I racconti di
Versailles
di Bruna Alasia
SON REGINA E SONO AMANTE
Racconto diciottesimo
Notte fonda del 19 dicembre 1778.
Quando il dottor Vermond, ostetrico e fratello
dell'abate precettore di Maria Antonietta, fu buttato giù dal letto perché
erano iniziate le doglie, implorò Dio che il nascituro fosse maschio, per
essere graziato in quel caso di una pensione di quarantamila luigi, contro diecimila se
femmina. Il vecchio praticone per raggiungere la regina trottava dietro la
principessa di Lamballe, mentre per incanto le stanze si
illuminavano e i cortigiani affluivano seguendolo con candele in mano.
Sulla
soglia della camera regale Madame de Lamballe
incrociò i paggi:
-
Correte a Saint Cloud,
avvisate il duca d'Orleans, la duchessa di Borbone, la principessa di Conti.
Andate a Parigi dal duca di Chartres…
La fida
madame Campan, prima cameriera di sua maestà, si fece
più vicino:
-
Pensate che verrà?
Non
correva infatti buon sangue tra il duca di Chartres,
alias Filippo d'Orleans, e suo cugino Luigi XVI che tempo prima lo aveva
bandito dalla corte per aver abbandonato la campagna contro gli inglesi ed
essere rientrato a farsi acclamare senza motivo.
-
Certo che verrà – ribatté con sussiegosa certezza la
sovrintendente della casa, e scorgendo il principe di Chimay - Avete avvertito il re?
-
Sta arrivando.
In quel
momento, scortato dalle guardie, Luigi XVI entrò nel salone dove, per il caldo
asfissiante, dovette slacciare il solitaire che portava al collo. Guardò sua moglie che, d'obbligo, doveva sgravare in pubblico per certificare
l'autenticità dell'evento: addolorato e impotente ne intuì la pena. Otto ore di
snervante attesa durante le quali la stanza andò stipandosi nel crescendo di un
brusio infernale. A un tratto il dottor Vermond
pronunciò ad alta voce:
-
La regina sta partorendo!
Al
segnale un torrente di curiosi si precipitò senza riguardo su sedie, sgabelli,
poltrone per assistere allo spettacolo. Il tumulto fu tale che il re, vedendo
ondeggiare i paraventi, temette per la vita della consorte:
-
Legate quelle tende o le cadranno in testa!
Mimetizzati
in tricorni bordati d'argento e frac d'occasione, due sfrontati savoiardi
sgattaiolarono sopra
un armadio, dove godettero della visione del letto montato per il parto davanti
al camino. Da lì, tra
effluvi d'aceto e aliti mefitici, seguirono
ogni fase del travaglio: forza! L'ansia aumentava. Finalmente il corpicino
lordo! Slungarono il collo per capire: è un bambino o una bambina? Ma il
neonato era già sparito. Restava il re tremante, emozionato, la principessa di Lamballe che fatto segno alla regina svenne, e fu portata
via.
A un tratto anche Maria Antonietta cadde in
deliquio, diventò cianotica, la bocca si torse.
-
Aria! – protestò Vermond.
Luigi
strappò i sigilli alle finestre.
-
Bisogna salassare il piede! – l'ostetrico chiese
acqua calda, la sola cosa che non arrivò.
-
Pungete il piede a secco! – urlò al chirurgo.
Il medico
punse senza cognizione, sgorgò il sangue: “e adesso?”
si chiese angosciato. Trattennero il fiato finchè Maria Antonietta non
riaprì gli occhi.
-
E' tornata a vivere – annunciò Madame Campan al conte di Esterhazy e al
principe di Poix.
“Dio sia lodato!” sospirò l'ambasciatore Mercy-Argenteau
e colto da nausea si affrettò all'uscita spintonato da quelli che, buttati
fuori dai valletti, cercavano
di rientrare ad ogni costo.
***
Lungo i
viali che convergevano a Piazza d'Armi, la folla era talmente assiepata che non
si poteva camminare: il cancello d'ingresso, sovrastato dalle armi di Francia,
era stato chiuso perché i curiosi non creassero problemi di ordine
pubblico. Popolata abitualmente da cinque seimila abitanti, quel giorno la
reggia ne aveva almeno il doppio, venuti da paesi e città vicine per
festeggiare la nascita del delfino.
