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  Letteratura  »  Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945, a cura di Pietro Malvezzi, Giovanni Pirelli, edito da Einaudi e recensito da Piera Maria Chessa 05/05/2021
 
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945 – a cura di Pietro Malvezzi, Giovanni Pirelli – Einaudi – Pagg. XXVI-356 p. - ISBN  9788806178864 – Euro 13,00




Ho letto in questi giorni un libro molto particolare. Non si tratta di un romanzo, e neppure di un saggio, ma di una raccolta di lettere inviate ai familiari da 112 persone condannate a morte tra il 1943 e il 1945.
Erano combattenti di età diversa e di diversa provenienza sociale, eppure così legati gli uni agli altri più di quanto noi oggi possiamo immaginare. Tutti, giovani e meno giovani, più esperti e meno esperti, dimostrarono grande dignità davanti a un evento individuale così tragico come una condanna a morte. Condanna che veniva comunicata pochissimo tempo prima dell’esecuzione. Talvolta il giorno precedente, spesso, nella stessa giornata. Eppure raramente lasciarono che la paura prendesse il sopravvento, la convinzione di aver fatto sempre una cosa giusta, e quindi di aver lottato per una giusta causa, diede loro una forza e un coraggio che ha dell’inverosimile.
Il loro più grande dispiacere derivava dal fatto di non poter più vedere la famiglia: la moglie, i figli, i genitori, la madre, in particolare, e i più giovani anche la propria ragazza. E in ugual misura l’aver procurato loro una profonda sofferenza. Per questo motivo chiedevano sempre perdono.
Erano ragazzi di diciassette, diciannove, ventuno, ventiquattro anni, ma anche trentenni e quarantenni, qualcuno aveva cinquanta o sessant’anni. Vi erano anche delle donne, coraggiose in ugual misura, anche nei momenti in cui salutarono i propri cari, i figli in particolare.
Forza e dignità unirono dunque queste vite spezzate dalla cattiveria di altri uomini, dalle torture imposte loro prima della condanna definitiva. Torture e percosse sopportate fino allo sfinimento, talvolta, fino alla morte. Eppure raramente vennero meno alla loro promessa: quella di non parlare, di non tradire, di non denunciare i propri compagni di lotta.
Ammetto di aver sofferto leggendo queste lettere, di aver provato pietà e ammirazione, ma anche una profonda indignazione.
Non si può rimanere indifferenti, non solo nell’immaginare il dolore, ma soprattutto davanti alla forza d’animo dimostrata pur sapendo che la propria vita sta per concludersi.
Come per alcuni altri libri che mi hanno coinvolto in modo particolare, sono fermamente convinta che anche questo, facendo delle scelte appropriate, debba essere letto e commentato nelle scuole.
I nostri ragazzi, se affiancati da noi adulti, sanno essere forti, non scappano davanti alle letture faticose e agli esempi difficili, perché intuiscono che possono diventare per loro anche delle opportunità per una crescita equilibrata.


Di seguito, un brano tratto dalla Nota introduttiva di Gustavo Zagrebelsky.

Queste lettere non sono state scritte per venire in mano a noi che le leggiamo. Concepite nel momento più solenne della vita, un momento che non a tutti è dato di vivere, quando in piena lucidità e coscienza si è faccia a faccia con se stessi, in presenza della morte, erano indirizzate alla cerchia delle persone più vicine e care, in cui sono riposti gli affetti e da cui nasce l’impegno civile. Chiedono conforto, memoria e anche perdono per una scelta compiuta che è causa di dolore, spiegata e giustificata come adesione necessaria a un valore superiore. L’essere divenuto libro, aperto alla pubblica lettura, è un’intromissione: giustificata di certo dal loro significato universale, ma pur sempre un’intromissione.
[…]
Se affrontiamo questa lettura emotivamente gravosa dunque, facciamolo col pudore di chi sa di accingersi a qualcosa di simile a una profanazione e in un colloquio diretto e silenzioso, da coscienza a coscienza.”


