Il ragazzo delle meduse
Stavo nuotando placidamente a lunghe bracciate e mi
ero allontanata dalla costa dirigendomi dove il mare era verde e limpido. Mi
sentivo felice e rilassata, in pace con me stessa e con il mondo intero
trovandomi in acque tranquille, fra le scogliere familiari che circondano la piccola insenatura dove di solito faccio il
bagno.
Dei pesciolini ogni tanto saltavano a fior d'acqua e in lontananza le
imbarcazioni ancorate si cullavano silenziose.
Ero deliziata dallo spettacolo del fondale che
s'intravedeva luminescente attraverso la trasparenza del mare. Si scorgevano
scogli di varia forma, alghe sparse, sabbia bianca e se guardavo sott'acqua, vedevo pesci
enormi guizzare ovunque.
D'un tratto quella pace fu turbata da un urlo
improvviso:
“Signora non vada oltre! Ci sono le meduse!”
Mi fermai all'istante quasi
paralizzata. So infatti per esperienza quanto
le meduse possano essere pericolose. Alle mie spalle, spuntato dal nulla, si
era materializzato un ragazzo con un'enorme maschera e un boccaglio sul viso.
“Da quella parte signora, là davanti, c'è un banco di
meduse. Non si muova più o la pizzicheranno.”
“Grazie. Ma che gentile! Le hai viste con la
maschera?” Ero allarmata e mi sentivo come salvata da un naufragio.
Molte volte mi era già capitato di essere pizzicata
da una medusa e sempre avevo riportato delle ustioni sulla pelle, con macchie, bruciori e
dolori. Tra l'altro quelle macchie deturpanti duravano
per molto tempo nonostante le medicazioni a base d'ammoniaca e le creme al
cortisone.
“Sì, sono in acqua da due ore e ne avrò viste a
decine. Rimango di guardia per avvisare i bagnanti.”
“Ma bravo! Ora però dovrò tornare e non so dove siano
le meduse. Non riesco
a vederle senza maschera.”
“Non si preoccupi, mi segua, nuoti dietro di me.”
Il ragazzo cominciò ad andare avanti sempre
perlustrando l'acqua con la sua maschera. Io nuotavo e m'accorgevo che si
girava per accertarsi che lo seguissi.
“Scusa, ma chi te lo fa fare ad avvisare tutti. Non lo
fanno neppure i bagnini.”
A questo punto si fermò e si tolse la maschera. Mi
mostrò un sacchetto di plastica che aveva in mano e che sino a quel momento non
avevo notato. Era pieno zeppo di meduse.
“Ha visto? Io le catturo. Le cerco e poi le uccido.
Quelle più piccole si prendono per la testa. Al largo invece s'incontrano
quelle più pericolose.”
Era orgoglioso di stesso e pareva brandire un trofeo.
“Ma cos'è un passatempo, un nuovo tipo di pesca?”
“No, io ho studiato tante cose sulle meduse. So, per
esempio, che appartengono alla specie degli Cnidari,
un sottotipo dei Celenterati. Quando sono presenti in mare, mi metto spesso di
guardia per avvisare i bagnanti.”
“Hai studiato le meduse? Ma che strana passione!”
“Quelle comunemente note sono le Scifomeduse,
che secernono il famigerato liquido urticante.”
Era davvero preparato sull'argomento e io continuai a
chiedere:
“Cos'altro sai, e poi come
ti è venuta questa mania?”
“Sono organismi con simmetria raggiata e la forma del
loro corpo è quella di un ombrello in cui si trovano una parte superiore
convessa e una inferiore concava. Al centro
dell'ombrello hanno il cosiddetto manubrio con l'apertura orale da cui
secernono il loro maledetto liquido.”
Sembrava che stesse leggendo da un'enciclopedia ed ero sempre più meravigliata.
Intanto avevamo ripreso a nuotare e mi sentivo
rassicurata dalla sua presenza.
“Però sono bellissime,”
dissi “ evanescenti e seducenti a vedersi.”
