Cinzia Pierangelini
Come un giardino
“Il
cervello è come un giardino, con tante aiuole dove i fiori più diversi
aspettano di sbocciare. Ogni aiuola deve essere ben curata, affinché dia i suoi
frutti. Voi avete il dovere di coltivare il vostro giardino e di lavorare,come
il buon contadino, proprio lì dove la terra vi pare meno fertile. Avete capito,
ragazzi?”
“Si,
signora maestra.”
“Cosa
è il cervello?”
“Un
giardino.”
“Bene,
tutti insieme: il cervello è un giardino…”
“Il
cervello è un giardino.”
“E
bisogna…Cannistrà? Ma che sta facendo?”
“Dorme,
maestra.”
“Dorme?
Di nuovo? Insolente, stavolta vedrà!”
“No,
è un giardino! E' un…”
La
classe ride, mentre Attilio biascica la risposta, stralunato.
“Il
tuo cervello no, Cannistrà! E' un mucchio d'erbacce,
che neanche il buon Dio potrebbe coltivare. Fila in presidenza, avanti!”
“Cannistrà Attilio…” il preside pare immerso nei suoi
pensieri, mentre lo osserva.“Le lezioni ti annoiano? Ti addormentano?Non è la
prima volta che sento questa storia! Una settimana di sospensione ti sveglierà
di certo. Una settimana intanto, e poi vedremo. In una vera Scuola Italiana non
c'è posto per i pigri! E' chiaro il concetto?”
“Si,
signore.”
“E
non piangere!Torna in classe, passerai il resto della mattina dietro la lavagna. Sono sicuro
che così non ti addormenterai!”
-Il cervello è un giardino; ma il tuo
è un cumulo d'erbacce…erbacce…- è come una cantilena, ossessionante;
sale dal profondo di Attilio.
“Attilio?”
“Si?”
“Che
fai di nuovo a letto? Non starai mica dormendo?”
“N…no
mamma.”
“Raccontami
questa storia della sospensione, che hai fatto?”
“Mi
sono addormentato.”
“Ma
allora è vero?!Come mai?”
“Non
so, non me ne sono accorto.”
“La
maestra è furibonda, dice che è già successo; perché non mi hai detto nulla?
Cosa ti senti? Stai male? Non darmi altri pensieri, ti prego, mi bastano quelli
che ho”
“Sto
bene, non preoccuparti, mamma; non succederà più.”
-Un giardino…ma non il tuo. Tu sei un
cumulo d'erbacce! Attilio gramigna, Attilio dormi in piedi, Attilio senza
papà…-
Le
voci dei compagni, della maestra, del preside gli risuonano nella testa.
E
quella voce, dentro; la voce di Attilio, ma di un altro Attilio, che se la
ride, schernendolo. Voci che si rincorrono, senza un attimo di tregua, di
silenzio.
-E' tua la colpa, se papà se n'è andato!-
“Zitto! Zitto!” Attilio grida quasi, tappandosi le orecchie.
“Con
chi parli, tesoro?”
“Con
nessuno, mamma. Sto giocando.”
“Dovresti
studiare invece! Non ci manca altro che ti respingano agli esami.”
“Si,
ora studio.”
-Che studi a fare, erbaccia? Non farai mai
nulla di buono. Sei un bambino cattivo e senza papà, Attilio senza papà,
Attilio…-
Non
ha faccia Attilio, quello di dentro; ha solo una voce, simile a quella di
Attilio di fuori. E non si stanca mai, ha sempre un'opinione su tutto ed è
intransigente, crudele. Si diverte a tormentare il bambino: lo insulta, lo
ridicolizza, lo accusa. Proprio ora che papà se n'è andato; ora che è nata la
sorellina: -Una scimmiotta tutta grinze,
con certi piedi lunghi da fare schifo; e poi lagnosa, puzzolente.- No, no!
Questo è Attilio di dentro che parla! Attilio di fuori ama la sorella, la porta
in giro in carrozzina, quando mamma piange. Piange tutte le sere mamma,
soffocando i singhiozzi nel cuscino, perché papà l'ha lasciata; non deve
saperlo nessuno però: è una vergogna!
Ma
Attilio lo sa; e anche Attilio di dentro purtroppo. -Colpa tua! Tua e di quella scimmia raggrinzita! Avete fatto scappare papà.-
E'
talmente faticoso… Attilio è stanco. Ci prova e riprova, ma non può tener testa
a questo chiacchiericcio feroce, in fondo ha solo dieci anni.
L'Attilio
di dentro invece sembra più grande, inventa cattiverie degne del diavolo;
ribatte e discute senza sosta, finché ha la meglio.
A
volte il bambino si è chiesto di chi potesse essere la voce che gli parlava
dentro: ha pensato che fosse sua, per la
somiglianza del timbro e per una certa familiarità; ha anche creduto fosse quella dell'angelo
custode per un po'…Ma ora sa! E' la voce di un nemico; che lo odia e odia anche
la sua sorellina. E non tace mai, mai. Neanche quando Attilio gioca, o mangia,
o dice forte le preghiere della sera per non sentire mamma che singhiozza.
Non
tace mai, finché Attilio non si addormenta, stremato.
Si
assopisce di continuo ormai: è stanco, ha paura della voce, ha paura di aver
paura. Non sa più quali siano i suoi pensieri e quali quelli dell'altro; tutti
i pensieri gli sembrano corrotti.
Ieri,
gli è capitato di supporre che forse papà se n'è andato davvero per colpa sua;
sua, e di quella grinzosa dai piedi troppo lunghi!
La
mamma piangeva; come sempre, ormai. Così Attilio, di nascosto, ha preso la
sorellina ed è uscito.
C'è
silenzio adesso, e un immenso parco con le aiuole fiorite. I contadini
concimano, annaffiano, vangano e seminano, in un febbrile allegro andirivieni.
Il cervello è come un giardino…
(da Dall'ultimo leggio – Traccediverse, 2005)