Marianne Chevrier, figlia di Caroline l' ambulante,
era arrivata con sua madre, che quella mattina aveva venduto il caffelatte a
sei soldi la tazza perché per l'occasione i prezzi erano triplicati. Guardava il
cortile d'onore in attesa: in piedi dalle quattro, a mezzogiorno si sentiva
stanca. Si voltò per cercare la mamma, non c'era. All'improvviso udì un colpo di cannone.
I presenti si agitarono e presero a contare:
- … quattordici…
quindici… sedici… diciassette… diciotto… diciannove… venti… ventuno…
Poi silenzio.
- Ventuno colpi… allora è una femmina… - disse un uomo che
svettava sopra Marianne.
La
bambina fece capolino tra le gonne.
- Mamma dove sei?
-
L'austriaca non è capace di fare un delfino! –
sghignazzò una pescivendola – Festeggeremo lo stesso?
Sospiri di delusione, attimi di incertezza, sbandamento. Ma le guardie
finalmente aprirono: tutti corsero all'interno dove trovarono grandi tavolate di pane,
insaccati, formaggio, arance, grosse brocche di vino. Si buttarono sul cibo con
le mani, spingendosi. I soldati dovettero separare due contendenti. Marianne riuscì a intrufolarsi e ad afferrare
una salsiccia che lesto qualcuno le strappò.
-
Mamma! – scoppiò a piangere
-
Marianne! -
sua madre, che non l'aveva mai persa di vista, l'afferrò per un braccio –
stupida stammi vicino!
Trasse un
arancio di tasca e glielo diede. Marianne addentò la buccia e la guardò
soddisfatta: un Natale così non l'aveva immaginato.
***
Quando Maria Antonietta conobbe il sesso del
nascituro soffocò singhiozzi di delusione, ma appena la bambina le fu posta tra
le braccia la strinse a sé commossa:
- Non era voi che
volevamo, ma non mi siete meno cara per questo… un figlio è dello stato, voi
sarete solo mia…
La notte
del venticinque dicembre nevicava sugli abeti di Versailles: lei e la minuscola Maria Teresa
Carlotta la trascorsero in pace, riscaldate
dal camino, vegliate da una folla di
dame, dal primo medico Lassonne, dal chirurgo e dal farmacista. Maria Antonietta aveva fatto costruire
poltrone con schienali ribaltabili che si trasformavano in letto, innovazione strepitosa! Il
personale, dormendole accanto, accorreva al minimo sospiro.
Emozionato, orgoglioso della paternità, Luigi
non si crucciò se non era maschio :
- “Piccola madame”… - le sussurrava. Era il nome con il quale la
chiamavano tutti anche per distinguerla dalla regina.
La
neonata, collocata al seno, si attaccò al capezzolo, suo padre fu estasiato.
Maria Antonietta chiese a Luigi
XVI:
-
I messaggeri avranno già informato mia madre?
-
Speriamo… le strade sono bloccate dalla neve… mio cugino, il duca
di Chartres, non ha addobbato il Palais Royal per festeggiare… che
sia una protesta contro di noi?
-
Non badate agli invidiosi! E' pronta la lista delle spose povere per la
dote?
-
Sì, sono un centinaio.
La
piccola smise di succhiare, si addormentò e fu portata via. La regina respirò
sollevata. Un maschio glielo avrebbero tolto per affidarlo alle balie da latte,
ma non una femmina. E questo
era un bene.
***
Qualche giorno dopo, in un momento in cui
riuscì a trovarsi sola con lei, madame Campan si
avvicinò alla regina e guardandosi intorno circospetta disse:
-
Maestà mio suocero vorrebbe essere ricevuto per dirvi
alcune cose importanti.
-
Quali cose?
-
Meglio parlarne con lui.
-
Non ho tempo…
-
Riguarda il vostro anello di nozze…
-
Ma se l'ho perso…
-
Appunto...
La regina
stupì.
-
Venga domani – acconsentì e si avviò verso la
stanza da bagno, entrò nella vasca vestita e si adagiò voluttuosamente godendo
l'acqua calda che le cameriere le versavano addosso.
Il signor
Campan, il giorno seguente, fu ricevuto da solo in
uno studio attiguo. Sua maestà gli sedette di fronte.
