Continua la ricerca di poesie sulla
Grande Guerra; non se ne trovano molte e fra queste quelle buone sono poche.
Comunque credo che quella che segue, di Clemente Rebora, sia in grado di ben esprimere l'orrore di
quella follia.
Viatico
di Clemente Rebora
O ferito laggiù nel
valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder
per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine
l'ora,
affretta l'agonia,
tu puoi finire,
e conforto ti sia
nella demenza che non sa
impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio –
grazie, fratello.
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