Da
queste assi, stelle solo le viti
di
Paolo Barbagelata
Editrice
Genesi
Poesia
Pagg.
112
ISBN
9788874149339
Prezzo
Euro 14,00
Prefazione
L´opera
poetica di Paolo Barbagelata viene presentata nella metafora di un
impiantito teatrale fatto di assi, nel quale le uniche stelle sono le
viti che svolgono la funzione di congiunture per orientamento ed
equilibrio, e che noi possiamo immaginare rilucano di brillio
metallico. In verità, non si tratta del boccascena di un teatro, ma
come interpretiamo dalla copertina del libro si allude a un pontile o
ad altra costruzione marinaresca, che in chiave poetica richiama il
battello ebro di rimbaudiana memoria. L´allusione giustamente non è
neppure adombrata dall´autore, perché il Poeta Veggente dalle
suole di vento, con la sua stagione all´inferno, condannato a
vivere come lo siamo tutti noi in una società moderna che ha
banalizzato i valori della bellezza e del sogno sostituendoli con il
pragmatismo borghese dell´accumulo monetario, ha già ricevuto la
celebrazione entusiastica di almeno cinque generazioni di poeti, che
acclamarono la pubblicazione del Bateau
ivre avvenuta
nel 1871, al punto da apparire un omaggio di mestiere, per cui deve
essere apparso meglio non menzionare il virile ragazzo omosessuale di
Charleville. Eppure, eccolo lì, pagina dopo pagina, con i suoi
colori delle vocali, a insistere e ad ammonire quanto sia importante
il valore della parola poetica, di per sé disvelatrice di
inimmaginabili derivazioni etimologiche ed altre memorie ancestrali
come fantasmi o creature quantistiche - oggi diremmo avatar - che
provengono da mondi paralleli e da realtà linguistiche d´altre
epoche, di cui è testimone l´assito trapuntato di viti stellari su
cui cammina il lettore, pagina dopo pagina.
La
parola per Paolo Barbagelata è un ologramma, come è testimoniato
in Quel
calore della carta matta,
che ha una radice nel dialetto genovese - ma sarebbe meglio dire
nella lingua della
Città Superba - con derivazioni arabe e spagnole, nonché
proiezioni oceaniche spinte a Sud dell´Africa, fino a Tristan da
Cunha, oggi territorio britannico d´oltremare. La poesia di Paolo
Barbagelata è ricomposizione in découpage di tracce di vita e
di avventure della realtà e dell´immaginazione, viaggio fantasioso
senza l´individuazione di una meta precostituita che altro non sia
la ricerca della Wonderland,
la Terra del meraviglioso, già promossa da Lewis Carroll nel suo
impagabile libro Le
avventure di Alice nel Paese delle meraviglie.
Ne deriva che, esattamente come avviene per Alice, il libro è
pervaso dallo scricchiolio del battello in termini di nonsense,
cioè la mancanza del nesso causale, la ragione spicciola del
borghese benpensante, che quotidianamente cura il suo tesoretto
monetario come fosse la verità eterna, il fuoco delle Vestali,
quando invece è il nonsense sesquipedale.
C´è
nell´assito una figura femminile che attraversa la scena epica
dell´avventura letteraria. Potrebbe trattarsi di una Pisana, donna
indipendente e di prestigio morale, che ama il suo Carlino, ma che è
anche attratta da altre avventure di cui non si dà conto, se non
attraverso l´immanenza delle sue inopinate assenze. Tuttavia, il
Poeta sempre a lei si orienta, la istruisce, la vezzeggia, la
circonda di attenzione e ne trae ispirazione. Potrebbe essere la
mitica regina di Saba che incanta Salomone e che forse gli ispira Il
cantico dei cantici o
Nefertiti che istruisce Akhenaton o ancora Cleopatra che seduce
Cesare in persona. La storia dell´umanità e l´avventura
letteraria passano sempre attraverso queste alate figure femminili
che posseggono il segreto indicibile dell´ultima verità giammai
svelata, perché imperscrutabile dall´ottusità maschile. Più
letterariamente, potrebbe essere la Musa della Poesia, cioè
la Parola stessa,
che si concede alla corte serrata del Poeta, senza perciò renderlo
edotto della meravigliosa visione, come accade a Beatrice nei
confronti di Dante a conclusione del Paradiso.
Vi
è tanta modernità, lancio ludico di coriandoli in cielo, schermi
lacaniani tracciati tra reale-simbolicoimmaginario, fusione di tempi
e di luoghi in un gioco continuo di alterità che diviene giogo di
analessi e prolessi, per cui si assiste alle pitture di Apelle (nulla
dies sine linea)
e ai cortometraggi di Zapruder (assassinio di J.F.K.). Più che
un´agnizione si tratta di una catena di pareidolie, cioè si
osserva il caos e il disordine, ma si immaginano l´ordine e le
figure: "Vedo il vero e mi spavento. Io sono la mia fantasia."
In
più casi la poesia è impostata come un controcanto, in due tempi
ovvero in due corsie versali distinte, che ammettono due sensi
autonomi di lettura, come avviene in La
Merica delle promesse e
in Di
getto poche parole o
anche in E
tu dondoli, stasera, mi dici,
e altre ancora, con giochi di parole, sovente ripresi in rondeau o in
anafore ecolaliche, insistite come un´ossessione ammaliatrice o una
liturgia ipnotizzante.
Infine,
veramente regale e perfetto come l´O di Giotto, appare il distico
che convoglia l´ironia nell´imbuto: Pietre
sul mio sentiero anacoluto / scivolo come se fosse piovuto.
Sandro
Gros-Pietro
Paolo
Barbagelata,
nato
a Camogli (Genova) il 7 novembre 1962, laureato nel 1986 presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell´Università degli Studi di Genova,
avvocato (per caso, forse per sbaglio, e comunque, infine, per
rassegnazione), svolge la propria attività professionale da
trentacinque anni, operando essenzialmente nel settore del Diritto
della Famiglia e delle Persone.
È,
però e soprattutto, un appassionato della parola, in ogni forma, ed
applica anche nella redazione degli atti quella ricerca e quel
piacere letterari che lo aiutano nel sostenere il peso e la
responsabilità della Professione.
E
allora scrive, e scrivendo si consola (Guccini, "Cirano"); in
particolare, in questi ultimi, complicati, anni ha riscoperto il
gusto per la Poesia, sua vera e grande passione, che non praticava
dal tempo, remoto, del Liceo ma che ora, di nuovo, riempie di sé
ogni suo momento (libero e non solo).
Sue
opere sono state recentemente inserite nelle antologie di Premi
Letterari nei quali ha ottenuto riconoscimenti.
Questa
è la sua prima raccolta di poesie, tutte scritte, a matita, su una
panchina dell´"Isola delle Chiatte", nel Porto Antico di
Genova, o sulla terrazza di casa, dalla quale quella panchina si
scorge, con le sole eccezioni di Da questo nostro porto osservo e
Lento, chiude un occhio l´elefante (nate, entrambe, sulla spiaggia
della baia di Porto Pollo, in Sardegna).