Settimane
bianche e crociere a costo zero – Tommaso
Mondelli – L’ArgoLibro – Pagg. 144 – ISBN
9788898558070
– Euro 10,00
L’importanza
della memoria
Se
è inevitabile che nella grande Storia si perdano le piccole
storie degli uomini, è però possibile che queste ultime
spesso riescano a emergere in virtù di quell’innato
desiderio umano di raccontare di sé, degli altri e per gli
altri.
È
così che si sono salvate dalle nebbie della dimenticanza
anonime storie che altrimenti non avremmo mai conosciuto, per il
semplice ma pur straordinario fatto che qualcuno abbia deciso di
raccontare le proprie o le altrui vicende. La scrittura, in quanto
scrigno di una oralità forte ma pur sempre fragile, resta uno
strumento fondamentale per preservare e tramandare storie e memorie.
Del resto, nemmeno di Ulisse avremmo avuto notizia, se i poemi
omerici non fossero stati fissati per iscritto; così come
quello della giovanissima Anna Frank sarebbe stato solo uno fra i
tanti milioni di nomi finiti purtroppo nelle liste dello sterminio
nazista, se lei stessa non avesse scritto il suo celebre diario. E
che dire di Emilio Lussu o di Primo Levi, solo per citare a caso due
personaggi che ci hanno trasmesso testimonianze fondamentali che
leggiamo ancora oggi?
Anche
quella di Tommaso Mondelli è una piccola storia, una delle
innumerevoli di cui brulica la Storia italiana del Novecento.
Una
storia semplice, di ordinaria quotidianità e, a tratti, di
altrettanta drammaticità nel bel mezzo di quell’immane
delirio che fu il secondo conflitto mondiale. Le pagine di questo
libro sono dense di una narrazione particolareggiata che espone la
vicenda personale del protagonista senza scinderla dai contesti
storico-politici che le fanno da sfondo.
Sono
anni non facili quelli nei quali si muove quel giovane uomo, figlio
di una Italia contadina e operosa che ascolta alla radio i discorsi
di Palazzo Venezia e osserva incuriosita i fasti di un rinnovato
impero, sognando di correre anch’essa veloce a bordo di quei
treni dalla tanto decantata puntualità. Anni di autarchia, di
leggi razziali e del “Taci! Il nemico ti ascolta”, a cui
non tarderanno ad aggiungersi le corse ai rifugi antiaerei e il
razionamento alimentare, se non la fame più nera. E il conto
di una guerra imposta a tutti dalle scellerate decisioni di pochi non
si sarebbe di certo esaurito così.
Partito
dapprima per l’assolvimento del servizio di leva, Tommaso
vedeva nella carriera militare un futuro lavorativo in condizioni di
relativa stabilità quale era quella che si respirava nella
seconda metà degli anni Trenta; gli eventi però
precipitarono nel giro di breve tempo ed egli si ritrovò
coinvolto all’improvviso in un gioco più grande di
quello inizialmente ipotizzato. Eppure, lui sosteneva di non aver
vissuto una vera e propria esperienza bellica, considerati i fronti
“tranquilli” ai quali era stato inviato insieme al suo
reparto; sembrerebbe così di essere davanti a niente di più
di un semplice resoconto di fatti e spostamenti privi d’interesse.
Certo, a eccezione del triste spettacolo del giugno 1940 al confine
francese, il lettore non troverà descritti in queste pagine
cruenti combattimenti fra soldati o massacri di popolazioni inermi; è
pur vero, inoltre, che l’autore non ebbe la sventura di
marciare sulle gelate steppe in terra di Russia né quella di
combattere al sole di El-Alamein dove, si sa, “mancò la
fortuna, non il valore”, così come non si trovò a
Cefalonia all’indomani di quel fatidico 8 settembre del ’43
che a troppi costò la vita.
Tuttavia,
ciò non significa che la storia di Tommaso debba essere
considerata poco importante o meno degna di essere raccontata
rispetto alle precedenti o a quelle di coloro che furono insigniti di
medaglie al valor militare. Si tratta semplicemente di vicende
diverse, il cui confronto risulterebbe tanto inutile quanto
insensato, accomunate però dal fatto di essere tasselli
inseparabili di un unico grande mosaico. C’è tanta
drammaticità nella sua vicenda; trovarla non è
difficile: basta soffermarsi agli angoli dei toni leggeri e spesso
ironici della narrazione che fanno capolino fin dal titolo,
riflettendo sulla condizione di soldati mandati allo sbaraglio contro
un nemico senza dubbio meglio armato; osservare con occhi attenti le
lunghe estenuanti marce consumate tra le strade polverose di stagioni
dissestate; ascoltare nel “Va’, pensiero” intonato
da un coro di voci in cammino verso ignota destinazione tutta
l’incertezza del destino e scorgere la libertà perduta
attraverso le sbarre seppur invisibili della prigionia.
Leggendo
questo libro, ricco di notizie, aneddoti, citazioni storiche e
riflessioni personali sul corso degli eventi, si ha l’impressione
di sfogliare un vecchio album fotografico oppure di guardare un lungo
filmato d’epoca, proprio come quelli che giravano i
cineoperatori militari. Al tempo stesso, neppure i colori sono
assenti, dal bianco accecante della neve sui Monti della Luna
all’azzurro inebriante del mare di Sicilia, che si accompagnano
ai tanti suoni che pervadono il testo, come gli squilli di tromba che
scandiscono i ritmi delle giornate in caserma, il verso ribelle dei
muli insofferenti al basto o, ancora, il rimbalzare monotono delle
palle da tennis sui campi in terra battuta in cima a una collina di
Algeri. Anche i giorni del dopoguerra avrebbero avuto i loro suoni e
colori, a dispetto del sapore amarissimo del periodo iniziale.
Questa
di Tommaso è un’autentica testimonianza di un’epoca,
in verità neanche troppo lontana, che contribuisce a
sottolineare l’importanza della memoria e il continuo bisogno
che di essa abbiamo, soprattutto in una società come la
nostra, troppo spesso distratta e sorda agli insegnamenti del tempo.
Ricordare non è soltanto importante: è addirittura
vitale, poiché senza passato non possiamo guardare al futuro
che si costruisce degnamente, giorno per giorno, traendo i giusti
insegnamenti alla luce della memoria. Ecco perché, forse, non
è sbagliato parlare di un dovere della memoria che ricada
specularmente su vecchie e nuove generazioni: le prime devono
ricordare, le seconde non dimenticare. È l’unico modo
affinché non venga meno la speranza anzitutto in noi stessi,
in quanto esseri umani, e nella possibilità di un mondo
migliore, dove ciò che d’inumano è stato non
accada più.
Classe
1919, Tommaso Mondelli, originario di un piccolo centro del Cilento,
in provincia di Salerno, ma residente per decenni in Piemonte, si è
spento lo scorso mese di aprile al compimento di ben 101 anni. Uomo
di straordinaria cultura e laureatosi tre volte presso l’Ateneo
di Torino, ha pubblicato diversi libri a partire dal 2012, in
particolare raccolte poetiche. La presente pubblicazione è
stata curata dalla sottoscritta che ha avuto il grande piacere e
l'onore di conoscere l'autore.
Laura
Vargiu
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