Nel
palazzo dell’ombra – Graziella Cappelli –
Ibiskos Editrice Risolo – Pagg. 100 – ISBN 978-8854611870
Lessi Nel
palazzo dell’ombra, una
raccolta di poesie di Graziella Cappelli, qualche anno fa, e fu
veramente un piacere. Come sempre faccio, con la matita fermai sulle
pagine alcune mie impressioni, ma, a lettura ultimata, non scrissi
una vera e propria recensione. In quegli anni, infatti, non avevo
questa abitudine, mi sembrava sempre che tra quello che scrivevo e
ciò che intendevo dire non ci fosse corrispondenza.
E
questa incertezza è rimasta tuttora in me, sebbene da alcuni
anni abbia incominciato a scrivere qualche recensione.
In
questi giorni ho ripreso tra le mani questa raccolta, che la stessa
Graziella mi aveva donato, e l’ho fatto, credo, per il
desiderio di sentire ancora vicina questa nostra amica che dai primi
di settembre non è più con noi.
Ed
ecco che la ritrovo nelle sue immagini di vita quotidiana, che ti
catturano con la loro essenzialità ma anche con la loro
armonia. Perché il suo stile è esattamente così:
spesso essenziale, ma sempre armonioso. Quadretti che sembrano dei
piccoli dipinti, e che ti invitano a entrare nel suo mondo.
E
a te viene da farlo con la stessa discrezione con la quale lei si è
sempre posta con gli amici ma anche con i suoi lettori
“Gorgheggia/il
caffè/nella moka/sul tavolo/quattro biscotti/ e una tazza di
latte./Scoppietta/ilfuoco/nel camino/ e ondate
calde/m’avvolgono.”(Da Minime
gioie)
E
poi c’è la Graziella che amava la natura in tutte le sue
forme. E’ riduttivo forse dire che l’amava soltanto,
perché era capace di diventare quasi un tutt’uno con il
mondo naturale. Era amore che si traduceva in rispetto, attenzione e
stupore, davanti alla grandi come alle piccole cose. E non c’era
niente che avesse meno valore per lei.
La
bellezza di una foglia o di un fiore di campo non era inferiore alla
superba bellezza delle rose, all’immensità del mare o
del cielo. E lei era consapevole di far parte di quel mondo, una
piccola ma importante parte, proprio come ognuno di noi, però
comprendeva bene che non siamo padroni della natura, ma che, al
contrario, abbiamo avuto l’immenso dono di poterla ammirare e
di poterne usufruire.
“Nel
bosco/indossi la veste/e sei falò/tra foglie nere./Poi
siedi/su cuscini/di nuvole/e mostri/sensuali forme/in
argentee radianze.” (Da Luna
piena d’agosto)
Nei
testi poetici che vanno a formare questa silloge, c’è
anche un’altra Graziella: quella che sapeva osservare con
occhio attento il mondo degli uomini, spesso così superficiali
nei loro sguardi e nei loro comportamenti .Una poesia civile, la sua,
in questo caso.
Versi
che sanno essere forti e incisivi nel mostrare la propria contrarietà
verso azioni che lei non poteva condividere.
“Cervelli/di
latta/mascelle/di mastino/fauci/bavose./Alla gola/ci hanno/morso/e
succhiato/il sangue.” (Da I
nostri politici)
Nel
suo Palazzo
dell’ombra c’è
anche l’amore incondizionato per la Toscana, la sua splendida
regione, alla quale ha regalato dei versi belli e intensi.
“Sirena/emersa
dal mare/adagiata e pigra/mostri/geometria di forme/ morbide./ Ti
ornano le spalle/i ricci capelli/d’Appennino/e gli occhi
d’agata/sfumano…/nell’infinito./” (DaToscana)
Non
si può dimenticare neppure l’amore per gli animali, in
particolare per i gatti. A loro ha donato se stessa, quasi fossero
umani. Una tenerezza di cui pochi sanno essere capaci.
“Mite
Morgana/mantello/morbido/magico/musicale/miagolio.” (Da Mi
manchi…)
Ma
c’è tanto altro in questa raccolta . E’ presente
infatti anche il dolore, e non solo quello fisico. Dolore che si
tinge di nostalgia quando racconta del fratello o del padre che non
ci sono più, ma anche di un amico, vicino di casa.
“Hai
capelli d’inverno/occhi/lucenti
d’onice./Riaffiorano/ancora/sulle ciglia/aquiloni
bianchi e/rocchetti/intagliati/d’infanzia.” (Da Fratello)
Graziella
era capace di accogliere tutti tra le sue braccia, perchè lei
era fatta così.
Per
chiudere le mie riflessioni su questa bella raccolta, riporto
l’ultima parte di un testo che bene evidenzia la sua
incredibile generosità.
“Non
ho /soldi in tasca/né mani sante/per guarire/le piaghe della
Terra./ Eppure…/il mio cuore/è un’arca/che
accoglie/tutti gli esseri/maltrattati/mentre/le
braccia/impotenti/vorrebbero/cullare il Mondo.” (Da Eppure)
Io
credo che sia per questo motivo, oltre che per la sua bravura, che
chi oggi la ricorda e la rimpiange non potrà mai dimenticarla.
Di
questi tempi, una bontà come la sua è qualcosa di raro,
un bene troppo prezioso per non sentirsi, dopo averla incontrata, un
po’ più ricchi.
Piera
Maria Chessa
|