L'ARMATURA DEL PITTORE
<<Non mi piace. Lascia
perdere.>> dissi, perplesso.
<<Lascia perdere tu; non ti
costringo ad accompagnarmi.>> ribatté Mathieu.
Parlava senza togliermi le spalle,
affacciato alla finestra, lo sguardo fisso ed ammaliato verso le rovine lontane
della cattedrale gotica di S. Jacques.
Sospirai. Ma non intendevo arrendermi.
<<Non mi sembra una buona idea, Mathieu. Il tramonto è vicino, presto sarà buio. E poi
dimmi, come credi di andarci? Il calesse ce l'hanno
papà e mamma; e non credere che torneranno prima che faccia sera.>>
<<Andrò con questi.>>
spiegò Mathieu, indicandosi i piedi.
Non potei che rimanere allibito.
Sarebbe stato un'assurdità.
<<Ma…>> feci per
protestare, e mio fratello m'interruppe, chiedendomi: <<Dunque, che fai?
Vieni o no?>>
<<Sì.>> sospirai.
<<Bene.> soggiunse Mathieu, dirigendosi verso l'appendiabiti.
Mio fratello desiderava fortemente
recarsi alle rovine della cattedrale di S. Jacques
con la speranza che le maestose architetture di quell'edificio
decaduto potessero infondergli l'ispirazione per il suo nuovo quadro. Mathieu amava dipingere. Tuttavia, ultimamente, dopo un
mese trascorso a letto a causa di una strana febbre, il suo estro creativo
sembrava averlo abbandonato.
La pittura era la sua vita. Non sapeva
farne a meno. I suoi dipinti raffiguravano misteriosi ambienti nei quali erano
inseriti arcani personaggi dai volti ambigui.
C'era sempre un ché di malinconico
nelle sue tele. A me ed a nostra sorella Micaela piacevano molto. Avevo sempre
sperato che un giorno potesse diventare un artista apprezzato su scala
mondiale.
La malattia che aveva costretto mio
fratello a rimanere relegato in casa gli aveva impedito di partecipare al salon d'automne,
una mostra che si teneva ogni anno a Parigi e che raccoglieva le opere di vari
artisti.
Avevamo appreso comunque che tale
mostra era stata chiusa soltanto otto giorni dopo l'apertura.
I motivi mi sfuggono, ma sentii dire
che si trattò di un gran fiasco.
Ciononostante mio fratello non seppe
consolarsene.
<<Marc,
datti una mossa.>> disse Mathieu, indossando la
sua giacca.
<<Arrivo.>> risposi.
Chiusi la finestra, indossai anch'io la
mia giacca e raggiunsi mio fratello, che scalpitava impaziente sulla soglia di
casa.
Vivevamo in una piccola villa non molto
distante da un villaggio; il paesaggio circostante era quello di una vasta
distesa di erte colline ed aspre montagne.
La cattedrale di S. Jacques
era ubicata ai
margini di una valle, su una sporgenza rocciosa che si affacciava sul vuoto di
un baratro buio e senza fine. Mathieu conosceva bene
la strada per arrivarci.
Quel pomeriggio il cielo era del colore
del piombo, una densa e greve cappa che non permetteva ai raggi del sole di
filtrare e lambire la terra. Dunque una di quelle solite, uggiose giornate
autunnali che non presagivano nulla di buono.
<<L'ombrello. L'hai preso
l'ombrello?>> mi domandò Mathieu ad un certo
punto.
<<No.>> risposi,
inespressivo.
Mio fratello sospirò, irritato.
<<Fa nulla… Speriamo che non
piova. Ormai siamo quasi arrivati; tornare a casa sarebbe uno spreco di
tempo.>>
<<Dimentichi che l'idea di uscire
è stata tua. Potevi pensarci tu, all'ombrello.>> ribattei acidamente, la
voce sovrastata dal rombo violento di un tuono.
Io e Mathieu
alzammo lo sguardo verso il cielo.
<<Torniamo a casa.>> azzardai,
fermandomi.
