L'intervista è a Aldo
Moscatelli, narratore leccese che ha al suo attivo già due pubblicazioni: il
romanzo L'orologio di cenere e la raccolta di racconti Il cimitero dei
giocattoli inutili, entrambi pubblicati nel corrente anno dalla Casa Editrice I
Sognatori, da lui stesso fondata.
Perché scrivi?
Per lo stesso motivo per il quale respiro.
Il mio motto è:
"datemi un foglio di carta e una penna, e avrete fatto di me un uomo
felice!". Scrivo con piacere anche la lista della spesa. Seriamente: senza
la possibilità di imprimere su carta le mie idee, i miei pensieri, le mie
fantasie, sarei un uomo arido,
incompleto, inespresso. C'è chi dà sfogo alla propria creatività disegnando,
chi cucinando, chi fotografando. La scrittura è il mio mezzo
comunicativo, la mia seconda bocca, se vogliamo.
Alla base di tutte le tue opere c'è un messaggio che
intendi rivolgere agli altri?
Ogni lavoro fa storia a sé. Tuttavia, il tratto comune
è rappresentato probabilmente dal rifiuto e dalla lotta alla realtà che ci
circonda, il desiderio di cercare un rifugio, un limbo nel quale sentirsi
liberi da ogni
tipo di costrizione. Riflettendo, sognando o agendo concretamente, non importa.
Quel che conta davvero è non accettare le brutture di questo mondo come un
qualcosa di imperituro, di eternamente dato. Non intrappolare sogni e speranze
nelle maglie della materialità, della fredda razionalità. Non rinunciare a
modificare lo stato delle cose solo perché "è tempo sprecato": ho già
detto altrove che il senso di alcune esistenze, a volte, è da rintracciare nel
valore simbolico della sconfitta, giacché la sconfitta non toglie senso a quel
che si è detto e fatto.
Ritieni che leggere sia importante per poter
scrivere?
Moltissimo, anche se non in senso assoluto.
La lettura amplia il
nostro vocabolario e le nostre conoscenze, ci consente di imparare dai grandi
del passato. L'ignoranza, in tal senso, non aiuta affatto, specie lo scrittore
alle prime armi : un esordiente senza cultura letteraria rischia di scrivere
cose già
dette (spesso in maniera migliore) da altri, magari dopo aver nutrito
l'illusione di aver partorito un'idea geniale.
Che cosa leggi di solito?
Quel che attira la mia attenzione, e che in qualche
modo rientra in quelle "propensioni" che ogni lettore dimostra di
possedere.
I generi che prediligo
sono parecchi e forse è meglio citare gli autori che amo: Poe, Lovecraft,
Benni, Kafka, Saint Exuperey.
Adoro i testi di filosofia
(quella greca in particolar modo), e mi ritengo un attento studioso di
psicologia, pedagogia, storia, religione, cinema (specie quello "di
tensione") e musica (chi mi conosce sa che amo il rock in tutte le sue
sfaccettature).
Quando hai iniziato a scrivere?
Tra i 13 e i 14 anni. iniziai con l'horror, ma non
riuscii a "comporre" nulla di valido, riciclando idee già trovate in
altri libri, o nei film ai quali mi appassionavo. Miglioravo regolarmente,
però, e questo mi induceva a scrivere ancora, accantonando a scadenze regolari
tutto ciò che avevo scritto in precedenza. Questa storia è andata avanti per
anni, finché dalla mia penna è uscito fuori il racconto "Istantanea"
(nel 1996 o giù di lì), recentemente incluso nel mio secondo lavoro, "Il
cimitero dei giocattoli inutili". Con “Istantanea" ho capito di aver
raggiunto la necessaria maturità, e da allora non mi sono più fermato.
I tuoi rapporti con l'editoria.
Pessimi, altrimenti non avrei fondato una mia casa
editrice.
Credimi, in oltre dieci
anni ne ho viste di tutti i colori: richieste di contributo, misteriosi
smarrimenti, concorsi palesemente truccati. Di avvoltoi ne ho conosciuti tanti,
e anche di incompetenti. Per non parlare della maleducazione dilagante. Ho
avuto a che fare con decine di case editrici, e ognuna di esse mi ha
"regalato" una piccola-grande delusione, e questo indipendentemente
dai responsi offerti ai lavori che spedivo in giro. Sai, c'è modo e modo di
dire "la tua opera non ci convince".
Ad ogni modo, qualcosa di buono ne ho ricavato: nel gestire la mia casa
editrice, evito con grande attenzione di commettere gli stessi errori della "concorrenza", e di offrire sempre
qualcosa in più agli scrittori che si rivolgono a noi.
Che cosa ti piacerebbe scrivere?
Quel che mi piacerebbe scrivere l'ho già scritto, e lo
sto scrivendo.
Per il futuro. mah, credo
di dovermi confrontare prima o poi col genere fantascientifico, e spero di
poter rispolverare qualche racconto horror rimasto nel cassetto: con le dovute
migliorie, dovrei tirar fuori qualcosa di valido.
Scrivere ha cambiato in modo radicale la tua vita?
Dipende. La scrittura in sé, slegata da pubblicazioni,
case editrici e tutto il resto, decisamente sì. Ho trovato (come già detto) il
mio mezzo espressivo, lo strumento col quale richiamare l'attenzione della
gente e farmi apprezzare.
Diventare uno scrittore in senso ufficiale, invece, non ha cambiato nulla: mi
alzo ogni mattina alle sette e lavoro dodici ore al giorno per poter rendere
più forte e competitiva la casa editrice che ho fondato.
Non sono diventato famoso
come Camilleri, o ricco come Dan Brown. Non sono stato intervistato dal tg1, né
da Il corriere della sera. Il mio volto non è apparso in tivù, i miei libri non
sono stati consigliati da Piero Dorfles. Niente di nuovo sotto il sole, avrebbe
esclamato Qoelet.
Qualche consiglio per chi ha intenzione di iniziare a
scrivere.
Leggere molto, e nello scegliere i testi dai quali
imparare l'arte, non fidarsi dei libri sulla
bocca di tutti, spesso e volentieri bufale colossali. Se poi volete accrescere
il vostro senso di autostima, beh, allora qualche libercolo d'infima fattura
(ce ne sono tanti, date un'occhiata alle classifiche di vendita, uno che fa al
caso vostro lo troverete) potrà esservi d'aiuto.
Scrivete tanto, tantissimo, e non accontentatevi della prima cosa decente che
pensate di aver tirato fuori dalla vostra fantasia. Soprattutto, scrivete per
voi stessi, non lasciatevi imporre nulla, non crogiolatevi nella stima che, da
un punto di vista letterario, l'amico o il parente possono dimostrarvi.
Fidatevi dei consigli di persone competenti (anche l'amico o il parente di cui
sopra vanno bene, a patto che ne capiscano qualcosa), imparate l'arte del
"mettere in discussione se stessi", accettate critiche e complimenti
con la medesima umiltà, non accontentatevi mai, non mollate mai.