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  Libri e interviste  »  L'intervista di Renzo Montagnoli a Giulio Maffii, autore di “Equinozio di girasoli”, edito dal Foglio Letterario 04/09/2009
 

Intervista di Renzo Montagnoli a Giulio Maffii, autore di Equinozio di girasoli, edito dal Foglio Letterario.

 

 

Il titolo è del tutto particolare, fra l'astronomico e il botanico. Come mai, quindi, Equinozio di girasoli?

 

Tutto nasce dalla visione del quadro di Eloisa Scultetus, “I girasoli dell'autunno”,  riprodotto anche in copertina. Un'idea, un insieme di idee hanno preso vita. L'equinozio con la sua perfezione di luce e ombra rappresenta l'uomo e i girasoli si nutrono del sole per poi precipitare e chiudersi nell'ombra. E' un paradosso, uno dei tanti paradossi poetici e noi siamo luce ed ombra. L'equinozio richiama inequivocabilmente la primavera ma i girasoli nascono con il solstizio, quindi è un incontro simbolico.  Il tempo più vicino a me e alla mia scrittura è comunque quello  dell'equinozio ma non di primavera bensì d'autunno. Il richiamo poi all'equinozio è anche verso i riti magici e storici e alla magia della parola è dedicato appunto l'incipit iniziale della raccolta.

 

In questa raccolta la memoria e il tempo si snodano nei versi, non indipendenti l'una dall'altro, ma come due aspetti ed eventi metafisici. Nella risposta di cui sopra hai accennato ai riti magici connessi all'equinozio, fatti ormai abbastanza desueti, eppure significativi perché collegano strettamente tempo e memoria. In fondo noi siamo quello che siamo perché siamo un anello dell'evoluzione. In questa connessione fra tempo e memoria per te che cos'è esattamente il tempo?

 

Guarda, il tempo in realtà per me è probabilmente un'ossessione anche se in effetti funge da serbatoio per la memoria. I miei due precedenti lavori non per niente si intitolano “La caduta del tempo” e “Fino a che non muore il tempo”. Anche in questo “Equinozio” il tempo è ben presente tanto che una delle sezioni in cui è diviso si chiama “Nel difetto del tempo” e non a caso la frase conclusiva è “abbiamo ancora tempo”. In tutto il libro l'uso della parola non è mai ‘per caso'. C'è una ricerca continua. Ogni parola ha la sua collocazione come ogni secondo sta dentro al minuto che a sua volta..e qui  si può proseguire all'infinito. La Poesia invece è atemporale, non definibile su basi cronologiche. Facciamo spesso l'errore di immaginarci gli autori come entità separate che lavorano lontani sia nel tempo sia nello spazio. In realtà tutti lavorano insieme fuori dagli schemi imposti dal pensiero razionale a creare la Poesia, concetto indefinibile, tassello su tassello, tempo nel tempo, usando la “parola” ovvero “l'imperfetta perfezione”. Il tempo poi nel libro è cornice ed interprete principale al contempo. “ogni oggetto contiene una moltitudine di tempo”, oggetto, luogo o persona. Nella lirica “Un anno” si immagina lo stesso arco temporale secondo tre punti di osservazione, tre voci in assonanza ma diverse. Alla fine si può affermare che il tempo più non conta ed è la memoria la nostra salvezza.

 

Del resto la misura del tempo è propria dell'essere umano, che tende a ridurre il tutto alla sua dimensione, e giustamente non ci accorgeremmo del suo trascorrere se non avessimo l'esperienza della memoria, che ci dà una misura di ciò che è accaduto e quindi la certezza di un periodo temporale. La memoria, pertanto, avrebbe una funzione salvifica, cioè impedirebbe all'uomo di vivere un eterno presente. E' così?

 

Esattamente. Con e nella memoria, il nostro pensiero torna ad essere vivo, dinamico, non muore. D'altro canto però la memoria ci riporta anche alla realtà,  quella di non essere niente, di essere simili al silenzio. “La memoria non inganna” e quando sembra farlo inizia a tacere. Noi abbiamo bisogno di tutte le fasi del tempo. La memoria le contiene, paradossalmente contiene anche il futuro e a volte si fonde con i sogni. Spesso siamo consapevoli che è tutto un inganno, un'apparenza ma continuiamo a crederci. Nella memoria, da cui trarre il senso, nelle parole e nella Poesia c'è fortunatamente la radice che ci impedisce di vivere un eterno e angosciante presente; radice che nutre la sensazione bellissima, talvolta metafisica, “di abbandonarci alla paura di essere umani”.