“Sta parlando delle Pelagia nocticula, che sono la specie più diffusa nel
Mediterraneo.”
“Di notte sono fosforescenti,”
aggiunsi “ dicono che d'estate ce ne siano a migliaia nei nostri mari.”
“Sì è vero signora, le ho viste nel buio ed emanano
una luminosità verde che pare irreale. Seducono, ma sono perfide.”
“Proprio come la Medusa mitologica,”
continuai “ che trasformava in pietra chi la guardava. Ma sai, questi animali
attaccano l'uomo solo per difesa.”
Assunse un'espressione di disprezzo:
“Appaiono e scompaiono, sono mimetiche, terribili,
hanno una natura complessa. Si figuri che nascono sotto forma di polipo, poi
questo si seziona e assume l'aspetto di una pila di piattini. Ogni piattino si
distacca, mette i tentacoli e diventa medusa.”
Sapeva tutto sull'argomento. Io volevo ancora
difendere quelle creature marine:
“Se ci sono le meduse, vuol dire che i mari sono
puliti, e poi basta intervenire subito sulle loro ustioni. So che conviene
lavarsi subito con acqua salata.”
“Sì e sono utili gli impacchi di aceto o bicarbonato.
In mancanza d'altro va bene pure una bella pipì. Poi deve andare dal medico.”
“Certo sono pericolose.” Adesso non volevo fare più
l'avvocato difensore e ricordai le esperienze di alcuni amici: “Qualcuno ha
accusato emorragie, crampi muscolari, conati di vomito e qualcun altro ha avuto
pure delle convulsioni.”
A questo punto il ragazzo divenne terreo e disse:
“Mio padre ha perso un occhio a causa di queste
bestiacce!”
“Davvero? Accidenti! Mi dispiace. Ma com'è stato possibile?”
Non
pensavo potesse succedere una cosa del genere.
Lui improvvisamente cominciò a urlare rivolto a due
ragazze che stavano nuotando verso il punto incriminato.
“Ferme! Non andate là. Ci sono le meduse!”
Quelle s'arrestarono come dinanzi il fuoco
dell'Inferno e gridarono di rimando:
“Le hai viste? Dove sono?”
“Là davanti ce n'è un banco molto grande, non ci
andate.”
Le ragazze ringraziarono e pensarono bene di tornare
a riva.
Lo guardavo con espressione colma di ammirazione.
“Sa signora,” incalzò sempre
nuotando insieme a me “ i Celenterati possiedono nel loro organismo un'unica
cavità che comunica con l'esterno, cioè voglio dire che hanno solo la bocca, in
essi non vi è apertura anale. Comunque le meduse si possono anche mangiare. Si
affettano a strisce e si condiscono con la soia. Tutti i mercati cinesi le
vendono.”
“Ma quante cose sai! Devi essere proprio rimasto
traumatizzato dall'incidente di tuo padre.”
Il suo viso divenne cattivo e si tolse la maschera.
Ormai eravamo arrivati quasi a riva.
“Vuole che le racconti
quello che successe?”
“Se non hai voglia di ricordare, lascia perdere.”
“Due anni fa, io e mio padre eravamo andati in
barca al largo per fare una immersione subacquea. Papà è sempre stato un
esperto sub e per diletto pescava moltissimi pesci che poi mangiavamo in
famiglia. Aveva insegnato anche a me ad andare sott'acqua e ci divertivamo un
mondo.”
Adesso era tristissimo e gli occhi, arrossati dalla
salsedine, erano appena socchiusi e guardavano lontano.
“Ho capito,” dissi per
tagliare corto “accadde in quella circostanza.”
“Mio padre non ha capelli, signora, e quel giorno
casualmente si era calato in mare senza maschera, in una zona piena di scogli e
dove il fondale era assolutamente scuro. Si era allontanato di pochi metri e io
invece ero ancora in barca. Ad un tratto, lo sentii urlare come un forsennato.