<<Neanche per sogno.>>
<<S non ora, presto o tardi
inizierà a piovere.>>
<<Non m'interessa. Vorrà dire che dormiremo sotto le rovine della
cattedrale.>>
Sgranai gli occhi, basito.
<<Sei appena uscito da una lunga
malattia. Vuoi forse ammalarti di nuovo?>>
Mathieu si fermò di scatto e si girò verso di me. I suoi occhi erano due
schegge di ghiaccio. Uno sguardo, il suo, che non ammetteva indugi.
<<Forza e coraggio.>>
m'invitò a proseguire, accompagnando le parole con un cenno del braccio.
Inarcai un sopracciglio, quindi ripresi
il cammino.
Io e mio fratello avevamo diciannove
anni ed eravamo gemelli. La stessa pelle bianchissima, gli stessi occhi
verdastri, ma non gli stessi capelli. I suoi erano rossi. I
miei biondo cenere.
Il sentiero che stavamo attraversando
era stretto e tortuoso, il terreno scabro e ricoperto da una fitta trama di
radici morte e foglie secche.
Si snodava a ridosso di una ripida
collina. La collina del sangue. Correvano voci terrificanti riguardo
quel posto. Si diceva – e si continua a dire tuttora – che durante il Medioevo,
in cima a quel colle, avessero luogo obbrobriosi e
sanguinari baccanali.
L'area che circondava la cattedrale era
recintata. Un cartello avvisava i passanti di non scavalcare ASSOLUTAMENTE la
staccionata, in quanto la zona era maledetta.
<<E ora?>> chiesi,
augurandomi che mio fratello si lasciasse scoraggiare e gettasse la spugna.
Per tutta risposta, Mathieu
sputò sul cartello, quindi scavalcò il recinto.
Frustrato, lo imitai. Caddi a terra,
scivolando dal legno umido dello steccato.
Persi allora ogni speranza. Mi avvidi
che non ci sarebbe stato nulla da fare per smuovere mio fratello dalle sue
idee. Era un testardo.
Una stradicciola
di mattoni ci condusse dinnanzi all'imponente cattedrale gotica di S. Jacques.
Si trattava di un edificio enorme,
costruito in marmo pregiato, chiarissimo, quasi trasparente. I colori che
predominavano erano il blu, il grigio ed il nero. Una triade inquietante e
malvagia, che raccontava di turpi misfatti e riti oscuri.
Il tetto non esisteva più, o meglio,
non ne restavano che alcune macerie sul pavimento dissestato.
Un lato dell'edificio era rivestito da una folta coltre di piante rampicanti, le quali, attraverso
le vetrate infrante, invadevano anche buona parte dell'interno.
Uno dei battenti dell'alto portale
d'ingresso giaceva a terra, divelto.
Nutrivo l'impressione che là sotto ci fosse qualcuno. Morto schiacciato da chissà quanto tempo,
ormai. Di sicuro non doveva rimanerne molto…
L'altare era collocato su un grosso rialzo
situato al centro di quella che supposi doveva essere
stata la vasca circolare di una strana fontana.
Lungo le pareti s'intercorrevano le
vetrate altissime, bassorilievi incrostati di licheni e nicchie occupate da
statue.
Un barbaglio seguito da un rapido
scatto metallico mi fece sobbalzare.
Mi voltai istintivamente verso mio
fratello.
Era stato lui. O meglio, la sua
macchina fotografica.
<<E quella da dove salta fuori?>> domandai, sconcertato.
<<La tengo sempre nella mia
giacca.>> rispose Mathieu, scattando intanto
una seconda fotografia.
E mentre lui armeggiava con quell'affare, io girovagavo per le navate della cattedrale,
in attesa che mio fratello terminasse.
Tutto era permeato da un'atmosfera
lugubre e dannata.
Qua e là il pavimento era screziato di
orrende macchie scure. Pensai al sangue. Ma non potevo dirlo con certezza.
Nel frattempo un tuono sconquassò il
cielo e la terra.
Il bagliore del fulmine si sovrappose
con il flash della macchina fotografica di Mathieu.