-
Cosa avete di importante da dirmi?
Lui pose
sul tavolo un astuccio, l'apri mostrando il contenuto. Maria Antonietta balzò
in piedi:
-
L'anello che mi ha dato mio marito?! Mi stavo lavando le mani, l'avevo poggiato… ed è sparito!
Campan fece un cenno d'assenso, le porse un foglio:
-
Il parroco della Maddalena ha chiesto di
incontrarmi in segreto, quando ci siamo visti me lo ha consegnato con questo
biglietto per voi…
Lei lo prese e lesse
: Ho ricevuto sotto il suggello della
confessione l'anello che restituisco a vostra maestà, che le è stato rubato nel
1771, con l'intenzione di servire a malefici che dovevano impedirle di avere
figli.
- Puah! - inorridì la donna – rubato per farmi un maleficio?! Non posso crederci… non voglio sapere chi è la persona
superstiziosa capace di una cattiveria simile! Preferisco portarmi
il mistero nella tomba…
***
Il 1779
era appena iniziato che la madre di Francia, sdraiata sul sofa,
acconciata da Leonard Antié e da Rose Bertin, ricevette le congratulazioni delle dame: ne avrebbe
fatto a meno perché ancora provata, ma era suo dovere e poi, superato quel parto in piazza, più niente
sembrava faticoso. L'8 febbraio in onore dei sovrani e della figlia fu
celebrata la messa del Te deum nella cattedrale di Notre
Dame: che magnificenza! Alzando gli
occhi ai rosoni la regina, felice, li trovò celestiali e ringraziò Dio. Manciate
di denaro tra la folla e ai crocevia il vino offerto a pioggia.
Però qualche
giorno dopo l'ambasciatore Mercy-Argenteau raggiunse
Maria Antonietta con aria pensierosa:
-
Maestà… qualcosa mi turba…
-
Accomodatevi.
Il tono di
Mercy si abbassò:
-
A Parigi per le celebrazioni mi è sembrato che la
gente non abbia risposto come ci si poteva aspettare… - si schiarì la voce - Certo alcuni hanno
gridato “Viva il re! Viva la regina!”… ma in altri punti c'è stato silenzio: vale
a dire molta
curiosità ma poco calore… le cause saranno magari accidentali ma il caro-vita
ha il suo peso e, sebbene non c'entriate, questo vi rende vulnerabile alle
critiche… l'idea della dissipazione…. – ora il tono era spedito – l'apparenza
di volersi divertire anche in tempo di calamità e di guerra… tutto questo può
alienarvi il favore del popolo e dovete farci attenzione!
Maria
Antonietta si alzò, percorse la stanza sentendo che non era un problema, un po'
perché nessuno immaginava che da lì a dieci anni sarebbe scoppiata la
rivoluzione, poi
perché aveva in mente altro:
-
Gli ultimi giorni di carnevale Parigi non mi vedrà…
certo non fino a rinunciare al ballo all'Opera…
Quello
dell'Opera Royal era un appuntamento fondamentale:
c'era la “crema” di Francia, gli artisti a lei più cari, veniva accolta da diva, come con Axel von Fersen cinque anni prima.
Sembrava un secolo: aveva la sensazione di conoscerlo da sempre, eppure era
straniero.
Quando lo
svedese era divenuto habitué del
gioco domenicale aveva chiesto:
-
So che Gustavo III ha imposto ai suoi ufficiali
un'uniforme straordinaria. Perché non me la mostrate?
Lui si
era presentato con in testa uno svettante shakò
sormontato da un pennacchio azzurro e giallo,
casacca bianca, farsetto azzurro, pantaloni aderenti di morbido
camoscio, stivaletti all'ungherese: “un Dio!”. Guardandola negli occhi aveva
sorriso fiero e Maria
Antonietta era arrossita. Appena ristabilita lo aveva invitato: Mercy non doveva temere, molto meglio le serate tra amici!
Incontrava Fersen insieme a Madame de Polignac, Vaudreuil, Besenval, Coigny che lo avevano
accolto senza riserve. Anzi lo preferivano proprio perché “straniero”, privo cioè di clan e
parenti che potessero attentare alle finanze reali. Per la regina furono tempi felici ma un
giorno Fersen la raggiunse prima del solito.
