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  Libri e interviste  »  L'intervista di Renzo Montagnoli a Massimo Maugeri, autore di “Identità distorte”, edito da Prova d'Autore 14/03/2009
 

Intervista a Massimo Maugeri, autore del romanzo Identità distorte, edito da Prova d'Autore.

 

 

Questo tuo primo romanzo, dalla trama complessa e imprevedibile, che mescola sapientemente la spy story al noir, nonché alla psicologia, pone molti quesiti, anche perché il concetto di realtà viene ad essere analizzato spietatamente, distinguendo fra ciò che è, ma non è detto che sia, e l'apparenza. La finalità dell'elaborato esula dalla vicenda stessa, proponendo domande inquietanti a cui non potrebbero esserci risposte adeguate, o comunque tranquillizzanti. Mi chiedo, anzi ti chiedo, come mai ti è venuta un'idea del genere? E' evidente, secondo me, che il romanzo ha un preciso messaggio che gradirei tu esplicitassi per il lettori.

 

Intanto ti ringrazio per le belle parole. Te ne sono molto grato. La veste noir di questo libro, in realtà, è solo – appunto - un “abito”. Un pretesto. Sono d'accordo con te quando dici che la finalità dell'elaborato esula dalla vicenda stessa… nel senso che questo romanzo è pregno di metafore e  pone molte domande. Molte e inquietanti. Pone domande sull'uomo, sulla sua identità, sulla sua essenza primigenia. Quella domanda che ricorre nel corso della narrazione (chi sono io?) è una domanda che nasce dalla notte dei tempi e che ritorna oggi, con particolare forza e virulenza, tra le pieghe di questa società ultratecnologica e iperveloce. Credo che se oggi l'uomo trovasse il tempo e il coraggio per interrogarsi, per guardare a fondo dentro se stesso, verrebbe travolto da questa (banale?) domanda. E credo che sarebbe un travolgimento salutare (non ci sono risposte senza domande). È una domanda che mi sono posto anch'io e che continuo a pormi. Chi sono io? Cosa voglio? Dove sto andando? Ripeto, credo sia importante porsi domande come questa. Il grosso rischio è che questa società ultratecnologica e iperveloce – bellissima, per certi versi – possa generare effetti narcotizzanti che inibiscono la formulazione di domande essenziali (che nascono dalla notte dei tempi, dicevo) come quelle che ho riportato sopra. Ecco, da questo punto di vista il romanzo non ha messaggi da dare (non credo che la narrativa debba fornire messaggi) ma “trasuda” un invito. Quello alla riflessione. A guardarci dentro. A chiederci chi siamo. E dove stiamo andando. Naturalmente c'è anche altro.

 

 

Concordo sul fatto che ci sia dell'altro, altro che può emergere più chiaro nel corso di successive riletture, perché il ritmo della narrazione, frenetico, addirittura incalzante, impone di non fermarsi, quasi di correre per sapere quello che accadrà. Peraltro, mi sembra di comprendere che i protagonisti siano semplicemente uomini, esseri quasi in balia di eventi da loro provocati e che sfuggono al loro controllo proprio per l'inconsapevolezza di quel che sono intrinsecamente.

Penso che la gestazione di questo romanzo non sia stata breve e non solo per gli inderogabili impegni di lavoro e di famiglia, ma perché la trama, mai avulsa da quell'invito di cui hai accennato, scorre linearmente, senza incertezze o inceppamenti. Come ti è venuta l'idea di questa storia e qual è stata la genesi dell'opera?