 

Quel senso di stupore che ci coglie nell'accorgerci di essere granelli di polvere nel vento è indubbiamente anche la certezza della nostra caducità. Concordo che nel passato ci sia anche il futuro e in questo senso mi sembra che attualmente l'uomo sia senza memoria, e quindi non riesca a vivere il presente, né sia in grado di interferire, per quanto in misura modesta, con il futuro. L'impressione è quella di vivere in una società che ha fatto della chimera del tempo l'unico scopo della sua esistenza. Qual è la tua opinione al riguardo?

 

In questa corsa continua dove il tempo è visto come un qualcosa da abbattere, da sconfiggere, l'uomo perde contatto con sé e la sua sfera emotiva, relegandola ad un ruolo marginale. In questi ripidi ghirigori temporali dove le apparenze conducono verso il niente, ecco comparire i libri di poesia, strumenti dati all'uomo per lottare contro Crono. Il tempo non è vissuto, è consumato, la società genera la mediocrità, agli scrittori il compito di risvegliare le coscienze assopite.

 

D'accordo, ma resta un problema di base, e cioè il modesto o insignificante mercato dei libri di poesia. E' un dato di fatto che la gente non ami leggere delle liriche che, se hanno il vantaggio della brevità, impongono però anche un minimo di riflessione. Di conseguenza il poeta, a differenza del narratore, viene visto come una sorta di Don Chisciotte, un povero illuso, dove quel povero è inteso in tutti i sensi. Il problema allora è come avvicinare la gente alla poesia. Hai qualche idea in proposito?

 

Il discorso si fa complesso e lungo, cercherò`di essere coinciso. A monte vi é il problema dell`insegnamento scolastico. Programmi obsoleti e spesso male proposti fanno si che la Poesia sia vista come qualcosa di lontano, di vecchio, di assolutamente inutile. Le proposte letterarie che vengono fatte ai giovani annoiano, non sono assolutamente interessanti. I ragazzi devono essere stimolati, bisogna proporre loro interesse. Con tanta di quella buona poesia moderna si continua a far studiare loro autori del 700-800 di cui si fa persino fatica a capire quale lingua stiano usando, con conseguenze catastrofiche. E ancora Dante viene fatto male, gli stilnovisti sfiorati. Si va per grandi nomi, cariatidi letterarie. I giovani avranno tempo per studiare questi autori ma bisogna dare loro stimoli non pesantezza. Vado avanti con le mie idee nel laboratorio di poesia che tengo a Livorno. I risultati sono lusinghieri. Abbiamo partecipato entusiasti, con la seconda media dell`Istituto Sacro Cuore, al Festival Palabra en el mundo, una lettura simultanea mondiale. La scuola ha deciso cosi di affidarmi a livello sperimentale anche la classe V elementare oltre alla terza media che proseguirà il lavoro iniziato lo scorso anno. Dalla semplice lettura i ragazzi sono arrivati attraverso un percorso di letteratura comparata anche alla produzione vera e propria. Il ritenere la letteratura divisa in compartimenti stagni e separati è un altro grosso problema. Tornando alla domanda iniziale invece dobbiamo parlare di vari aspetti. Il primo è il mercato della poesia. Scarso. In Italia tutti scrivono e nessuno legge questo è il dato lampante. La mercificazione della cultura porta le grandi case editrici a non investire. Se non hai un “nome” non vendi. Quindi avanti con la narrativa di brutta fattezza degli scrittori di grido, magari poi loro prestano soltanto il nome al libro, e chiusura ai libri di riflessione. Poi il problema delle case editrici che sarebbe meglio chiamare “tipografie mascherate”. Approfittano della vanità del poeta, del cattivo poeta, e pubblicano, dietro lauto contributo-gabella, di tutto. Capisco la soddisfazione e l`ambizione ma pagare tanto per un libro di pessima fattura editoriale, poche copie all`autore e le altre a marcire in qualche magazzino ed in più proposte in vendita a prezzi assurdi mi sembra veramente troppo. Per questo attraverso le Edizioni Il Foglio, di cui dirigo le collane poetiche,  ho pensato e realizzato la nuova collana Plaquette. Prodotti di alta qualità e non di quantità. Gli autori sono selezionatissimi, sono in cerca di voci nuove, moderne, poderose, non delle “solite poesie” da regalare ad amici e parenti. Ma per riportare la poesia tra la gente bisogna anche invogliare il lettore, riportarlo alla scoperta del “bosco sacro”. Quindi prodotti editoriali di alto livello anche materiale e prezzi decisamente popolari. Lavorare quindi alla base con i giovani e mostrare quanto di bello c'è nella poesia e proporre ai “lettori” lavori di qualità. L`ultimo appunto è sulla piccola differenza tra un poeta e un narratore. Non e`un Don Chisciotte, il poeta racconta la realtà, è il narratore, il romanziere che inventa. Un poeta che finge non sarebbe credibile.

