Il
nome della rosa – Umberto Eco – Bompiani -
Pagg. 618 – ISBN 9788830101180
- Euro 20,00
Al
di là del nulla...un romanzo
Il
lascito maggiore di questa lettura alla mia persona è
saggiamente contenuto nella citazione del mistico Tommaso da Kempis
che chiosa la prefazione al romanzo datata 5 gennaio 1980: “In
omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum
libro”. Paradossale, quasi, nella finitezza, nella piccolezza,
che mi distingue come lettrice: rifuggire, se posso, da quelle
letture che è dato per certo essere impegnative perché,
è sicuro , lasciano con la netta consapevolezza di non aver
capito tutto, di non essere all’altezza culturale di poterle
cogliere nella loro totalità. Ma, se è vero, che
un’opera letteraria, direbbe il dotto magister, è per
sua natura un’opera aperta, sia allora di consolazione sapere
che anche questa non può sottrarsi all’esposizione del
giudizio del lettore, al suo gusto personale e anche ai suoi limiti
culturali. Buona pace per Eco, il quale, per divertirsi così
con il suo lettore, ha richiamato nella sua nassa pesci grandi e
piccoli, per cui la sua opera è stata fatta oggetto di
infinito studio, di competizione culturale, impari, con un uomo dalla
conoscenza enciclopedica, dalla memoria prodigiosa, dalla
consapevolezza teorica che assomma discipline le più diverse,
il tutto gestito dalla sapiente regia di uno studioso di semiotica.
Non solo, è nota a tutti la trasposizione cinematografica che
come sempre, a mio avviso, tradisce l’opera scritta: tutte le
categorie narratologiche spazzate via da tecniche cinematografiche
che, se da un lato materializzano l’iconografia dei luoghi (
non bastasse la mia immaginazione di lettore così abilmente
supportata dai diversi strumenti messi in campo da Eco) dall’altro
azzerano la gestione del tempo narrativo scandito da Eco a rendere
una necessaria e ardua coincidenza tra tempo della narrazione e tempo
della storia. Azzerati inoltre i meccanismi diluiti del giallo, il
lento procedere dello svelamento degli indizi, la messa in gioco
dell’abilità del lettore. Potrei continuare ancora su
questa falsa riga ma in realtà mi preme molto di più
chiarire e chiarirmi perché ancora una volta un’opera di
difficile lettura, inarrivabile nella sua complessità, mi
faccia al contempo sentire così piccola e insieme così
“in pace”. Seguirebbe una lunga riflessione sull’atto
della lettura, sul suo significato, sull’essere lettori mentre
mi limiterò dopo questa inutile introduzione a dare una mia
personale sensazione di lettura.
Gradevole
fin dall’inizio è stato il richiamo al genere del
romanzo storico, la strizzatina d’occhio dell’ironico Eco
alla trovata, immancabile, del manoscritto, il gusto per il topos
letterario, il divertimento intellettuale a richiamare moduli
narrativi noti. Consolatorie, fin da subito, quando già
minacciosi comparivano i primi riferimenti culturali per me
sconosciuti, subdorati ma non indagati al fine di non perdere
continuità nella lettura, l’alternasi delle sequenze
puramente narrative e la tecnica di presentazione dei personaggi.
Irresistibile già nell’ora terza del primo giorno il
richiamo alla semiotica, al valore dei segni, alla loro decifrabilità
e alla loro comunicabilità. E lì, volente o nolente, la
trappola ha funzionato e ancora prima di imbattermi nelle successive,
naturalmente solo in quelle che il mio limite culturale rendeva
intellegibili, ho iniziato a rincorrere gli indizi: non i fatti
contingenti alla soluzione del giallo ma i segnali di un disegno
altro, quasi di un messaggio subliminale consegnato a quest’opera.
E invece, bravissimo Eco, mi sono ritrovata ad attraversare le
diverse fasi di appagamento che sono necessari al lettore: la
progressione della trama, il senso della scoperta, la meraviglia che
l’accompagna, l’ammirazione per la mimesi stilistica e
per la ricostruzione storica. E poi il climax continuo, la lotta tra
il bene e il male, il conforto delle vecchie care antitesi e perché
no il dirottamento verso una sorta di immedesimazione e di edificante
protagonismo, la catarsi finale, senza né vinti né
vincitori ma solo lo sprofondare nell’assoluto trionfo del caso
e nell’annullamento di ogni categoria, la pace dell’assenza
di qualsiasi segno …”stat rosa pristina nomine, nomina
nuda tenemus”.
Siti
|