Lo guardai terrorizzato e mi accorsi che aveva tutta la testa e la faccia
ricoperte di meduse che gli erano rimaste attaccate.”
“Senti, lascia stare, non ricordare più.” Devo
ammettere che ero impressionata.
“Se è per me, mi fa bene raccontare e sfogarmi. Se è
per lei, sto zitto e la saluto.”
A questo punto mi sentivo in dovere d'aggiungere:
“Ma no, figurati! Racconta, racconta se ti fa
piacere.”
“Papà urlava, ne aveva ovunque, sugli occhi, sul
capo, sulla bocca e cercava di staccarle. Mi tuffai, ma cominciò a gridare di
non avvicinarmi, che dovevo restare in barca. Aveva gli occhi chiusi e non
vedeva, ma s'affannava a cacciarle via e a liberarsi. Gli urlai di nuotare
verso la barca e allora prese ad avvicinarsi in direzione della mia voce.
Quando mi raggiunse, non aveva più meduse addosso e lo aiutai a salire
sull'imbarcazione.”
“Che cosa terribile! Ecco perché sei rimasto
traumatizzato.”
“ Cominciai a remare come un pazzo verso la riva. Ma
in men che non si dica, il
viso di mio padre divenne mostruoso. Gonfio sino all'inverosimile, rosso
paonazzo, la testa deformata, gli occhi non si distinguevano più nel viso.”
Io ero sconcertata, ma volevo mostrare solo una
grande partecipazione.
“Incredibile!” dissi sentendomi molto
stupida.
“Mio padre svenne e quando fui vicino alla riva
iniziai a chiedere aiuto. Mi raggiunsero con i pattini di salvataggio e ricordo
che gli stessi bagnini furono impressionati nel vederlo in quelle condizioni.
Mi aiutarono a trasportarlo, poi chiamammo un'ambulanza per portarlo al pronto
soccorso. Rinvenne, ma non vedeva più niente e fu trasferito al Centro Ustioni
dell'ospedale civico. E' stato curato e ha riacquistato la vista di un occhio,
ma per l'altro non c'è stato niente da fare poiché il
liquido delle meduse aveva completamente corroso il nervo ottico.”
Adesso aveva un'espressione di dolore profondo, come
di chi si senta in colpa.
Spontaneamente dissi: “Guarda che di tutto ciò non
hai nessuna responsabilità.”
“Sì lo so, ma forse avrei preferito essere io al suo
posto. Mio padre soffrì molto.
Ha dovuto ritirarsi dal lavoro e s'è messo in
pensione. Non viene più a mare e mi manca. Io vengo, ma lui mi fa sempre
centomila raccomandazioni.”
“Ha ragione; scusa, sa che catturi le meduse?”
“No, non lo sa, altrimenti non mi farebbe venire.”
“Questo è sbagliato. Sfidi la sorte inutilmente e ti
vuoi vendicare, ma di chi, di che? Secondo me, non dovresti più farlo.
Sicuramente papà non vorrebbe saperti in pericolo.”
“Io non voglio vendicarmi,”
ribatté “ cerco solo di evitare che altre persone si ustionino. Lei mi sembra
una specie di psicologa.”
Nel dire così aveva assunto un atteggiamento
altezzoso.
“No, non sono una psicologa, forse
però sono pedante. Ma se non è per vendetta, allora perché le uccidi?
Perché rischi? Avvisa solo i bagnanti e lascia vivere le meduse. Non lo vuoi
ammettere, ma sei rimasto scioccato e cerchi di superare il trauma facendo
stupidamente il vendicatore.”
Mi guardava perplesso, con occhi freddi. Mi aspettavo
che mi rispondesse sgarbatamente. Invece disse:
“Forse ha ragione signora, e sono contento d'averla
incontrata, anche se è molto noiosa.”
Ormai eravamo arrivati a riva. Terminò la frase
sorridendomi e si rituffò sott'acqua facendo un gesto di saluto con la mano.