 

L'idea che sta alla base di questo libro è nata all'improvviso, in maniera inattesa. In effetti, più che di idea parlerei di… “immagine”. A un certo punto – ero in uno stato di dormiveglia – ho visto un uomo che entrava in un ascensore e poi – dopo un breve tragitto ascensionale – ne usciva nei panni di un'altra persona. Questa immagine – sorta, appunto, all'improvviso – mi ha travolto. Ci ho pensato per giorni. Che cosa significava? Cosa voleva dire? C'era  - e c'è – sicuramente una componente psicologica. Ed è probabile che l'ascensore sia simbolo di qualcosa (ancora oggi non ho ben capito cosa). Non avevo dubbi sul fatto che quell'immagine avesse a che fare con la crisi d'identità. Una crisi d'identità che sentivo forte a livello collettivo. Quell'immagine – trasposta in letteratura – si sovrapponeva perfettamente al cosiddetto tema del doppio (da me molto amato) e già affrontato da Dostoevskij (“Il sosia”), Stevenson (“Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde”), Wilde (“Il ritratto di Dorian Gray”), Pirandello (“Il fu Mattia Pascal”, “Uno, nessuno e centomila”) e molti altri. Cominciai a pensare a una storia. Perché quell'uomo si trovava nell'ascensore? Perché ne usciva “trasformato” in un'altra persona? Com'era possibile una cosa del genere? Correva l'anno 1999. Accesi il computer e cominciai a scrivere le prime righe.

 

 

Un sogno, o la memoria di un sogno, sono quindi all'origine di questo libro. Mi hai preceduto circa il tema del doppio, citando tutti autori famosi che si sono cimentati sul tema. A mio parere, però, il romanzo che più ti ha ispirato è stato “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello, tanto che in alcuni momenti mi è parso di vedere in Stefano Re alcune caratteristiche di Vitangelo Moscarda. Comunque l'eventuale similitudine è solo questa, perché il tuo libro ha una sua completa autonomia e una notevole originalità. In un'opera come questa la chiusura, cioè il finale, diventa molto difficile, perché il ritmo, incalzante, viene a cessare di colpo. Devo dire che in proposito sei stato molto abile, precedendo l'ultima pagina con una riflessione, molto bella, di uno dei personaggi, e poi hai fatto calare il sipario con una trovata sorprendente, anche se logica.

Hai studiato a lungo come comporre le ultime pagine, oppure hai trovato la soluzione quasi per caso?

 

Amo molto il doppio pirandelliano, non c'è dubbio. In questo libro, però, a ben pensarci, vado un po' oltre il “doppio”. In effetti ci sono ben tre identità che si intrecciano tra loro (Re, Crivi, Spencer). Una sorta di “triplo”. Me ne sono accorto dopo un po' che avevo concluso la scrittura.

Rispondo alla tua domanda…

Ho iniziato a scrivere con un'idea generale in testa. Poi, nel corso della stesura, se ne sono aggiunte altre; compreso il colpo di scena finale. Peraltro, mentre scrivevo, è accaduto un evento epocale: l'11 settembre. In un certo senso mi sono trovato costretto a infilarlo nella storia.

 

 

Identità distorte è un romanzo di sicuro valore e se non vado errato non è più in catalogo. C'è la speranza in una ristampa?

 

Prima o poi lo ripubblicherò, non ho dubbi. Ma non subito.

 

 

Da voci varie sono al corrente di un prossimo evento letterario che ti riguarda. Ce ne vuoi parlare, puoi anticiparci qualche cosa? E infine, quali sono i tuoi progetti, ovviamente letterari, per il futuro?

 

Una delle cose a cui tengo di più in questo momento è la chiusura del mio nuovo romanzo. Conto di finire la prima stesura entro il mese prossimo. Si tratta di un romanzo forte, intenso, duro, che miscela modernità e mito, globale e locale. Un progetto narrativo molto ambizioso. Forse ancora più ambizioso di “Identità distorte”, con cui ha qualche elemento in comune.

 

 

Grazie, Massimo, per le tue esaurienti risposte e, oltre a formularti sin d'ora gli auguri per il tuo nuovo romanzo, auspico che la ristampa di Identità distorte avvenga al più presto, perché è un'opera di grande attualità e che merita di essere letta.

 

 

Identità distorte

di Massimo Maugeri

In copertina autoritratto

frazionato in tre di Salvador Dalì

Casa Editrice Prova d'Autore

www.provadautore.it

Narrativa romanzo

Pagg. 154

ISBN: 9788888555614

Prezzo: € 10,00

 

 

 
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