CRISTALLI
di Annamaria Trevale
Se li
ricordava da sempre, allineati in bell'ordine sui ripiani del mobile di legno
scuro e massiccio che troneggiava nella stanza di soggiorno della casa dei
nonni, protetti dalla polvere dalle antine di vetro
che erano finemente decorate lungo i margini, ma per il resto abbastanza
trasparenti per lasciarli ammirare in tutto il loro
splendore.
Erano
tanti, tantissimi ai suoi occhi di bambina tutti quei calici e quelle coppe di
misure differenti che formavano un servizio sterminato, di cristallo purissimo,
capace di emanare riflessi sfolgoranti in certi momenti della giornata in cui
la luce solare arrivava a lambirli.
Eppure,
nemmeno ora che era cresciuta e aveva la possibilità di prenderli in mano, cosa
un tempo rigorosamente proibita, ed ammirarli in tutta
la loro bellezza, poteva riandare col pensiero ad una sola occasione in cui la
nonna avesse apparecchiato la tavola utilizzando almeno qualcuno di quei
preziosi calici, che pure le aveva visto lavare, lucidare e spolverare periodicamente
con puntigliosa attenzione.
D'accordo,
la nonna era ormai anziana, non aveva più l'età per invitare ospiti, ed era
consuetudine che tutte le principali ricorrenze fossero celebrate nelle case
dei figli da tempo sposati, dov'erano le donne della generazione successiva ad
affaccendarsi ai fornelli, ma non era un vero peccato lasciare quello splendido
servizio di cristalleria così tristemente inutilizzato?
Interrogata
a questo proposito, la nonna sorrideva paziente.
“Sai chi
ebbe per prima questi bicchieri?”
“Sì
naturalmente, me lo hai raccontato quand'ero piccola: la tua nonna materna.”
“Giusto,
che sarebbe la tua trisnonna. Sono dunque molto antichi, ed è una fortuna che
siano arrivati sani e salvi fino ad oggi, con tutti i traslochi, gli
spostamenti delle famiglie…persino le guerre, con i bombardamenti! Riesci ad
immaginare quante persone hanno bevuto da questi bicchieri?”
“Tu però
non li usi da decenni…”
“Ora, ma
una volta non mancavano mai nelle grandi occasioni. Ricordati sempre una cosa
importante: con questi calici abbiamo brindato il giorno del mio matrimonio.”
Di quella
cerimonia si conservavano soltanto poche immagini sciupate, come il ritratto
ufficiale degli sposi vestiti a festa: tuttavia, guardando l'imponente servizio
di cristallo, diventava più facile immaginare gli uomini delle generazioni
precedenti, che si erano preoccupati di stappare bottiglie di buon vino o di
allegro spumante per versarlo nei calici da far tintinnare nei brindisi, e non
solo per le nozze dei nonni, ma per chissà quanti altri fidanzamenti,
matrimoni, battesimi…
“Ma
perché non possiamo usarli ancora?”
“Eh,
prima o poi qualcuno lo farà, io ormai sono troppo vecchia.”
Il tempo,
effettivamente, passava, perché ora lei, la prima nipote e probamente anche la
prediletta, stava per sposarsi, e la nonna, per quanto avanti negli anni,
avrebbe orgogliosamente presenziato alla cerimonia.
Due
giorni prima del matrimonio la nonna le telefonò:
“Puoi farti trovare nella tua nuova casa, oggi pomeriggio?
Devo
farti recapitare il mio regalo di nozze ed è meglio che arrivi direttamente a
destinazione, senza altri passaggi.”
Erano due
grandi, anonimi scatoloni.
All'interno,
decine di pacchetti di carta bianca accuratamente sigillati che dovevano aver
richiesto un tempo infinito per la loro confezione, di cui indovinò
immediatamente il contenuto, prima ancora di scartarne uno, e di stringere fra
le mani che le tremavano leggermente per l'emozione, un fragile calice dai mille riflessi
iridescenti.
Il primo
Natale dopo il matrimonio fu lei a invitare la nonna, i genitori e i due
fratelli nella casa nuova, dove sulla tavola imbandita il servizio di bicchieri
di famiglia splendeva in tutta la sua bellezza.
Mani
alzarono le bottiglie e versarono i vini bianchi e rossi in armonia con le
portate, mani portarono i calici alle labbra per sorseggiarne con piacere il
contenuto, mani alzarono le coppe colme di spumante per i brindisi augurali.
Seduta a
capotavola, la nonna sorrideva e ricordava.