Renato Dattola
Una settimana di pioggia
Pag. 530 – euro 20,50
Edigio' (Pavia) – www.edigio.it
Un giorno capita che senti Giorgio Faletti alla radio parlare dei suoi libri e
t'incazzi pure, ché lui dice non legge per paura di essere influenzato (tipica
giustificazione da semianalfabeta, da persona che scrive senza aver mai letto
una mazza), non solo, pure perché rosica
se scopre che l'autore in questione ha avuto una buona idea. Allora speriamo
che Giorgio Faletti non legga mai Una
settimana di pioggia, thriller di
Renato Dattola che ho avuto tra le mani in questi ultimi giorni, magari
finirebbe per rosicare. Dattola ha pubblicato
L'enigma di Santiago (2007), romanzo
storico - religioso, Siamo tutti figli di Eva (2010), lavoro generazionale, ma la
sua opera più matura è il nuovissimo Una
settimana di pioggia. Un tomo ponderoso di 530 pagine che affascinerà gli
appassionati di thriller, la storia di un serial killer che colpisce in una
Parigi cupa e tetra, sapientemente riprodotta su carta. Pioggia e omicidi sono
la costante di un romanzo ricco di sottotrame e di riferimenti socioculturali
legati alla capitale francese. Facciamo la conoscenza di un ispettore
imbranato, inadeguato al caso, che per la prima volta si trova a gestire una
brutta storia di omicidi e un'indagine complessa. Non c'è solo il serial killer
ma la vicenda si complica per la presenza di una banda di narcotrafficanti e di
alcune storie parallele che si intrecciano fino al sorprendente finale. Lo
stile è cinematografico, forse non proprio essenziale e a tratti
eccessivamente verboso, ma la cura con cui Dattola ambienta il suo
romanzo a Parigi vale da sola il prezzo del libro. Abbiamo avvicinato l'autore
per conoscerlo meglio e sentire dalla sua viva voce un'interpretazione
autentica del lavoro.
L'ambientazione parigina è molto curata. Conosci i luoghi di cui
parli o il lavoro di costruzione è frutto di studio a tavolino?
Conosco molto bene Parigi perché ci sono stato ventisei volte,
anche se sono ormai vent'anni che non ci vado più. Mi sono documentato a
tavolino solamente per accertarmi di ciò che è cambiato in città durante questi
anni.
Il personaggio del commissario inadeguato è un classico delle letteratura gialla. Sarà il primo romanzo di un
personaggio seriale?
Non credo, al momento non ho intenzione di scrivere ancora di
Farfan. Preferisco chiudere con questo romanzo il suo personaggio.
Perché hai deciso di scrivere un thriller dopo due romanzi di
tutt'altro genere?
Ho scritto un thriller perché rappresenta il mio genere di lettura
preferito in questi ultimi anni. Ho scritto Una settimana di pioggia per
raccogliere la sfida che la mia passione per questo genere di lettura ha
lanciato a quella per la scrittura. Mi piace raccogliere sfide e sono orientato
verso diversi modi di raccontare.
Raccontaci i tuoi riferimenti letterari. Non sei come Faletti che
ha paura di essere influenzato. Tu leggi, vero?
Certo. Ultimamente mi è piaciuto leggere Glenn Cooper, ma come
lettore nasco con Dostoevskij e Marquez, come scrittore invece non ho
riferimenti, anche se devo confessarti che mi piace raccontare la vita con la
libertà di espressione che si può ritrovare nei romanzi di Ammaniti. Siamo
tutti figli di Eva è un romanzo generazionale che poteva essere scritto solo
attraverso un certo linguaggio.
Parlaci dei tuoi progetti futuri.
Ho già un romanzo pronto. Fino a oggi quando ho pubblicato un
libro ne avevo già scritto un altro. Una settimana di pioggia ho finito di
scriverlo circa un anno e mezzo fa, dopodiché ho cominciato una storia basata
sulle coincidenze della vita (in stile Pulp Fiction per darti un'idea)
ambientata a New York e con una durata temporale di tre giorni. Sto anche
lavorando su un romanzo giallo-politico e raccogliendo ispirazioni su una
storia generazionale d'amore, scritta sempre con lo stile un po' forte, come
piace a me. Vorrei fare un piccolo salto di qualità come casa editrice, ma
forse più in direzione di un distributore forte (che a mio parere è quel che
conta maggiormente).
Non è proprio così, la
distribuzione e l'editore lasciano il tempo che trovano, in fondo. Ma non
glielo diciamo. Dattola è bravo ed è sempre abbastanza giovane. Ha diritto a
sognare.
Gordiano
Lupi
www.infol.it/lupi