L'erede degli dei, di Marco
Salvador, edizioni Piemme
di
Salvo Zappulla
Marco Salvador è nato a San Lorenzo,
in provincia di Pordenone, nella casa in cui vive tutt'oggi. Ricercatore
storico, per professione e per passione, con un interesse particolare per il
Medioevo, ha pubblicato numerosi saggi sulle comunità rurali nel medioevo e
sulle giurisdizioni feudali minori. Inoltre ha scritto sei romanzi: Il
longobardo con cui ha
vinto il "Premio Città di Cuneo per il primo romanzo" (Piemme,
1^ Edizione 2004, 2^ Edizione 2008), La
vendetta del longobardo (Piemme, 2005), L'ultimo longobardo (Piemme,
2006), La casa del quarto comandamento
(Fernandel, 2004), Il maestro di
giustizia (Fernandel, 2007), La palude degli eroi (Piemme, 2009) e L'Erede
degli Dei (Piemme, 2010). Il critico letterario Renzo Montagnoli lo definisce il nuovo Walter Scott italiano: “Ricerca
minuziosa delle fonti, capacità di scegliere, fra tante notizie, quella più
attendibile, elaborazione di questi elementi fino a sviluppare una trama,
capacità di affondare la lama quando serve e di addolcire ove è necessario,
personaggi caratterizzati nella loro essenza, senza inutili appesantimenti,
descrizione di battaglie talmente viva che sembra di prendervi parte, una nota
malinconica di fondo sul destino degli uomini, sempre presente, anche se non
esplicita, tutte caratteristiche queste ben radicate nel narratore di San Lorenzo
di Pordenone e che connotano infatti tutti i suoi
romanzi, dal ciclo longobardo a quello dei Da Romano, di cui il primo,
immediatamente antecedente a questo, vale a dire “La palude degli eroi”, è di
una tale bellezza e perfezione da poterlo definire, senza timore, un autentico
capolavoro.
E “L'Erede degli Dei” non gli è da meno, una serie di quadri ininterrotti, di
luce soffusa, ma vivi e che colpiscono il lettore per i toni, per gli
equilibri, per un alternarsi di pochi adagi e di molti andanti, una sinfonia
della vita in cui si disegnano figure memorabili, dipinte con la stessa cura,
dagli umili ai potenti, dai pavidi agli audaci, una moltitudine di esseri
umani, con i loro pregi e i loro difetti, tesi a sopravvivere o a vivere nella
gloria.
Comunque bisogna leggere questo romanzo e i precedenti per
capire cosa voglia dire saper scrivere bene, in un italiano corretto e con un
ricorso puntuale a un'analisi logica ferrea, in un fiume di parole che sanno
essere tumultuose, oppure quiete, tanti piccoli ceselli a formare un mosaico
che stupisce e affascina…”. Parole
di Renzo.
Incontro Marco Salvador a Siracusa, in piazza Duomo. intento a gustarsi una granita al limone. “Ah, le granite
che fate in Sicilia sono qualcosa di meraviglioso” mi dice. “Anche le granite
andrebbero incluse tra i vostri patrimoni da salvaguardare, come Ortigia, Pantalica e il Val di Noto”. Mettiamo da parte la granita e parliamo dei
suoi libri, dell'enorme successo che riscuotono anche all'estero.
Marco, perché la scelta di scrivere romanzi ambientati in un
passato piuttosto remoto?
I motivi sono più d'uno. Comunque, il
principale, è il desiderio di proporre degli specchi lontani. In altre parole,
dire: ‘Vedete? Quanto accade oggi è già accaduto. E
questi sono gli errori commessi e questi sono gli esiti'. Lo so bene:
nonostante l'asserzione di Cicerone, purtroppo la storia non è maestra di vita.
L'uomo, non importa l'epoca, nelle pulsioni e nei comportamenti è sempre lo
stesso. Pure nel reiterare gli errori. Però io continuo a essere ottimista, a
sperare in un seppur minuscolo cambiamento.
Un cambiamento? A cosa ti riferisci esattamente?
Al mutamento del modo di ricercare la
felicità. Se smettessimo di cercare affannosamente solo la nostra
considerandola un diritto a prescindere da chi ci circonda, sarebbe già un bel
passo in avanti. In altre parole, se si opera anche per la felicità degli
altri, credo che il mondo inevitabilmente migliori e,
di conseguenza, per ognuno sia più facile essere felici.
Non ti piace il mondo nel quale vivi?
Non sono così pessimista. Però noto un
progressivo calo dell'estetica e ciò comporta inevitabilmente un altrettanto
calo dell'etica. Questo non mi piace.
Torniamo ai libri. Come consideri i tuoi, senza presunzione o
falsa modestia?
Onesta letteratura. Credo in quello che scrivo
e cerco di trovare il modo migliore per scriverlo. Mi considero un buon
artigiano.
I tuoi libri vendono bene, sono tradotti all'estero e hanno buone
recensioni. Si guadagna scrivendo?
Mi sono conquistato i lettori a uno a
uno e cerco di non tradirli mai, anche per questo vendo. Certo, salvo incappare
in un best-seller da mezzo milione di copie in su, non
ci si arricchisce. Però di scrittura si può vivere.
Di tanto in tanto scrivi anche romanzi d'impegno civile. Lo fai per differenziare la tua produzione
letteraria?
No. Alle volte mi arrabbio, e di
brutto, scoprendo una grande ingiustizia. Allora cerco di dare il mio
contributo nel combatterla.
Ultima domanda. Puoi dare un consiglio a chi vuol diventare
scrittore?
Leggere, leggere, leggere. Ripassare
bene grammatica e sintassi. Non avere la presunzione di essere dei geni con
cose straordinarie e uniche da dire. Essere molto critici nei confronti di ciò
che si scrive e perciò scrivere, correggere e riscrivere. Alla fine, se la
scrittura è un bisogno dell'animo, uno ce la fa. Gli editori cercano sempre
nuovi autori.