Le
cose che importano
di
Fabia
Tolomei
Samuele
Editore
Poesia
Pagg.
70
ISBN
978-88-94944-66-2
Prezzo
Euro 13,00
Versione
online Sbac!
Prezzo
4 euro
Nel
giardino milanese
due
note di lettura
Nella
Milano in cui alberga ancora la zavorra del tardo serenismo, da un
lato continua un certo tratteggio del mitomodernismo, dall’altro
dò vita al realismo terminale quale possibile poetica non
legata alle singole culture. È Augusto Pivanti che mi indica
il presente lavoro di Fabia Tolomei. Siamo al tempo del progressivo
impoverimento del linguaggio e proprio qui sta la ragione della
leggibilità di questi versi. La giovane Tolomei, infatti,
dispone di un suo respiro verbale adeguato e consistente. Nel
giardino che sembra quasi essere quello del privato, colloquia con il
proprio tempo che le fa da specchio e gli interlocutori sono sempre
modicamente presenti, così da non ramificare troppo la
scrittura in risaputi generi poetici.
Guido
Oldani
Fabia
Tolomei è “una di famiglia”: della sua – di
quella dalla quale proviene, alla quale geneticamente appartiene –
e, in lettura più vasta, di una famiglia che – se anche
non fosse, ma è, altroché se è – sarebbe
stata “inventata” dall’autrice, debitrice come ella
appare, in questa opera prima, ad un senso di adesione alla
circolarità degli affetti, ad un desiderio incontenibile e
incomprimibile di essere parte (de)scrivente in una forma di
“partecipazione che tutto vede”, a cui nulla sfugge e
dalla quale nulla fugge per manifesto bene-essere nel collocarsi
entro il proprio fotogramma.
Augusto
Pivanti
Incroci
Non
vorrei mandare via
i fantasmi da queste stanze
–
vorrei solo non facessero più male
i lettini rossi ancora
intatti
la crema per le mani della mamma
e la mia voce che
anticipa
il ritornello della fiaba.
È un
dolore che mi incastra
sulla soglia di ogni stanza,
e sa di
vita che è stata
in questa casa vuota e piena
mentre
mi muovo scoordinata
pensando da che parte
cominciare ad
aprirla.
Chi
resta
Nel
toccare le camicie
e i pantaloni, di vigogna
e le scarpe
con i lacci
è rapita da ogni gesto
che una volta
scivolava
senza quel nitore strano.
Dopo un
anno la stupisce
la memoria delle dita
– l’abitudine
è un cassetto
che si chiude inosservato.
La
mia casa
Sulla
soglia del silenzio
resta tutta la memoria
delle voci che
avevamo.
Io le avverto
rare, vere
e le faccio
balenare
tra il passo e il cuore.
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