 

In buona parte concordo, ma sono dell'idea che lo studio dei grandi classici, e ce ne sono anche nel XVIII e nel XIX secolo, rapportandolo all'epoca storica, interesserebbe assai di più gli studenti, a patto che la lettura di una poesia non si limitasse a un commento unilaterale dell'insegnante, ma coinvolgesse anche gli allievi. Si otterrebbe così un duplice vantaggio: da un lato l'acquisizione di una coscienza storica che da semplicemente letteraria diventerebbe paragone critico di varie epoche, e dall'altro farebbe sentire lo studente non semplice recettore di nozioni, ma partecipe di un processo culturale che non ha mai termine.

Visto che hai citato la collana Plaquette del Foglio Letterario, di cui tu sei fresco fresco direttore editoriale per la poesia, vuoi anche precisare meglio che tipologia di poesia cerchi, ovviamente per l'eventuale successiva pubblicazione? Mi spiego meglio: a parte la qualità, è preferita la poesia introspettiva, quella d'amore, quella naturalistica, ecc.?

 

Assolutamente concordo con quanto tu sostieni sullo studio dei classici. Senza una collocazione storica sono parzialmente comprensibili ed il limite sta appunto nel proporre una semplice e noiosa cronologia e parafrasi senza aggiunte di niente e lo studente è mero ricevente senza possibilità di partecipazione al processo culturale dinamico. Poi la mia concezione è quella di una letteratura comparata senza confini anche perché ho una teoria sulla poesia molto particolare di cui avremo modo di parlare. Per quello che riguarda la poesia che cerco per la nuova collana Plaquette, non ho preclusioni per alcun tipo, sarebbe fuorviante e limitativo. Posso avere dei gusti personali ma non inficiano su quanto vado a leggere. Le mie preferenze vanno in genere ad una poesia introspettiva che cerca l`universalità dei concetti ma ciò riguarda soltanto me. Cerco belle poesie e questo è un concetto quasi indefinibile, Eliot ha detto che ci sono soltanto due tipi di poesie, quelle belle e quelle brutte, niente altro e sono d`accordo. Come distinguerle è cosa a parte. Ripeto quanto detto prima, non cerco bei pensieri magari ben scritti, cerco Poesia e “trovarobe” che ci abbiano inciampato rotolandoci dentro. Quindi amore, natura, sociale, introspezione tutto può essere poetico.

 

Vediamo una domanda classica, la cui risposta non è necessariamente una definizione: che cos'è secondo te la poesia?

 

Hai una domanda di riserva? Non c'è a mio avviso una risposta precisa ed univoca. Per risponderti utilizzo e faccio mio il discorso di Montale in occasione della consegna del premio Nobel. Montale asseriva che nel mondo c'è molto spazio per l'inutile e la poesia è un prodotto assolutamente inutile ma non nocivo anzi ancora più profondamente la poesia è “una malattia assolutamente endemica ed incurabile”. Nelle "lezioni" che tengo ai miei ragazzi del laboratorio , cerco sempre di mostrare loro le varie direzioni dei versi, cerchiamo insieme di abbattere gli schemi, mentali soprattutto, per far affiorare le parole. Credo che la Poesia sia come un punto geometrico, è un "ogniluogo" o meglio un "ognidove". Dal punto passano infinite rette ovvero le poesie, che si sfiorano, si uniscono, si allacciano. Vanno a creare strutture simili ad un ipertesto e le letterature si collegano tra loro. Non esiste quindi una poesia italiana o francese o tedesca, staccate dai loro parallelismi e congiunture. Questo ognidove porta ad un "nessundove" che non è termine negativo, è luogo infinito dove la poesia si rigenera con la poesia, la poesia rinasce ogni qual volta viene letta e scritta, rielaborata,gettata e ripresa.

 

Non c'è bisogno di una domanda di riserva, perché tutte le risposte sono valide ed egualmente opinabili. C'è chi ne parla più in modo emotivo e c'è invece chi vede la risposta da un punto di vista più impersonale.

Dato che ogni tanto citi altri poeti, mi sembra logico ora chiederti di quelli che più hanno avuto un ascendente su di te e per quali motivi.

