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  Letteratura  »  Pedro Páramo, di Juan Rulfo, edito da Einaudi e recensito da Siti 24/04/2021
 
Pedro Páramo – Juan Rulfo – Einaudi – Pagg. 142 – ISBN 9788806221621 – Euro 15,00


Morto che parla


Il messicano Juan Rulfo ha scritto solo due libri, pubblicati tra il 1953 (“La pianura in fiamme, raccolta di racconti) e il 1955 (“Pedro Páramo ”, breve romanzo, esplosione di voci fissate in carta da un generoso inchiostro). Oggi questo ho letto, il suo secondo e ultimo lavoro: non pubblicò mai più nulla. Un vero deserto creativo dopo tale effluvio onirico quale è “Pedro Páramo”.
Si esce impreziositi da questa lettura che non offre nemmeno una storia, almeno non una di quelle che lo stesso bellissimo incipit farebbe presagire. Siamo in Messico, lande desolate, crocevia di strade che si intersecano in due sole direttrici : scendere e salire, speculari ad andare e tornare. Juan Preciado va, va alla ricerca del padre, Pedro Páramo , a Camala, la madre è morta da una settimana, le ha fatto una promessa: - Non chiedergli nulla, pretendi ciò che è nostro -. Agosto, colline si susseguono, il paesaggio langue, l’aria è bollente, i morti dall’inferno tornano qui a riprendersi la coperta. La Media Luna, estesissima proprietà del padre, lo accoglie, lo scorta un mulattiere di passaggio e Pedro Páramo è morto … era anche suo padre.
Ma chi è Pedro Páramo ?
Sarebbe precoce chiederselo perché da questo punto in poi la narrazione vira, si apre a ripetute analessi, procede a rilento lungo la via della fabula, disdegna oltremodo l’intreccio. Il racconto si fa voce, prima reale, tangibile: Donna Eduviges Dyada accoglie Juan Preciado a casa sua e racconta e quando la sua evanescenza inizia a delinearsi agli occhi del protagonista-narratore e dell’ormai disorientato lettore, subentra un’altra narratrice, Damiana Cisneros. E il quadro lentamente si delinea, e tutto sfuma, svanisce e al tempo stesso si delinea di nuovo, offre i contorni di un disegno che sarà completo solo alla fine. Il narratore è intanto ormai trasformato in ascoltatore e a contatto con le diverse voci spettrali che animano un paese ormai morto, diventa della stessa essenza dei suoi favellatori. Un turbine di mormorii, di sussurri, di visioni e una vera e propria galleria di personaggi indimenticabili lo ricongiungeranno alla storia del padre, colui che dal nulla divenne grande, il cacique che tutto poté dalla morte di suo padre alla guerra dei cristeros per giungere infine alle ribellioni al seguito di Pancho Villa.

Fantasmi, cavalli senza cavaliere, assassini, sogni benedetti e maledetti, matrimoni imposti, violenze, la terra, i confini, il potere, il peccato, lo strapotere. Morti, asfissie, sepolture e racconto. I morti parlano, stateli a sentire non sono poi così pericolosi. Peggio è il rancore vivente.


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