- A cosa devo…?
- Sono venuto a
salutarvi.
Lo guardò
interrogativo.
- Parto per
imbarcarmi a Le Havre, vado a combattere contro gli
inglesi… poi forse in America…
La
delusione sul suo volto fu inequivocabile, lei stessa stupì di quel dolore non
immaginato. Prendendolo sotto braccio lo
condusse in salotto.
Il 4
luglio 1776 un avvenimento al di là dell'oceano aveva avuto grandi
ripercussioni in Francia: le tredici colonie inglesi dell'America del nord si
erano proclamate indipendenti. In Virginia La
dichiarazione dei diritti dell'uomo aveva sancito il diritto alla vita,
alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, alla resistenza in caso di
oppressione. Luigi XVI, mirando a spezzare l'egemonia dell'Inghilterra sull'oceano
Atlantico, riconobbe gli Stati Uniti e stipulò con loro un trattato
commerciale. Quando Benjamin Franklin si presentò a Versailles senza parrucca e
senza spada i francesi trovarono stimolante il Nuovo Mondo: salotti, circoli
culturali, club, vagheggiarono una società libera, creativa, tollerante e
illuminata. Si formò un partito a favore della guerra. L'America attirava
avventurieri, affaristi e militari in cerca di gloria.
- Perché non me ne
avete parlato? – chiese la regina facendolo accomodare
- Non volevo
dispiacervi…
- Potevo farvi una
raccomandazione…
Raggiunti
gli amici Antonietta visibilmente alterata annunciò:
- Signori il conte Axel Von Fersen ci lascia… va a combattere contro gli
inglesi… a questo eroe voglio fare
omaggio di un'aria celebre dalla “Didone abbandonata”
…
Sedette
al clavicembalo e cantò storpiando le rime italiane del Metastasio:
Son regina e sono amante
e l'impero io sola voglio
del mio soglio e del mio cuor.
Darmi legge invan
pretende
chi l'arbitrio a me contende
della gloria e dell'amor.
Lord Barrington e
l'ambasciatore svedese non sapevano la lingua ma gli occhi lacrimanti di Maria
Antonietta erano talmente incollati al bel conte che i presenti compresero e si
guardarono imbarazzati. Yolande de Polignac, che mai l'aveva vista così, pensò che “anche una
regina se si innamora fa la stupida”. Fersen, desiderando
sprofondare, fissava il pavimento.
***
Un giorno di maggio nell' atelier del ferro,
Luigi XVI limava un paio di chiavi istoriate fischiettando un ritornello che, da quando era
diventato padre, gli tornava in mente e lo galvanizzava. Dalla nascita della
figlia non si era più dedicato a quell' hobby, ma lo aveva ripreso quando Maria Antonietta, ammalatasi
di morbillo dopo la partenza di Fersen, dormiva in
quarantena al Petit Trianon. Finito il lavoro, incurante
del contagio, mal sopportando la separazione, montò a cavallo per raggiungere
la moglie. I cortigiani criticavano la regina perché era circondata da quattro
cavalieri, ma il re notò i giardini, le gallerie di rampicanti, la ristrutturazione dell'architetto
Mique con rinnovato piacere. Lei lo attendeva
affacciata su un cortile interno.
- Sono
contento di vedervi – disse Luigi
- Anch'io… che notizie avete della guerra?
- Con la pace di Tsechen non dovete preoccuparvi più per vostro fratello!
- Ma io
mi riferivo alla guerra contro gli inglesi… se arrivassimo ad una trattativa
sarebbe meglio, magari mediasse mia madre! Tremo per il destino di tanti
giovani…
Il sovrano si meravigliò di quell'insolito interesse per gli affari
internazionali e fu favorevolmente colpito dalla sua partecipazione umana. Aveva
sempre voluto tenerla fuori dalla politica estera: i suoi documenti, sopra il
gabinetto dell'incudine, erano nascosti dove solo lui aveva la chiave, e tra
questi un fascicolo con etichetta scritta di suo pugno Carte segrete della mia famiglia sulla casa d'Austria. Si sentì in
colpa: di Mercy e di Vermond
faceva bene a non fidarsi, ma la madre dei suoi figli era migliore.