Mi voltai verso di lui e sentii
qualcosa spappolarsi sotto la mia scarpa. Avevo appena calpestato un
fungo. Ce n'erano altri, lì vicino a
me. Disgustosi funghi gocciolanti di filamentosi liquami sanguigni.
<<Marc,
osserva! Vieni a vedere!>> mi chiamò Mathieu,
la voce vibrante di eccitazione.
Lo raggiunsi, chiedendomi cosa avesse
mai scoperto da farlo esclamare in quel modo.
Un'armatura… Una semplice e
stupidissima armatura rifinita di splendidi fregi rugginosi.
Era collocata in una nicchia.
Tenuta eretta probabilmente grazie ad
un sostegno interno, l'armatura era avvolta da un manto di polvere che avrebbe
fatto svenire nostra sorella Micaela, maniaca del pulito.
<<Ho trovato
l'ispirazione!>> esultò Mathieu. E via con
l'ennesima fotografia.
Mio fratello sorrise, accarezzando la
macchina fotografica.
<<Ecco, bene, andiamo!>>
dissi io, nervoso. Fremevo dalla voglia di tagliare la corda.
<<No, aspetta. Ancora una decina
di minuti.>> mi pregò Mathieu.
<<Hai trovato finalmente
l'ispirazione, benissimo, ottimo; però adesso torniamo indietro.>>
<<Ma chissà quali altri segreti cela questa cattedrale!>> protestò mio fratello, con
entusiasmo.
<<Segreti?>> feci io,
aggrottando la fronte.
<<Questo luogo è un forziere
gremito d'ispirazione per me.>>
<<Certo, ma ora sarebbe meglio
fare ritorno a casa. Sarà per la prossima volta.>>
Con non poco stupore vidi mio fratello
essere sul punto di scoppiare in lacrime. Fece per ribattere, ma ci ripensò.
Quindi annuì alle mie parole.
<<Va bene, d'accordo. Torniamo a
casa.>>
Il suo strano, inspiegabile mutamento
non mi convinse. Dapprima credei che mi stesse giocando uno scherzo. Ma mi
sbagliavo.
Lanciai una fugace occhiata a quell'armatura. Dopodiché, insieme a mio fratello,
m'incamminai.
<<Curioso da parte tua.>>
commentai.
<<Cosa?>>
<<Non aver insisitito.>>
<<Non preoccuparti.>> mi disse Mathieu
con un sorriso beffardo sulle labbra, <<Tornerò qui molto presto.>>
Deglutii. Per un istante ebbi paura di qualcosa che non seppi bene
interpretare. Di lui, forse.
<<Fai come vuoi.>>
ribattei, alzando le spalle.
Era mezzanotte passata e con fatica
cercavo di prender sonno.
Non riuscivo a distrarmi dal ripensare
alla giornata appena trascorsa. A quel pomeriggio alla cattedrale di S. Jacques.
Al nostro rientro a casa, né i nostri
genitori né Micaela erano ancora tornati.
Mathieu digiunò, quella sera. Andò a letto senza cena. Disse che
desiderava rimanere solo, di non aver appetito.
Terminato di cenare avrei voluto
parlare con nostra sorella di quel pomeriggio alla cattedrale, ma non ne ebbi
il coraggio.
Ricordai con paura il cartello sul
quale mio fratello aveva sputato. Non era stata proprio una buona idea recarsi
in quel luogo maledetto.
Tre preghiere prima di coricarmi le
coperte mi tranquillizzarono. Tuttavia il loro effetto durò poco.
Riflettevo con angoscia. Se non altro Mathieu aveva trovato l'ispirazione di cui necessitava. Ma
era anche vero che era intenzionato a fare ritorno alla cattedrale.
Il modo in cui l'aveva detto, poi, non
mi era piaciuto affatto. Devo dire che in quegli ultimi giorni mio fratello era cambiato. Si era fatto un tantino incosciente ed
immaturo.
Il medico ci disse che questo suo
mutamento dipendeva dal lungo periodo passato a letto, dalla mancanza di
stimoli e dalla malattia.
<<Presto tornerà come
prima.>> aveva chiarito il dottore,
rassicurandoci.
