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  Letteratura  »  Antonio Gramsci: sono trascorsi 130 anni dal giorno della sua nascita, di Piera Maria Chessa 09/02/2021
 
Antonio Gramsci: sono trascorsi 130 anni dal giorno della sua nascita,

di Piera Maria Chessa




Antonio Gramsci nacque ad Ales, un paese allora in provincia di Cagliari, situato nella subregione della Marmilla, il 22 gennaio del 1891, e morì a Roma il 27 aprile del 1937.

Dalla moglie Julia Schucht, musicista russa, ebbe due figli: Delio, il più grande, e Giuliano, il secondo, che Gramsci non conobbe mai perché nacque quando lui era già in carcere, condannato da Mussolini per la sua opposizione al regime fascista.
Gramsci non fu solo un politico, ma anche giornalista, filosofo, critico letterario e linguista.
I suoi scritti, numerosi, sono conosciuti e studiati in tutto il mondo, tra questi 
Le lettere dal carcere e I quaderni dal carcere, pubblicati tutti, purtroppo, dopo la sua morte.
Nel primo volume, tra le tante lettere, vi sono anche quelle dedicate alla moglie, che viveva in Russia insieme ai due figli, nonchè quelle spedite alla famiglia d’origine, che abitava a Ghilarza, un paese non distante da Oristano, dove Gramsci trascorse l’infanzia e parte della giovinezza prima di trasferirsi a Torino dove, grazie a una borsa di studio, potè frequentare l’Università.
Bella e struggente in particolare una delle lettere scritte alla madre, nella quale spiega il motivo per cui lui è stato condannato e incarcerato. E poi ancora le tante inviate alla cognata Tania, sorella di Giulia, che fece sempre da tramite tra lui e la famiglia, e che gli fu vicina durante la detenzione, e quelle mandate ai suoi amici.
I quaderni dal carcere raccolgono invece i frutti dei suoi studi, vari e approfonditi, nati dalle molteplici letture e dalle riflessioni che di volta in volta ne scaturivano.
E’ difficile raccontare in poche parole la vita di un uomo come Antonio Gramsci, il suo pensiero sui più svariati argomenti: politici, storici, letterari, musicali, e non solo; ma anche la sua storia personale, il rapporto con la moglie lontana, quello con i figli, ai quali cercava, da padre, di dare consigli con i suoi scritti e di trasmettere loro dei buoni principi. Come si può intuire, le difficoltà di un dialogo a distanza erano notevoli.
E poi c’erano i tanti problemi di salute di un corpo già estremamente fragile fin da quando era un bambino, che non potevano non peggiorare nel corso degli anni trascorsi in carcere.
Nonostante ciò, quanta forza e determinazione oppose all’intensa sofferenza fisica e psicologica quest’uomo così lungimirante e dal pensiero lucidissimo! Di lui dissero, quando lo condannarono: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Il 4 giugno del 1928 fu infatti condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione. Lo allontanarono dalla famiglia, dal suo impegno politico e sociale, ma non riuscirono a farlo tacere.
Dopo essere stato a lungo in diversi penitenziari, le malattie fisiche e i disturbi nervosi diventarono in Gramsci però sempre più frequenti, così come anche i suoi ricoveri in alcune cliniche, fino a quando, nell’ottobre del 1934, riuscì a ottenere la libertà condizionale. Nell’aprile del 1937 gli fu finalmente concessa la piena libertà.
Le sue condizioni a quel punto erano diventate tuttavia così critiche che, colpito da una emorragia cerebrale il 25 di quello stesso mese, morirà esattamente due giorni dopo, il 27 aprile. Aveva quarantasei anni.


Fu un uomo severo ed esigente prima di tutto con se stesso, ma ugualmente capace anche di tenerezza con la moglie e soprattutto con i figli, ai quali chiedeva però anche rigore e disciplina nello studio e nel rispetto degli impegni presi.
Ha lasciato a tutti noi un’eredità straordinaria che non è andata persa, e che non deve perdersi neppure con le nuove generazioni. A noi tocca il compito e il dovere di tenerla in vita e di saperla trasmettere.

***

Concludo riportando la lettera che Antonio Gramsci scrisse alla madre poco prima di sapere della condanna a oltre vent’anni di reclusione.

Carissima mamma, sto per partire per Roma. Oramai è certo. Questa lettera mi è stata data appunto per annunziarti il trasloco. Perciò scrivimi a Roma d’ora innanzi e finché io non ti abbia avvertito di un altro trasloco. Ieri ho ricevuto un’assicurata di Carlo del 5 maggio. Mi scrive che mi manderà la tua fotografia: sarò molto contento.
A quest’ora ti deve essere giunta la fotografia di Delio che ti ho spedito una decina di giorni fa, raccomandata. Carissima mamma, non ti vorrei ripetere ciò che ti ho spesso scritto per rassicurarti sulle mie condizioni fisiche e morali. Vorrei, per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna siano per darmi.
Che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione. Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perché non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. 
Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.
La vita è cosí, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. Ti abbraccio teneramente.
Nino”

  • Carlo Gramsci, citato nella lettera alla mamma, era uno dei fratelli di Antonio.


A Gramsci dedicai, tantissimi anni fa, la mia tesi di laurea, e oggi, ricordando i 130 anni dalla sua nascita, voglio riproporre un testo scritto per lui e per la moglie Giulia nel lontano 2007.
Piccola cosa, un omaggio il mio a un uomo di grande statura non solo intellettuale e politica ma anche umana, di cui sono orgogliosa di essere conterranea.

***

Julca

Un amore nacque
in quei giorni lontani
tra te, uomo di un’isola antica,
e la bella musicista straniera.

Vi unirono le vicende del tempo,
la vostra stessa diversità,
la tua determinazione,
la sua non voluta fragilità.

Pochi i momenti vissuti insieme,
tante le lettere scambiate,
come le incomprensioni
e gli aiuti reciproci negati.

Fu un rapporto profondo, importante,
un amore distante,
difficile da difendere o recuperare,
in fondo, da salvare.


 
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