Burr
di
Gore Vidal
Fazi
Editore
Narrativa
Pagg.
604
ISBN
9791259672162
Prezzo
Euro 20,00
Traduzione
di Pier Francesco Paolini
Burr è
il primo romanzo del ciclo Narratives of Empire: sette libri che, tra
feroci polemiche e grandi consensi, hanno accompagnato Gore Vidal per
oltre trent’anni. Una vera e propria controstoria dell’America,
dalla costituzione degli Stati Uniti fino al secondo dopoguerra, in
cui s’intrecciano magistralmente episodi e personaggi reali e
d’invenzione.
New York, 1833. Il colonnello Aaron Burr,
settantasette anni, si è appena sposato. È ormai un
anziano politico considerato da molti un mostro, ma è
determinato a raccontare la sua storia. Sceglie di confidarsi con un
giovane giornalista, Charles Schermerhorn Schuyler. Insieme,
esplorano il suo passato. Nel 1804, da vicepresidente, Aaron Burr
sfida in un duello la sua nemesi politica, Alexander Hamilton. Lo
uccide. Nel 1807 viene arrestato, processato e infine assolto
dall’accusa di tradimento. La cronaca che emerge è la
parabola travagliata di un uomo, statista di successo spesso temuto,
sullo sfondo del continuo dramma civile di una giovane nazione. E
laddove l’antieroe protagonista è un affascinante
gentiluomo, i suoi avversari altro non sono che comuni mortali:
George Washington è un ufficiale militare incompetente che ha
perso la maggior parte delle sue battaglie; Thomas Jefferson è
un ipocrita che ha ordito un complotto contro di lui; Alexander
Hamilton è un opportunista di nascita bastarda troppo
ambizioso.
Finalista al National Book Award nel 1974, Burr è
lo straordinario ritratto di una delle figure più complesse e
incomprese tra i Padri Fondatori degli Stati Uniti tratteggiato
dall’acuminata penna di Gore Vidal.
«Impressionante. Burr è
spettacolare, intrattenimento di ottimo livello».
«The
New York Times Book Review»
«Una
tragedia, una commedia, una vita vibrante e commovente… Tutto
questo e molto altro ancora è raccontato in un libro davvero
coinvolgente che pullula di bon
mot,
aforismi e commenti ironici sul processo politico. Illuminante,
fresco e divertente».
«The
Boston Globe»
«Un
romanzo di proporzioni stendhaliane. Probabilmente è
impossibile essere americani e non rimanere affascinati e
impressionati dall’inquadratura di Vidal della nostra storia.
Sempre avvincente».
«The
New Yorker»
Gore
Vidal,
nato nel cuore della vita politica statunitense, da bambino ha
vissuto a lungo con il nonno Thomas Pryor Gore, senatore, che in
seguito sarebbe stato un oppositore di Franklin Delano Roosevelt.
Dopo aver militato nel Pacifico settentrionale come volontario
durante la Seconda Guerra Mondiale, debuttò
con Williwaw (1946),
che raccontava esperienze belliche (come ben riassume presentandosi
come personaggio in L'età
dell'oro),
cui fece seguito un'opera simile, In
a yellow wood.
La sua notorietà esplose però con The
city and the pillar del
1948, intitolato successivamente nelle varie versioni italiane La
città perversa, Jim e La
statua di sale.
La storia di Jim Willard, marchetta e maestro di tennis, ossessionato
da un amore romantico e irraggiungibile, che per la prima volta
presentava l'omosessualità negli USA in chiave realistica,
senza sottolineature comiche, né tanto meno con il facile
ricorso al melò, fece scalpore e determinò la
fisionomia dell'autore nel mondo delle lettere e della politica
americana, dove ha sempre avuto il ruolo di strenuo oppositore del
conservatorismo. Dopo la pubblicazione, che suscitò reazioni
violente, ma che gli procurò estimatori autorevoli (tra cui
Christopher Isherwood e Thomas Mann, che parla a lungo del romanzo
nei suoi Diari), passò quindi a lavorare in teatro, in
televisione e nel cinema, dove firmò sceneggiature importanti,
tra l'altro, notoriamente, per Ben
Hur e
in seguito per Improvvisamente
l'estate scorsa di
Joseph Mankiewicz e per Parigi
brucia? di
René Clement. Due i percorsi fondamentali nella sua opera
narrativa: da un lato il contributo notevole e determinante a una
nuova concezione del romanzo storico con il ciclo in sette libri
della storia dell'impero americano, da Washington
D.C. del
1967 fino a L'età
dell'oro del
2001, che parla di Pearl Harbor e di Roosevelt, passando per Burr del
1974, che resta forse il titolo più notevole della serie,
dedicato al personaggio più controverso della storia USA,
Aaron Burr, di cui disegna uno straordinario ritratto. L'altro filone
fondamentale è quello che lo presenta come attento osservatore
del costume e dei way
of lives americani
ed europei e qui, sulla linea di The
City and the Pillar,
sono da citare senz'altro l'incantevole “trans-commedia” Myra
Breckinridge del
1968, che ebbe grande successo di pubblico e critica, Due
sorelle del
1970 e Duluth del
1983; infine va citato un dittico di opere dedicate a una riflessione
su temi spirituali declinati in forme peculiari: Kalki (1978)
e soprattutto In
diretta dal Golgota (1992).
Straordinario saggista e polemista, ha sempre svolto un ruolo di
testimone scomodo della vita americana, come ricostruisce
nell'autobiografia Palinsesto e
come ben dimostrano anche i saggi raccolti ne Le
menzogne dell'impero,
tratti per lo più dalla silloge The
Last Empire;
da segnalare infine la sua carismatica presenza come performer,
ribadita in infiniti dibattiti nel corso delle campagne elettorali
sue o a sostegno di altri (di cui resta memorabile il celebre scontro
televisivo del 1968 con Buckley) e non va dimenticata la sua
sporadica carriera come attore cinematografico, di cui è
notevole esempio il bel cameo come senatore liberal in Bob
Roberts di
Tim Robbins del 1992. Amante dell'Italia, che ha sempre considerato
una seconda patria, ha vissuto tra Los Angeles e Ravello, sulla
costiera amalfitana.
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