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  Scritti di altri autori  »  I maestri della poesia  »  Tre vie di Trieste, di Umberto Saba 12/06/2015
 

Legato visceralmente alla sua città Umberto Saba non poteva non parlarne e lo fa con tre vie, così descritte bene, che non solo pare di vederle, ma si riesce a coglierne anche l'atmosfera.

 

 

 

Tre vie di Trieste 

di Umberto Saba

 

-
C'è a Trieste una via dove mi specchio

nei lunghi giorni di chiusa tristezza;

si chiama Via del Lazzaretto Vecchio.

Tra case come ospizi antiche uguali,

ha una nota, una sola, d'allegrezza;

il mare in fondo alle sue laterali.

Odorata di droghe e di catrame

dai magazzini desolati a fronte,

fa commercio di reti, di cordame

per le navi: un negozio ha per insegna

una bandiera; nell'interno, volte

contro il passante, che raro le degna

d'uno sguardo, coi volti esangui e proni

sui colori di tutte le nazioni,

le lavoranti scontano la pena

della vita: innocenti prigioniere

cuciono tetre le allegre bandiere.


A Trieste ove son tristezze molte,

e bellezze di cielo e di contrada,

c'è un'erta che si chiama Via del Monte.

Incomincia con una sinagoga,

e termina ad un chiostro; a mezza strada

ha una cappella; indi la nera foga

della vita scoprire puoi da un prato,

e il mare con le navi e il promontorio,

e la folla e le tende del mercato.

Pure, a fianco dell'erta, è un camposanto

abbandonato, ove nessun mortorio

entra, non si sotterra più, per quanto

io mi ricordi: il vecchio cimitero

degli ebrei, così caro al mio pensiero,

se vi penso ai miei vecchi, dopo tanto

penare e mercatare, là sepolti,

simili tutti d'animo e di volti.


Via del Monte è la via dei santi affetti,

ma la via della gioia e dell'amore

è sempre Via Domenico Rossetti.

Questa verde contrada suburbana,

che perde dì per dì del suo colore,

che è sempre più città, meno campagna,

serba il fascino ancora dei suoi belli

anni, delle sue prime ville, sperse,

dei suoi radi filari d'alberelli.

Chi la passeggia in queste ultime sere

d'estate, quando tutte sono aperte

le finestre, e ciascuna è un belvedere,

dove agucchiando o leggendo si aspetta,

pensa che forse qui la sua diletta

rifiorirebbe all'antico piacere

di vivere, di amare lui, lui solo;

e a più rosea salute il suo figliolo.


 
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