloghi, pornaz..”
“Mi spiace, non sono interessato, arrivederci”.
Fine delle trasmissioni per quel che mi riguarda.
Il tizio sta ancora blaterando qualcosa in merito a possibili e
ragionevoli motivi per cui varrebbe la pena star a sentirlo quando riaggancio
la cornetta. Non mi interessa nulla di ciò che ha da dirmi. Anzi, venir
importunato per simili questioni mi mal dispone a
qualsiasi trattativa.
Termino di prepararmi, concludo ciò che è rimasto in sospeso e quindi
parto per il lavoro.
E' sera quando esco dall'azienda.
Prima di tornarmene a casa mi reco al centro commerciale: giusto un
giretto a negozi cercando di trovare qualche idea utile alla causa di san
Valentino. Silvia mi ha detto che non vuole nulla, ma conosco un poco il
linguaggio delle donne per decifrare il messaggio. Per cui eccomi a zonzo in
questi luoghi di perdizione finanziaria. Ho ancora pochi giorni a disposizione
e i prezzi già stanno cominciando a raddoppiare. Per di più non sono mai stato
bravo nello scegliere i regali e quindi preferisco prendermi un po' per tempo,
girovagare come un randagio affamato e curioso per poi tornare in un secondo
momento a compiere l'acquisto.
I centri commerciali sono luoghi adatti alla causa, alla mia causa. In
fondo, la concentrazione di negozi ed esercizi commerciali mi facilita nella
ricerca.
Certo, non è comunque semplice: sono molti i rischi in agguato.
L'avidità dei negozianti, il rischio infarto nello scorgere la
targhetta col prezzo di certi articoli, la calca di gente che ad ogni ora
bazzica il centro…e poi loro, le procaci promoter.
Come sirene ammaliatrici mettono alla prova la solidità della volontà
umana. Maschile soprattutto. In agguato attendono il momento propizio e quindi
attaccano.
Alla mia destra scorgo una coppia di anziani signori accerchiati da
promoter di una nota compagnia telefonica. Una delle ragazze sorride verso di
loro mentre regge una magnum nera ad altezza petto: o
l'abbonamento o la vita.
Poco più avanti altre due avvenenti e
graziose promoter hanno
appena attaccato bottone con un simpatico trentenne. Come un insetto voglioso è
caduto nella loro tela e sicuramente non riuscirà ad abbandonare il loro gazebo
senza aver firmato per una fornitura a vita di trapunte. Lo conferma il taser che una terza promoter ha appena attivato in attesa
di scoprire le intenzioni del cliente.
Non si può mai abbassare la guardia: queste ragazze sono disposte a
tutto pur di vendere.
Si tratta solo del loro lavoro.
Malgrado tutto, io avanzo nel lungo corridoio che propone, ai lati,
vetrine colorate e offerte su offerte di abiti, profumi, borse, orologi, tett…
“Ciao!”
La promoter mi compare dinnanzi in tutto il suo divino splendore: è una
ragazza avvenente, slanciata, dal sorriso magnetico. Attorno agli occhi il
trucco sfuma nel blu e ne evidenzia la carica seducente dello sguardo. I denti,
bianchissimi, rilucono come gemme e ben contrastano con la pelle abbronzata e
la chioma scura di capelli appena mossi.
Da bravo maschietto, non è proprio a tutto questo che presto
attenzione. Lo ammetto, rimango estasiato dalla visione del suo corpo seminudo.
Se non fosse per gli slip, le scarpe, i guanti che le ricoprono mani e
avambracci, e i copri capezzoli a forma di stella blu
la giovane donna sarebbe praticamente nuda.
“C-ciao…”, balbetto io, leggermente confuso.
Cerco di fare appello a tutta la mia razionalità: non posso cedere.
Avanza lentamente, sensuale, ancheggiando sui tacchi. Giunge a pochi
centimetri da me e, inclinando la testa verso il basso e verso destra,
stringendo un po' le braccia al busto per concentrare maggiormente il seno
prosperoso, che così sembra ancora più morbido e invitante, con voce quasi
timorosa parla:
“Mi chiedevo se non fossi interessato a…”.
Le palpebre si muovono lente e ammalianti.
“…a…?”, emetto suono quasi senza accorgermene, incuriosito e rapito.
Stupido!
Immediatamente mi rendo conto di aver sbagliato alla grande. Devo stare
in guardia, mi ripeto mentre si avvicina ancora di più e pone le sue braccia
attorno al mio collo, abbracciandomi delicatamente ma senza trarmi a sé. Mi
chiedo se anche per Ulisse è stato così quando ha avuto a che fare con le
sirene; cioè, quello che voglio dire, mi domando se pure la sua mente sia stata
sovrastata dal fascino sensuale e dalla bellezza che quelle creature
mitologiche possedevano.
