L'intervista è a Armando Salvatore Santoro, classe
1938, pensionato, da sempre amante della poesia, con liriche dallo stile
inconfondibilmente sobrio, ma
efficace; è l'organizzatore del Premio Letterario Europeo di Poesia e Narrativa
Città di Montieri.
Perché scrivi?
Scrivere per me è un modo per comunicare e
socializzare emozioni e sentimenti.
E' anche un rifugio nell'irreale che mi aiuta a
scaricare tensioni, quasi una sorta di liberazione dalle angosce che mi
permette di ritrovare la serenità interiore perduta.
Scrivere rappresenta anche un sistema
per testimoniare un impegno o un'idea che riesco a descrivere meglio in versi
illustrandola con il linguaggio della poesia.
Alla base di
tutte le tue opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Sicuramente sì e non potrebbe essere altrimenti
visto il mio passato impegno sociale. Tutte le mie opere sono pervase dalla
necessità di lanciare messaggi: messaggi contro le miserie del mondo, contro i
soprusi dei potenti, contro le guerre, contro le sofferenze degli uomini e
degli animali, contro il conformismo opprimente e contro l'egoismo imperante,
contro la nostra indifferenza verso coloro che soffrono e hanno bisogno di
aiuto.
Non manca una profonda autocritica per quanto
potremmo fare di più e non facciamo per dare una mano al nostro prossimo. Una
parola che usiamo in più occasioni ed in modo spropositato ma senza essere poi
coerenti fino in fondo.
Insomma una denuncia delle nostre debolezze e dei
nostri egoismi lenti a morire.
Ritieni che leggere
sia importante per poter scrivere?
Beh, io appartengo alla generazione
che ha letto tanto e di tutto. Questo mi ha permesso di scrivere con scioltezza
e ritengo anche bene. Mi ha consentito di diventare un acuto osservatore,
capace di fare analisi e trarre conclusioni. Forse un po' prolisso! Ho
necessità di scrivere tanto per cercare di spiegare e farmi capire meglio.
E l'aver letto tanto da bambino e da adolescente
(quando la televisione non c'era e si ascoltava solo la radio) mi ha caricato
di fantasia e mi ha permesso di poter affrontare e superare anche situazioni
difficili nella mia passata attività sindacale quando la parola ed il
ragionamento erano necessari per non essere sopraffatti.
Che cosa leggi
di solito?
Chiaramente non romanzi, non mi attirano.
Sicuramente saggi ed opere
che hanno un riferimento ai fatti reali. A un romanzo, preferisco un libro di
storia, o un'analisi politica legata alla realtà della vita di ogni giorno.
Avvincenti sono per me i libri scritti da Tiziano Terzani, che ritengo uno dei miei autori preferiti
per la lucidità delle analisi effettuate e delle sue denuncie contro
l'inutilità della guerra, per le lucide descrizioni delle condizioni sociali ed
economiche di altri popoli, da noi tanto distanti, anche culturalmente e
socialmente, ed oggi così vicini con le loro contraddizioni ed i loro bisogni
insoddisfatti e con la loro voglia di emergere.
Quando hai
iniziato a scrivere?
Molto, molto presto. Scrivere per me è stato un
dono. Sono stato sempre bravo in italiano. Al Liceo il mio professore di
lettere mi chiamava “il poeta”. Avevo confezionato un centinaio di poesie ed
addirittura mi ero cimentato in una traduzione personale di alcune elegie di
Virgilio dal latino in italiano. Da qualche parte dovrò avere ancora questo
quaderno.
Il latino è stata per me una risorsa: mi ha
permesso di scrivere correttamente. Spesso mi accorgo di sbagliare perché sono
abituato a scrivere di getto e mi arrabbio
quando mi accorgo di commettere certi errori. A furia di leggere
gli strafalcioni di certi giornalisti, o di ascoltare certi commenti
televisivi, ti lasci plagiare e rischi di perdere la tua originalità ed il tuo
stile. Mi salva il fatto che rileggo più volte quello che scrivo e mi accorgo
quasi subito se un periodo o una frase non è corretta. Sicuramente aver tolto
il latino dall'insegnamento obbligatorio dalla scuola media, come un tempo, è
stato un gravissimo errore. Chi ha studiato latino è avvantaggiato moltissimo
anche nello scrivere in italiano.
La mia attività, poi, mi ha portato a scrivere
articoli per giornali, relazioni, controdeduzioni,
ecc… e questo ha rafforzato il mio senso critico e la mia capacità di
comunicare.
I tuoi
rapporti con l'editoria.
Zero. Pubblico solo su internet e su siti amici.
Ritengo che internet sia la miglior casa editrice del pianeta…e non costa
nulla.
Che cosa ti
piacerebbe scrivere?
Quello che abitualmente scrivo: ovvero di tutto! In
quest'ultimo periodo collaboro con un giornale presente sul mio territorio.
Nessun impegno fisso, logicamente (sono molto geloso della mia libertà): ogni
tanto invio qualche pezzo su avvenimenti locali, soprattutto se hanno dei
contenuti culturali. Ma non ricevo compensi. Insomma, sono un “bischero” come
dicono da queste parti.
Scrivere ha
cambiato in modo radicale la tua vita?
Avere una padronanza nello scrivere ti pone in una
condizione di superiorità rispetto a molti. Chi sa scrivere é come se
possedesse un'arma. Sai come difenderti. D'altronde non c'è un vecchio motto
che dice che “uccide di più la penna che non la spada”?
Qualche
consiglio per chi ha intenzione di iniziare a scrivere.
Lasciarsi trasportare dalla passione e dalla
fantasia. Scrivere tutto quello che passa per la mente e metterlo da parte. Poi
a distanza di tempo tornarci sopra e rileggere quello che si è scritto.
Correggere o aggiungere qualcosa di nuovo e poi rimettere il tutto nuovamente a
riposare.
Verrà giorno che quegli appunti potranno diventare
molto importanti e potranno essere argomento per sviluppare delle storie
più serie.