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  Scritti di altri autori  »  I maestri della poesia  »  Vento a Tindari, di Salvatore Quasimodo 27/05/2016
 

Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) è stato uno dei maggiori poeti italiani, assai conosciuto e stimato anche all'estero, tanto che nel 1959 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura.

La sua visione della vita è improntata al più ossessivo pessimismo, a una sorta di troppo breve transito in cui non si ha tempo per meglio conoscerla e apprezzarla, sempre che ci sia qualcosa di apprezzabile in un'esistenza ripetitiva tanto da diventare monotona. Sradicato, per motivi di lavoro, dalla sua Sicilia, il ricordo della stessa rappresenta l'unica occasione per stemperare l'innato pessimismo nella dolce malinconia della memoria, come appunto nella poesia che segue.

 

 

 

Vento a Tindari

di Salvatore Quasimodo

 

 

Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
delle isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore.

Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m'accompagna
s'allontana nell'aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d'ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d'anima.

A te ignota è la terra 
ove ogni giorno affondo
esegrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.

Aspro è l'esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d'armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo al buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.

Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m'ha cercato.

 da
Acque e terre



 
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