Per un attimo un dolore rapido e acuto mi distrae. E' come se qualcosa
mi avesse punto al collo ma, non appena cerco di alzare la destra per
controllare, la ragazza mi blocca e, scivolando con la sinistra sul mio
braccio, mi impedisce di tastarmi. Anzi, tenendomi delicatamente per il polso
appoggia la mia mano sul suo seno morbido. Quindi più su fino alle sue labbra
carnose: con lenti e ben calcolati movimenti della lingua mi lecca le dita.
Dall'espressione sul suo volto sembra quasi che goda, come se le
piacesse quello che sta facendo. A me sicuramente piace…ma so che è tutta una
tattica, un modo per distrarmi. La ragione giunge a mettermi in guardia: non è
normale. Il comportamento della ragazza – nonché l'abbigliamento, ovvio – non è
affatto normale!
Indietreggio confuso.
“Perché indietreggi?”
Non rispondo, mi limito ad osservarla.
“Non ti piaccio forse?”
Sembra ferita, delusa dal mio comportamento.
“Non è questo…è che…sono confuso. Non capisco…”
“…non c'è niente da capire…”
Ma che sta dicendo?
Scuoto la testa. Per un attimo ho come avuto l'impressione che mi si
annebbiasse la vista ma ora sembra tutto a posto nel reparto “cervello - nervo
ottico - occhio” della mia scatola cranica.
“Vabbè, se proprio non mi vuoi vicina posso
parlarti anche da qui…”
“O-ok…”, la fisso e successivamente sposto lo
sguardo al foglio e alla penna che regge in mano.
Non ricordavo le avesse anche prima.
“Beh, è molto semplice. Io mi chiamo Giada e lavoro
per la Piccioni Communications”.
Piccioni….dove ho già sentito
questo nome?
Me lo chiedo mentre la promoter prosegue illustrandomi la
vantaggiosissima offerta di cui, solo per oggi, posso approfittare.
Sarà per la vista del corpo quasi nudo della ragazza, per quelle sue
forme sobbalzanti, per le gambe ben tornite e sode, ma mi sento avvampare. Mi
tolgo il giubbotto: ho caldo.
Sul suo volto un sorriso per un attimo interrompe la descrizione
dell'offerta di connettività a cui sta cercando di convertirmi: telefonia,
internet, poste…tutto senza limiti!
Lei continua a parlare ma a me tutto questa offerta non la scorgo.
Anzi, ora come ora proprio non mi interessa.
Mi sento avvampare, mi sento debole…
Dura solo un istante ma ad un tratto vedo solo puntini bianchi nel buio
dell'oblio; quindi la vista torna perfetta.
“Tutto bene?”
“S…si…”
“Sicuro?”
“Più o meno…”
Nuovamente mi si avvicina. Sembra seria ora.
“Ti vedo molto pallido sai. Se vuoi posso
farti sedere un attimo allo stand…”
Soppeso l'idea. Forse sedermi non è una cattiva idea.
Strusciandosi addosso mi guida verso lo stand della Piccioni: un
tavolino con sopra dei contratti pre-compilati, manifesti, depliant e brochures. Ci sono anche due uomini vestiti in giacca e
cravatta con imperscrutabili occhiali neri.
Strano, penso.
La ragazza mi fa accomodare su una delle sedie dello stand, quindi mi
osserva dall'alto in basso.
“Allora? Che ne dice dell'offerta che le ho illustrato poco fa?”
La testa mi gira sempre più, ricordo a mala pena quello di cui mi ha
parlato. Distinguo a fatica le stelline blu che le coprono le areole dei seni.
“…sinceramente non mi interessa…”
In un guizzo di lucidità è tutto quel che riesco a dire. Uno sforzo non
da poco, ve l'assicuro.
Non mi sento bene. Affatto.
Meglio andarsene…
Tento di alzarmi.
“…non sto bene…scusatemi…preferirei andare a casa…”
Una mano si appoggia sulla mia spalla mentre cerco di alzarmi dalla
sedia in plastica bianca dello stand.
Osservo prima la mano e poi, risalendo il braccio fino alla spalla, il
volto dell'uomo che mi trattiene. Sembra così lontano, come se avesse un arto
lungo decine di chilometri. E una testa così piccola, buffa, a forma di
clessidra. Sembra Vin Diesel dopo esser stato pressato.
Sorrido di un sorriso idiota.
Una mano delicata mi accarezza e accompagna il movimento della mia
testa…o forse è il contrario, la mia testa segue la direzione in cui si muove
la mano della promoter. Mi sento così fiacco, sempre più incosciente…svuotato…
“Certo, certo, mica abbiamo intenzione di trattenerti più del dovuto….”
Nuovamente sorrido di un sorriso ebete. Mi sento ubriaco e accaldato.