Presto. Ma in che termini? Quando?
Sentivo il forte bisogno di parlare con
mio fratello.
Dividevamo la stessa stanza. Bastava
che scendessi dal letto.
Da un lato mi dispiaceva svegliarlo:
dormiva così profondamente che pareva quasi non esserci, in camera.
La stanza era totalmente buia, ma ero
in grado di orientarmi.
Mi avvicinai al letto di Mathieu e protesi il braccio verso di lui.
Non c'era.
Sobbalzai.
Come aveva fatto ad uscire senza che io
me ne accorgessi?
Del resto non avevo chiuso occhio.
Dormiva di sasso, quando era entrato in camera.
Tutto ciò era impossibile.
Provai a chiamarlo credendo che mi
stesse giocando uno scherzo. Magari si era nascosto dentro un armadio, o sotto
al letto. Nessuna riposta.
Improvvisamente udii una voce, un
bisbiglio mentale dal quale appresi che mio fratello si trovava alla cattedrale
di S. Jacques.
Raggiunsi la finestra e l'aprii,
affinché entrasse un po' di luce.
Il cielo si era schiarito ed ora brillavano
le stelle. Stelle inquietanti, astri spettrali, diversi dal solito.
Accesi una candela, quindi mi vestii
alla svelta.
Dopodiché uscii dalla mia stanza con
cautela, attento a non produrre alcun rumore.
In salone, all'interno di un cassetto
di un imponente mobile adiacente alla libreria, mio padre nascondeva una
rivoltella. La presi.
Fuori si gelava.
Non avevo messo in dubbio che Mathieu sarebbe tornato, come mi disse, alla cattedrale. Ma
a quell'ora della notte, diavolo!
Ricordavo abbastanza bene il tragitto.
Fortunatamente ebbi la prudenza di portare con me, oltre alla rivoltella, anche
una lanterna.
Strada facendo decisi che l'indomani
avrei infranto il silenzio ed avrei parlato con Micaela. Insieme avremmo chiamato
il medico e tutto si sarebbe aggiustato.
Ero sicuro che mio fratello necessitava soltanto di un ulteriore periodo di riposo.
Ciò non toglie, comunque, che mi
sentivo molto arrabbiato; ed allo stesso tempo colmo di terrore: paventavo infatti che Mathieu, lungo il
cammino, fosse stato aggredito da qualche squilibrato od assalito dalle belve
feroci. Sperai con tutto il cuore che anche lui avesse avuto l'idea di portarsi
un'arma.
Il bagliore della luna faceva
risplendere le torbide architetture gotiche della cattedrale, la quale appariva
come avvolta in una mistica aura fosforescente.
Mathieu era lì. Potevo percepire chiaramente la sua presenza.
Varcai il portale semidistrutto ed
entrai nella cattedrale.
Lo vidi subito. Quindi mi avvicinai e
mi nascosi dietro una colonna.
Quello a cui
assistevo era uno spettacolo che m'infondeva un'inquietante tenerezza.
Mathieu era arrivato fin lì portandosi i pennelli, il cavalletto ed una
tela.
Stava dipingendo. Il soggetto era
l'armatura che aveva fotografato qualche ora prima, quel pomeriggio tardo.
La nicchia in cui si trovava l'armatura
era centrata in pieno da un intenso fascio di luce lunare.
Lanciando un'occhiata alla tela notai
che il dipinto si trovava già a buon punto. Dunque, dedussi, Mathieu doveva essere là da un bel pezzo!
A quel punto attesi che mio fratello terminasse il quadro. Intanto non smettevo di
guardarmi intorno con timore. Avevo l'impressione che fossero
presenti altre persone, oltre a me ed a Mathieu.
L'ululato lontano di un lupo mi fece
trasalire e mio fratello esclamò: <<Chi è là?>>
Non potei che uscire allo scoperto e
raggiungerlo.
<<Cosa ci fai qui e come sapevi
che mi trovavo in questo luogo?>>
<<Sbrigati a finire questo
dipinto e torniamo a casa.>>
Mathieu sospirò, visibilmente irritato. Quindi riprese in mano il
pennello e riprese a dipingere.
