L'intervista di Salvo Zappulla
a William Brandt, autore di Il
libro del film della storia della mia vita, edito da Castelvecchi.
William, questo
corposo romanzo gioca a mescolare e rimescolare situazioni
brillanti, i personaggi sono profondamente umani e pieni di
contraddizioni. Frederick in particolare è destinato a piacere perché è un perdente
e suscita tenerezza. Sei d'accordo?
Be', sarebbe una scortesia non essere
d'accordo con una risposta così generosa al mio libro. E' esattamente come
vorrei essere visto ed è esattamente come vorrei che il lettore rispondesse a
Frederick. Sono stato sempre affascinato dalla figura del perdente simpatico.
Forse perché tutti noi ci sentiamo come dei perdenti, ma tutti vogliamo essere
amati. (Be', io almeno sì.) E' un tipo di personaggio
che risale quantomeno a Don Chisciotte. Ho letto per la prima volta quel libro
relativamente poco tempo fa e l'ho trovato meravigliosamente buffo e toccante.
Sono certo che questa è la chiave del suo fascino. Ma, naturalmente, il rischio
con i perdenti è che se non sono maneggiati nel modo giusto, i lettori possono
perdere la pazienza con loro. Ogni grande perdente ha bisogno di avere giusto
una qualità che noi possiamo ammirare. Uno dei miei esempi preferiti è il
personaggio di Jeff Bridges, il dandy nel film dei
Fratelli Cohen “The Big Lebowski”. Lui è un perdente
assoluto, ma non ha paura di nessuno, e noi ammiriamo ciò. Anche Don Chisciotte
non conosce paura ed è totalmente impegnato nella sua causa. Nel caso di
Frederick, lui è consapevole dei suoi difetti e non si autocommisera.
Quanto c'è del tuo lavoro di attore e
sceneggiatore nella stesura del romanzo?
Penso che il mio modo di scrivere sia
stato enormemente influenzato dalla mia esperienza di attore. Sono spinto a
cercare di “recitare” il personaggio mentre lo scrivo e il mio naturale punto
di vista come autore è quello della prima persona o qualcosa che vi si
avvicini. Io sto vicinissimo all'esperienza in tempo reale dei miei personaggi,
così come è allenato a fare un attore. Mi piace anche scrivere dialoghi e mi
sento a mio agio con essi. La storia di questo romanzo è stata fortemente
ispirata dalle mie esperienze di lettore di copioni lavorando a Londra. E'
stato il mio primo contatto con l'industria cinematografica su scala più ampia
rispetto a quella della Nuova Zelanda, e l'ho trovata affascinante. Ho voluto
in qualche modo rispondere ad essa.
Il libro scorre con verve e ironia,
sembra quasi invitare a non prendersela più di tanto di fronte alle situazioni
sfavorevoli, perché un rimedio si trova sempre. Lo possiamo considerare un
invito a sdrammatizzare i nostri problemi esistenziali?
Sì, proprio così. O perlomeno è un invito
a me stesso a sdrammatizzare i miei problemi esistenziali! Io mi considero una
persona fortunata e conduco una vita fantastica. Eppure, sono quasi sempre
perseguitato da un senso di inadeguatezza e insicurezza. Perché? Non lo so, ma
la parte di Frederick che più mi assomiglia è forse questo senso di impazienza
con se stesso. Eppure, in alcuni dei momenti più difficili della vita anche
Frederick trova forza interiore, e penso che questo sia vero anche per me. Nel
meraviglioso film di Woody Allen “Crimes and Misdemeanours” un personaggio dice (più o meno) che
l'universo è un spazio freddo e vuoto, ma l'amore dei
nostri genitori lo riempie di calore per tutta la vita. Credo che ciò sia vero,
e fintantoché sei nutrito, vestito e hai un tetto, semplicemente trovarsi qui,
nel mondo, dovrebbe essere sufficiente per essere felice. E' una cosa così
incredibile essere vivo.
Quanto è importante la carriera? E
quanto un grande amore?
A mio modo di vedere, l'amore è più
importante della carriera. Sono entrambi importanti, ma io metto l'amore al
primo posto perché non potrei gustare il successo della carriera se non avessi
con chi condividerlo. Inoltre, finché ho amore, so di poter affrontare ogni
insuccesso o delusione nella carriera. L'amore è più reale, più personale, più
immediato, più fondamentale. Ma siamo tutti uno diverso dall'altro. Per alcune
persone la loro carriera è il loro unico grande amore. Devo dire che io penso
sia una cosa triste, ma chi sono io per giudicare? Sono fermamente convinto che
la più grande felicità derivi dalle persone che ti stanno vicino.
E' più difficile scrivere una
sceneggiatura o un romanzo?
Sono entrambi difficili, perlomeno per
me, ma in maniera alquanto diversa. Una sceneggiatura non è molto lunga e ha
pochissime parole. In teoria, ne puoi sfornare una in un paio di settimane, ed
io una volta l'ho quasi fatto. Ma è uno sforzo di gruppo, diversamente dalla
stesura di un romanzo. Ci sono altre persone coinvolte ad ogni passo del
percorso. Grosso modo, scrivere una sceneggiatura è una battaglia con altre
persone; scrivere un romanzo è una battaglia con te stesso. Ma la difficoltà
principale resta la stessa per entrambe le forme, e la difficoltà è questa: le
possibilità sono infinite!
(Si ringrazia il prof. Sebastiano Russo per la
traduzione)
Salvo
Zappulla
Il
libro del film della storia della mia vita
di William Brandt
Traduzione di A. Di
Carlo
Castelvecchi Editore
Narrativa romanzo
Pagg. 381
ISBN: 8876151966
Prezzo: € 16,50