Un rivolo di sudore mi cola dalla tempia destra.
“…ma prima ci terrei ad informarti che ti ho inoculato del veleno in
corpo. Capisci?”
Malgrado tutto, il mio cervello ancora connette.
“Si…”, rispondo con un fil di voce. Poi giunge la consapevolezza, le
parole della donna assumono significato. La mia espressione, divenuta
all'improvviso seria, conferma ciò che ho sussurrato.
“Perfetto!”
Sorride la stronza.
“Ora, le possibilità che hai sono due: o te ne vai per stramazzare al
suolo prima di raggiungere l'auto oppure….”
La testa ondeggia, le palpebre si fanno sempre più pesanti. Tutto mi
appare sfocato. A fatica, riesco a risollevare la testa, a portarla leggermente
indietro e ad aprire bocca.
“Oppure…?”, un sussurro appena esce dalle mie labbra.
Una fialetta con un liquido azzurro ondeggia dinnanzi a me. Ho la vista
annebbiata ed il siero sembra una scia di luce che danza da una stella
all'altra, dal seno di sinistra a quellao di destra.
La seguo con lo sguardo.
Con un movimento goffo e impreciso allungo la manco: cerco di afferrarla.
Ma la ragazza sposta il liquido prezioso prima che io lo raggiunga.
“No no no…”
La guardo senza capire.
“L'antidoto sarà tuo solo se ti abbonerai al nostro servizio per
almeno…”
Spostando il bel volto da quello dell'energumeno di destra a quello di
sinistra, valuta quanti anni di condanna infliggermi.
“Due?”
La corte annuisce.
“Due anni di abbonamento”.
Non capisco più nulla, ondeggio tra la rabbia e l'incredulità. Mi sento
confuso, leggero, sfinito…
Li sento mentre mi mettono in mano la penna.
“Coraggio, basta una firma…”
Non sono padrone di me stesso. Appongo la firma sul foglio e poi crollo
in avanti, con la bava alla bocca.
Cala il sipario.
Quando mi risveglio sono sul divano di casa mia con un forte cerchio
alla testa. Mi alzo a fatica, spaesato e confuso. Ciondolo fino alla cucina,
poco distante. Bevo. Ho la gola secca e un cerchio alla testa.
Mi massaggio la tempia, quindi torno verso il soggiorno, verso al luogo
in cui sono rinvenuto. Una rapida occhiata al display sul lettore dvd situato
sotto al televisore mi fa capire che sono quasi le venti e quindici.
Alcuni fogli sul tavolo attirano la mia attenzione.
E' un contratto di due anni stipulato con la Piccioni Communications.
Maledetti bastardi!
Lo stringo forte tra le mani deciso a strapparlo.
Non può essere valido, non può
aver valore!
Ma in quel momento scivola a terra una foto: sono io mentre palpo una
tetta a quella baldracca del centro commerciale.
Impallidisco.
Sul retro della foto c'è una scritta:
“Ricordatene nel caso volessi disdire anticipatamente o protestare contro i
nostri modi. Nessuno vuole
che si arrivi ad un processo per molestie sessuali…”
Bastardi!!!!
Urlo in preda alla rabbia e scaravento a terra giornali e
suppellettili.
Mi hanno fregato! Dannati figli
di puttana!!
Driiin!
Il telefono che squilla disturba la mia più che sacrosante
reazione irosa.
Driiin!
Respiro a pieni polmoni cercando di calmarmi.
Driiin!
Avanzo sino al telefono.
“Pronto!”
Rispondo bruscamente, con un tono ancora caldo per le emozioni provate.
“Signor Colombi…”
Questa voce la conosco. Temporeggio per un istante e poi chiedo
conferma ai miei sospetti:
“Giulio?”
“Mi fa piacere sentire che si ricorda di me…”
“Le ho già detto che non mi int…”
“Aiuto!! Aiutami ti prego amore!!”
D'improvviso mi si gela il sangue nelle vene. Riconosco quella voce,
non potrei confonderla con quella di nessun'altra.
Taccio.
“Bene…”, è nuovamente Giulio a parlare ora, “…ora credo mi presterà
tutta la dovuta attenzione…”.
“Se osate torcere anche un solo capello a Silvia…”, parlo mentre la
rabbia comincia a salire.
“Questo non avverrà, stia tranquillo. A patto,
ovviamente, che lei si abboni al nostro settimanale per almeno … quanto
facciamo?”
Attimi di attesa mentre in sottofondo la mia ragazza singhiozza
impaurita. Li sento, Giulio e altre persone che si confrontano, indecisi sul
numero di anni e di abbonamenti a cui condannarmi.
Maledetti bastardi, penso.
“Ci dica signor Colombi, quanto ci tiene
alla sua fidanzata? Quanti
anni di abbonamento vale la sua vita per lei?”