<<Domani parlerò con nostra
sorella. Scriveremo una lettera al medi…>>>
<<No!>> sbottò Mathieu, <<Non ti azzardare!>>
Indietreggiai. I suoi occhi mi
incussero un ineffabile terrore.
<<No mi piace come ti stai
comportando.>> dissi.
<<A te non piace mai
nulla!>> ribatté Mathieu, scorbutico.
Abbassai il capo, arreso.
Non mi rimaneva che aspettare che
terminasse il suo quadro. Di certo non potevo fare ritorno a casa ed
abbandonarlo là. Nell'attesa mi guardai nuovamente attorno, controllai il
caricatore della rivoltella, osservai l'espressione assorta di mio fratello, il
suo sguardo rapito dalla tela.
Mi chiesi cosa avesse di così tanto
affascinante quell'armatura da averlo spinto a
recarsi alla cattedrale a quell'ora.
<<Non potevi aspettare che le
fotografie fossero sviluppate?>>
<<Assolutamente no.>>
rispose mio fratello con aria di sufficienza.
Distolsi la mia attenzione dalla tela
ed inarcai un sopracciglio.
Passò una trentina di minuti quando vidi Mathieu dare
finalmente l'ultima pennellata.
<<Ho finito. Ora possiamo anche
tornare a casa>> disse. E si avviò verso il portale.
<<Mathieu, cosa fai? E la tela? La abbandoni qui?>>
<<I colori sono ancora freschi.
Tornerò domani a riprendere il quadro.>> fu la sua risposta.
<<Non temi che qualcuno possa
rubarti il dipinto?>>
<<Staremo a vedere.>>
ribatté in un enigmatico sorrisetto.
Il giorno dopo Mathieu fece ritorno da solo alla cattedrale di S. Jacques.
Arrivò a casa per l'ora di cena con la
tela fra le braccia, come se l'abbracciasse.
Consumò rapidamente il pasto, quindi si
segregò in camera con la sua opera d'arte.
Io non avevo più parlato con nostra
sorella, in ogni caso lei ed i nostri genitori notarono lo stesso lo strano
comportamento di Mathieu.
Nostra madre scrisse una lettera al
nostro medico di famiglia e questi si recò da noi la settimana seguente.
Mio fratello si rifiutò di riceverlo.
Iniziò a gridare ed a rompere tutto quello che gli capitava sotto mano. Persino
uno dei suoi vecchi dipinti.
Il dottore si vide costretto a
rinunciare.
Prescisse alcuni tranquillanti ed andò
via amareggiato.
Mathieu prese l'abitudine di recarsi diverse volte alla
settimana alla cattedrale per dipingere.
Io mi decisi allora di parlarne con
Micaela. Ed un giorno io e lei lo seguimmo di nascosto.
Era tutto molto strano ed inquietante,
eppure conclusi dicendo a mia sorella che in fondo non doveva esserci nulla di
male in quello che nostro fratello faceva. Dipingeva e basta.
Era la cattedrale che non ci andava a
genio. Se non fosse stato per quella, non ci saremmo mai turbati.
Questa storia andò avanti per due mesi.
Ed un giorno Mathieu non fece più ritorno a casa.
Disperati, io e
Micaela raggiungemmo la cattedrale di S. Jacques,
ma di nostro fratello non trovammo alcuna traccia se non una tela dilaniata.
Avviamo numerose ricerche. Invano.
Sono trascorsi dieci lunghi anni da
allora.
Di Mathieu
non si era saputo più nulla, finché proprio pochi giorni fa lessi su un
giornale una notizia che mi ha lasciato esterrefatto:
una squadra di restauratori che da diverso tempo sta operando nella cattedrale
ha trovato, dentro una misteriosa armatura collocata in una nicchia, un
corpo. Il corpo, o meglio, il cadavere
intatto di un ragazzo sulla ventina.
In base alle descrizioni fisiche
riportate sull'articolo, capii che non poteva essere che lui: Mathieu, mio fratello.