Un quadro desolante di due mondi a
confronto: quello della civiltà contadina, che ora non c'è più, e quello
operaio, il naturale successore, altrettanto dominato da assenza di speranza.
Mio padre
di
Ferdinando Camon
Tre alberi spaccati
dal fulmine,
asilo agli uccelli di passo,
due cavalli sfiancati sotto il portico,
un filare di vigne basse
che rende appena da pagar le tasse.
Un odore di fiume,
di fieno tagliato, di fumo che sale
a spirale dai casolari,
di cera bruciata davanti alle icone
nella casa-chiesa.
Davanti alla soglia corrosa
un gradino di pietra
dà sulla pianura
solcata da una strada polverosa.
Vi siede ogni sera mio padre.
Quando cominciano i turni
di notte alla fabbrica, e passano
gli operai a squadre,
lo salutano lenti e taciturni
con gesti antichi come la morte.
Da Liberare
l'animale – Garzanti, 1973
www.ferdinandocamon.it
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