Pedro
Páramo
– Juan Rulfo – Einaudi – Pagg. 142 – ISBN
9788806221621
– Euro 15,00
Morto
che parla
Il
messicano Juan Rulfo ha scritto solo due libri, pubblicati tra il
1953 (“La pianura in fiamme, raccolta di racconti) e il 1955
(“Pedro Páramo ”, breve romanzo, esplosione di
voci fissate in carta da un generoso inchiostro). Oggi questo ho
letto, il suo secondo e ultimo lavoro: non pubblicò mai più
nulla. Un vero deserto creativo dopo tale effluvio onirico quale è
“Pedro Páramo”.
Si
esce impreziositi da questa lettura che non offre nemmeno una storia,
almeno non una di quelle che lo stesso bellissimo incipit farebbe
presagire. Siamo in Messico, lande desolate, crocevia di strade che
si intersecano in due sole direttrici : scendere e salire, speculari
ad andare e tornare. Juan Preciado va, va alla ricerca del padre,
Pedro Páramo , a Camala, la madre è morta da una
settimana, le ha fatto una promessa: - Non chiedergli nulla, pretendi
ciò che è nostro -. Agosto, colline si susseguono, il
paesaggio langue, l’aria è bollente, i morti
dall’inferno tornano qui a riprendersi la coperta. La Media
Luna, estesissima proprietà del padre, lo accoglie, lo scorta
un mulattiere di passaggio e Pedro Páramo è morto …
era anche suo padre.
Ma
chi è Pedro Páramo ?
Sarebbe
precoce chiederselo perché da questo punto in poi la
narrazione vira, si apre a ripetute analessi, procede a rilento lungo
la via della fabula, disdegna oltremodo l’intreccio. Il
racconto si fa voce, prima reale, tangibile: Donna Eduviges Dyada
accoglie Juan Preciado a casa sua e racconta e quando la sua
evanescenza inizia a delinearsi agli occhi del protagonista-narratore
e dell’ormai disorientato lettore, subentra un’altra
narratrice, Damiana Cisneros. E il quadro lentamente si delinea, e
tutto sfuma, svanisce e al tempo stesso si delinea di nuovo, offre i
contorni di un disegno che sarà completo solo alla fine. Il
narratore è intanto ormai trasformato in ascoltatore e a
contatto con le diverse voci spettrali che animano un paese ormai
morto, diventa della stessa essenza dei suoi favellatori. Un turbine
di mormorii, di sussurri, di visioni e una vera e propria galleria di
personaggi indimenticabili lo ricongiungeranno alla storia del padre,
colui che dal nulla divenne grande, il cacique che tutto poté
dalla morte di suo padre alla guerra dei cristeros per giungere
infine alle ribellioni al seguito di Pancho Villa.
Fantasmi,
cavalli senza cavaliere, assassini, sogni benedetti e maledetti,
matrimoni imposti, violenze, la terra, i confini, il potere, il
peccato, lo strapotere. Morti, asfissie, sepolture e racconto. I
morti parlano, stateli a sentire non sono poi così pericolosi.
Peggio è il rancore vivente.
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