L'intervista
di Salvo Zappulla a Marilù Oliva, autore di Le sultane, edito
da Elliott
Come
è nata l'idea di prendere tre vecchiette decrepite e renderle diaboliche?
Non sono proprio decrepite, certo si tratta di tre
ultrasettantenni che hanno ricevuto in eredità, dalla vita, lacerazioni, rughe,
segni e cicatrici. Ma anche saggezza, in parte, e un talento per non
rassegnarsi alle delusioni (questo lo capiranno strada facendo). Di energia ne
mostrano parecchia, almeno due di loro.Wilma è abilissima mercante ambulante che macina decine di
chilometri al giorno, venderebbe l'acqua santa al diavolo e trotterella tra le
sue clienti non lasciandole mai a mani vuote. La sua vita è segnata da un lutto
gravissimo: ha perso Juri, il figlio prediletto. Le è rimasta però Melania, la
primogenita, con cui non riesce a costruire un rapporto decente e anche questo
è motivo di tristezza: i loro incontri fugaci son fatti solo di stizze e vecchi
rancori rispolverati. Poi c'è Mafalda, la donna più tirchia sulla faccia della
terra, cura – solo perché costretta – il marito malato di Alzheimer e sa
rimboccarsi le maniche all'occorrenza. Rappresenta l'aridità – sia nell'aspetto
fisico che nell'anima – ed è così attaccata alla roba che soffre anche quando
deve spendere qualche soldo per fare un regalino ai nipoti. Il trio
è completato da Nunzia, bigotta piena di
voglie e di superstizioni, forse la più goffa delle tre, perché marchiata da
un'elefantiasi alle gambe che è uno spettacolo cui in pochi riescono a
resistere. Ognuna ha propri difetti e debolezze, ognuna persegue un obiettivo
personale: quando i loro piani si intersecano, allora scattano le scene che mi
son divertita di più a scrivere.
Mi è piaciuto molto
nel tuo romanzo la capacità di analizzare un mondo se vogliamo sommerso, chiuso
dentro un palazzo, eppure vibrante di emozioni. C'è tanta umanità in questa
storia. Cosa hai voluto far emergere?
Grazie per le tue parole. Le Sultane non
è solo un libro sulla vecchiaia: è soprattutto un libro sulla vita, vista
attraverso gli occhi di tre donne anziane attorno alle quali si muovono altre
figure, anche giovani, a costituire un quotidiano di periferia concentrato in
spazi a volte claustrofobici: un palazzo popolare in rovina, tre parche che tirano
i fili e gli altri personaggi in loro balia. Questo
è un romanzo sull'egoismo meschino contro l'altruismo, sulla realtà ruvida
contro la dolcezza dei sogni. Infatti le mie vecchie sognano, anche
se sognare certe cose al giorno d'oggi è considerato un vero e proprio tabù per
delle donne anziane. Poi reclamano attenzione, rispetto ed educazione e proprio
da qui si innesca un meccanismo giocato sulla commedia nera, dove si alternano
equivoci, occultamenti, indignazioni, distruzioni e rinascite.
"Le
sultane" mi ha affascinato anche per la freschezza di scrittura, la trama,
i colpi di scena, quel misto di realtà e fantasia. Il brivido: c'è un segreto
per riuscire a trasmetterlo ai lettori? Cosa significa per te scrivere?
Non lo so, però
quando mi capita di provare quello che mi stai dicendo, ovvero di essere
particolarmente colpita io – da lettrice – da una scrittura altrui, capisco
che, oltre alla tecnica, alla base vi è un discorso di empatia, o meglio:
capacità di suscitare l'empatia altrui. Non saprei razionalizzarti questo
talento (che non credo di possedere, anche se accolgo con piacere le tue parole
e ti ringrazio. Ma davvero non credo mi appartenga ancora, penso che sia
prerogativa di pochissimi, ti cito Marquez, per farti un nome), però sono
abbastanza convinta che sia imprescindibile da alcuni presupposti: uno sguardo
aperto sul mondo, la curiosità verso l'altro, l'attenzione verso il lettore, la
passione verso la comunicazione, in questo caso specifico la parola e
soprattutto la sua musica.
Per me scrivere
significa vivere nel senso più completo. E anche tenere al guinzaglio e tentare di far passare per forma artistica la
schizofrenia che mi costringe a vivere in mondi paralleli. Possiamo anche
chiamarla diversamente, ma per me questa è: prima di addormentarmi, quando
faccio la fila alla posta, quando cammino e insomma… ogni volta che posso, volo via, sempre in bilico tra
la fantasia e il quotidiano.
Cosa si potrebbe fare
nelle scuole per incentivare i ragazzi a leggere?
Bisognerebbe far
scoprire loro il piacere della lettura attraverso iniziative quali: abituarli
alla biblioteca come ambiente di accoglienza e di passione, insegnare loro i
diversi approcci verso i libri, i diritti imprescindibili del lettore di Pennac
(ma non solo), far capire che leggere non deve essere un dovere noioso, ma uno
strumento prezioso, viatico per condivisioni, svaghi, viaggi di fantasia.
Come scrisse Eco: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita:
la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele,
quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito… perché la lettura è una immortalità all'indietro».
Leggendo si vive più a lungo, quindi, e aggiungo che si vive anche più
sollevati rispetto alla nostra condizione: ci si sente meno soli, meno
sbagliati, meno spaesati, più in sodalizio con il mondo.
Poi sarebbe
interessante proporre ai ragazzi laboratori e incontri con l'autore o con gli
addetti ai lavori per far scoprire loro cosa si cela dietro un libro: il
mercato, il coraggio, i falsi miti, la produzione vera e propria, l'editing, il
mestiere di libraio. La fatica e il piacere della scrittura. Un libro vero
costa sudore, amore, dedizione – un po' come i figli, no? – e anche questo
merita di essere contemplato. Oltre al contenuto, ovviamente fondamentale, non
trascurerei nemmeno il libro come oggetto (concreto o virtuale, nel caso degli
e-book), una sorta di corso alla “degustazione dei libri”: grafica,
impaginazione, copertine, l'impatto visivo (o tattile), perfino l'odore della
carta intonsa, per me uno degli odori più buoni del mondo. Con le mie classi
tento sempre di promuovere progetti del genere e non sono l'unica. Son convinta
che, grazie all'impegno appassionato di famiglie e insegnanti, si potrebbe
formare (in alcuni casi si sta già formando) una fascia di lettori attenti.
So che sei stata in
Sicilia, che impressioni ne hai riportato?
Un'isola meravigliosa, anche se son consapevole che
presenti lati bui. Tra l'altro avete degli autori bravissimi e cito, lasciando
da parte i classici che amo, oltre ai big come Camilleri, anche Massimo Maugeri o Guglielmo Pispisa che
– Maugeri con Trinacria Park,Pispisa con Voi
non siete qui – hanno dato un'idea potente degli abissi e delle zone
scure della Sicilia. Forse sono una privilegiata: ho conosciuto siciliani
straordinari, tra questi vi è una delle mie amiche più care, Maricetta Barbaro. Proprio grazie a lei, ho in
programma di tornare in Sicilia nell'estate del 2016, sia per i miei libri sia
per altri progetti, e starci parecchio.
Le
sultane - Marilù Oliva – Elliot Edizioni
– romanzo – pagg. 238 – ISBN 9788861925571 -
€ 16,00