Intervista
a Sacha Naspini, autore del
romanzo “I sassi”, edito da Il Foglio.
E' uscito da poco questo
tuo secondo romanzo “ I sassi”. Ce ne vuoi parlare?
“I sassi” mi è venuto giù in una decina
di giorni. Era il dicembre del 2005, rientravo fresco da uno dei miei viaggi.
Avevo toccato anche Praga, e non lo so che mi ha fatto
quella città: è magica, di quelle che ti si piantano dentro, sul serio. Il
“caso” volle che trascorsi lì il mio ventinovesimo
compleanno. “Ventinove anni” sono una tappa un po' balorda, almeno per me è
stato così, si entra nei “trenta”, e insomma si fanno i classici due conti
su un bel po' di cose… Non lo so, cominciai a pensare che
molte “scelte disgraziate” che avevano deciso la mia vita fino a quel momento dipendevano molto da certi buchi neri lasciati dalle
persone che in qualche modo, a seconda dei ruoli, avevano popolato la mia
esistenza: famiglia, amici, amori… Decisi di scrivere un libro su questo tema.
E di affrontarlo dal punto di vista della rabbia, della vendetta. Di
quelle stronze. Gli “umori” di Praga si prestavano
bene come scenografia. “I sassi” è il risultato.
Per quanto la trama sia
propria di un noir, tuttavia questo romanzo presenta caratteristiche, per
approfondimenti della psicologia dei personaggi, e anche per il messaggio
insito, che lo discosta dalla tipologia della narrativa di genere. E' stato voluto questo?
E se sì, perché?
È vero, “I sassi” si può definire un
romanzo noir per motivi strettamente pratici, di identificazione. Ma di
fondo resta ben ancorato alla “narrativa pura”, non propriamente di genere. Forse
questa è l'intenzione principale. Nel senso che a suo tempo non mi misi davanti
al foglio bianco con l'idea di scrivere un noir. Volevo mettere in scena una
storia che affrontasse il tema del mutamento, del
senso di appartenenza; e non ultima, appunto, la fame di vendetta, che
nella storia è in qualche modo “bipolare”, come una questione quasi necessaria;
un'assoluzione per sé e per gli altri.
Gordiano Lupi rimase piuttosto sconcertato quando ammisi che non avevo letto una riga di Scerbanenco, né conoscevo il cinema di Di
Leo. “I sassi” ha avuto da subito vita propria, veniva
giù da sé, senza “interferenze” di autori letti o ispirazioni di altro tipo;
tutto andava dove volevo senza forzature, l'intreccio si articolava
permettendomi gli spazi che cercavo, senza autocelebrazioni
e mantenendo la storia indipendente da quelle che in realtà erano le mie
urgenze. È tra le cose che mi affascinano di più della scrittura.
Nella tua formazione
culturale, c'è qualche autore che più ha contribuito alla stessa?
Ovviamente. Potrei citare Calvino, Fante, Bulgakov,
Carver, Salinger, Hesse, Cassola, Bukowski… E tanti ce ne sarebbero da dire.
Progetti, ovviamente
letterari, per il futuro?
Dal 2005 ho steso un altro paio di romanzi, adesso in presentazione
presso varie case editrici. Inoltre mi “pompo” quasi quotidianamente nella
palestra del racconto, è un esercizio importante, permette
sperimentazioni di ogni genere, sullo stile, la trama, i ritmi, gli spunti
“ironici” delle infinite prospettive da cui si può guardare alla lingua. E quindi
alla scrittura. Non ultima, alla vita.
Grazie, Sacha, e, per quanto ovvio,
auguri per questo tuo romanzo, che merita veramente, come si potrà anche
comprendere leggendo la mia recensione.
I sassi
di Sacha Naspini
Casa Editrice Il Foglio
http://www.ilfoglioletterario.it/
lupi@infol.it
Narrativa – romanzo
Pagg. 160
ISBN:978 – 88 – 7606 – 159 – 2
Prezzo: €
12,00