Più che Pasquale
la poesia che segue è un lento lamento, un rimpianto per un mondo che l'autore
ha smesso di vagheggiare, ma non è che i versi siano antireligiosi, anzi hanno
il pregio di rivelare una religione intimistica, avulsa dalle dottrine e quindi
innata.
La domenica delle Palme
di Marino Moretti
Chinar la testa
che vale?
E che val nova fermezza?
Io sento in me la stanchezza
del giorno domenicale,
mentre la madre
mia buona
entra con passo furtivo
nella mia stanza e mi dona
un ramoscello d'ulivo...
E se ne va.
Tutto quello
ch'ella vuol dirmi lo dice
a questo suo ramoscello
che adornerà una cornice:
adornerà la
cornice
dorata a capo del letto
l'ulivo ch'è benedetto,
l'ulivo che benedice;
porterà pace e
abbondanza
nelle casette più sole,
rallegrerà un po' la stanza
dell'infermo, senza sole,
ricorderà poi
con tanta
fede l'ingresso solenne
di Cristo a Gerusalemme
nella domenica santa!...
Ulivo, e a me
che dirai?
Le stesse cose anche tu?
se una parola: giammai,
se due parole: mai più?
Nulla tu doni
al mio cuore
che lo consoli un istante,
ed il mio sguardo tremante
non vede in te che un colore:
il color triste
di tutto
il mondo che non ha sole
e piange tacito e vuole
vestirsi di mezzo lutto;
il colore della
noia
e dei fiori di bugia,
il colore della mia
giovinezza senza gioia;
il colore del
passato
che ritorna ben vestito,
il color dell'infinito
e di ciò che non è stato;
il color triste
dell'ore
così lente a venir giù
dai lor numeri, il colore
che non è colore più.