 

Un`altra domanda aperta e in cui rischio di fare torto a molti. Sono un lettore poesiofago. Leggo quasi esclusivamente poesia e critica letteraria. Gli autori a me cari sono veramente tanti, a volte autori specifici, altre correnti letterarie intere. Comunque, scusandomi per quelli che non cito direi Salinas per l`uso specifico della parola, Eliot che ha scritto il capolavoro del 900 che è la Terra desolata, in cui ipertesto, genesi dell`uomo e introspezione si fondono magistralmente con un uso del linguaggio che lascia sbalorditi. Poi ancora i metafisici inglesi, John Donne su tutti, la poesia francese, ispanica,  soprattutto gli autori della generazione del 27 e ispanoamericana,   russa. Dante, Saffo ma l`elenco sarebbe davvero infinito. Relativamente alla letteratura italiana direi che in particolare guardo gli autori del 900. Voglio dire che è assurdo stilare una classifica o paragonare certi autori ad altri stante la soggettività della lettura. Nel 900 italiano ad esempio credo che oltre i classici Montale e Ungaretti, osannati allo sfinimento, ci siano 4 poeti veramente grandi. Luzi, Bertolucci, Caproni e Sereni e poi gli altri. Personalmente Luzi mi entusiasma e l`etichetta di ermetico che gli e`stata data è limitativa e fuorviante. Casi a parte  Quasimodo, autore sopravvalutato e a mio avviso e della critica in generale, non genuino,  ma non è qui adesso la sede giusta per discutere di questo, e la Pozzi deliziosa riscoperta. Non posso tralasciare anche la corrente nordamericana  Confessional, la Plath, la Sexton. Un altro poeta che mi ha terribilmente affascinato è il norvegese Hauge e la sua Terra azzurra. Poi leggo molto anche autori ancora sconosciuti ispanoamericani, lusitani e italiani. Mi rendo conto di aver tralasciato molti nomi.

 

Comprendo, ma la domanda, per essere precisi, riguarda l'autore o gli autori che hanno esercitato su di te il maggiore ascendente e per quale motivo. Magari, per semplificare, mettine uno e spiega il perché.

 

Tutti quelli che ho citato sono in parte “colpevoli” del mio stile, chi per un fatto chi per un altro. Uno soltanto e`troppo riduttivo, anche perché talvolta a seconda dei nostri periodi personali siamo più o meno ricettivi alle influenze altre. Diciamo comunque Luzi per la ricerca introspettiva che tocca livelli altissimi ed anche per l`uso del verso, della sintassi; quindi sia da un punto di vista del contenuto sia da quello formale. Eliot per la genialità con cui tratta la poesia e la formazione di sovra e sottostrutture, non tralasciando tra l`altro i contributi teorici dei saggi critici. Salinas per la ricerca della parola esatta e per la concezione della Poesia come forma di malentendu per cui ogni poesia scritta, termina ma non finisce, cerca un`altra poesia in se stessa, in chi scrive, in chi legge, nel silenzio.

 

Sì, in effetti chi scrive è sempre debitore di chi ha scritto prima di lui e a volte diventa difficile dire chi più di tutti ha esercitato il suo influsso. Prima di passare all'ultima domanda mi sembra logico chiedere i tuoi programmi, vale a dire se hai in corso di stesura una nuova raccolta poetica e magari avere un'anticipazione di quel che tratta.

 

I miei programmi attuali al momento sono focalizzati sulla nuova collana Plaquette de Il Foglio e sulla lettura degli autori che stanno iniziando ad inviare i loro lavori. La mia casella postale è sempre aperta. A settembre ed ottobre poi ho in previsione alcuni reading e presentazioni. In quanto ad una eventuale nuova  raccolta poetica ho già iniziato  a lavorare su un  progetto ma allo stato attuale non  sono altro che frammenti, ho difficoltà io stesso a darti una qualsiasi anticipazione programmatica.

 

Giusto, non anticipiamo i tempi, soprattutto in un'intervista in cui il tempo è stato un tema cruciale.

Ti ho già rivolto dieci domande, ma molto probabilmente non quella a cui maggiormente ti sarebbe piaciuto rispondere. Lo so per esperienza che si ha sempre un sogno nel cassetto e cioè parlare di qualche cosa a cui si tiene molto e che spesso invece l'intervistatore ignora e quindi finisce con il restare lì, ancora in attesa di altre opportunità. Quello che ti sto dicendo è che se hai una domanda – e assai probabilmente l'hai – a cui tanto terresti, puoi fartela tranquillamente e, ovviamente, fornire la risposta.

 

Ti rispondo volentieri. C'è una frase in “Equinozio”, il delirio è conoscere già il cammino, ecco se la domanda fosse ‘quale cammino vorresti intraprendere?' risponderei che il mio desiderio è di avere la possibilità di esplorarne il più possibile, non fermarmi mai, non diventare una stalattite d'uomo.

 

 

Grazie Giulio per la piacevole conversazione e tanti auguri per questa tua ultima raccolta.

 

 

 

Equinozio di girasoli

di Giulio Maffii

Prefazione di Vanessa Vallascas

Edizioni Il Foglio Letterario

www.ilfoglioletterario.it

ilfoglio@infol.it

Poesia

Collana Plaquette Poesia

Tascabile – 11,5 cm. x 16,5 cm.

Pagg. 100

ISBN: 9788876062377

Prezzo: € 6,00

 

 

 
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