Ignoto (Renzo)


(dall’archivio di Milano del Corpo Volontari Libertà)

Caro papà,

benchè non sia nato nel tuo stesso letto e non porti il tuo nome, sono riconoscente di quanto hai fatto per me nella vita terrena. Sono sull’orlo della vita terrena e mi involo nel più alto dei cieli. Tu che sei un uomo di alti sentimenti, sappi che tuo figlio muore per un alto ideale, per l’ideale della Patria più libera e più bella.
Dì al mio vero papà che lo perdono di tutto il male che ha fatto e che questo lo stimoli ad essere un uomo onesto nella vita.
Caro papà, tutta la mia riconoscenza te la esprimo col mio cuore: caro papà, sappi che non ho amato come mio insegnante di vita laboriosa ed onesta altro che te. […]

Renzo

Maria Luisa Alessi (Marialuisa)
Di anni 33 – impiegata – Fucilata il 26 novembre 1944

Cuneo, 14 novembre 1944

Come già sarete a conoscenza, sono stata prelevata dalla Brigata Nera: mi trovo a Cuneo nelle scuole, sto bene e sono tranquilla.
Prego solo non fare tante chiacchiere sul mio conto, e di allontanare da voi certe donne alle quali io debbo la carcerazione.
Solo questa sicurezza mi può far contenta, e sopra tutto rassegnata alla mia sorte. Anche voi non preoccupatevi, io so essere forte.
Vi penso sempre e vi sono vicino.
Tante affettuosità.

Maria Luisa

Bruno Cibrario ( Nebiolo)
Di anni 21 – disegnatore – Fucilato il 23 gennaio 1945

Dalle Carceri Giudiziarie di Torino
22 gennaio 1945

Mamma carissima,

perdonami per il dolore che ti do.
Quello che ho fatto, chiunque non sia un vile lo avrebbe fatto. Mio padre non potrebbe che approvarmi. Lui che ha combattuto mi capisce. Io non sarò meno di lui.
Forse questa è l’ultima che scrivo. Sii forte per le bambine, esse non hanno che te. Devi voler loro anche il bene che hai voluto a me.
[…]

Bruno

Walter Fillak (Gennaio, Martin)
Di anni 24 – studente – Impiccato il 5 febbraio 1945

Mia carissima Ines,

sono caduto prigioniero e sarò fucilato.
Non mi pento di quanto ho fatto per la Causa: e non cambierei la mia vita anche se mi fosse possibile tornare indietro.
Spero che la brevità della nostra conoscenza diminuirà il tuo dolore e ti auguro di aver presto, molto presto dalla vita quella felicità che avrei voluto darti io.
Il mio ultimo bacio.

Walter

Paola Garelli (Mirka)
Di anni 28 – pettinatrice – Fucilata il 1° novembre 1944

Mimma cara,

la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vegognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi

la tua infelice mamma

Leone Ginzburg
Di anni 34 – docente universitario – Ridotto in fin di vita a causa delle percosse, morirà a Regina Coeli (Roma) il 5 febbraio 1944

Natalia cara, amore mio,

ogni volta spero che non sia l’ultima lettera che ti scrivo, prima della partenza o in genere; e così è anche oggi. Continua in me, dopo quasi un’intera giornata trascorsa, il lieto eccitamento suscitatomi dalle tue notizie e dalla prova tangibile che mi vuoi così bene. Questo eccitamento non ha potuto essere cancellato neppure dall’inopinato incontro che abbiamo fatto oggi. Gli auspici , dunque, non sono lieti; ma pazienza. Comunque, se mi facessero partire non venirmi dietro in nessun caso. Sei molto più necessaria ai bambini, e soprattutto alla piccola.
E io non avrei un’ora di pace se ti sapessi esposta chissà per quanto tempo a dei pericoli, che dovrebbero presto cessare per te, e non accrescersi a dismisura. So di quale conforto mi privo a questo modo; ma sarebbe un conforto avvelenato dal timore per te e dal rimorso verso i bambini. […]

Leone

Giuseppe Salmoirago
Di anni 41 – commerciante – Fucilato il 15 ottobre 1944

Adriana cara,

tuo papà ti lascia per sempre, ma anche dal di là ti proteggerà; tu hai un’età che ormai comprendi e un dovere da compiere, tu mi capisci vero? Sii coraggiosa come sempre e difendi tu la causa che a tuo padre fu negata dalle canaglie nazifasciste; pensa a tua madre a tua sorellina.

Cara moglie e bambine,

non piangete e siate orgogliose del vostro caro marito e padre, a 18 anni feci diciotto mesi di carcere, e ora a 41 do la vita mia per il mio ideale e per la libertà della nostra patria. Vi mando il mio ultimo saluto,il mio forte abbraccio a te moglie mia cara e alla piccola Iuci e a te cara Adriana; falle tanto coraggio alla mamma.


Vostro padre e marito

Giuseppe Salmoirago



Piera Maria Chessa


https://pieramariachessa.wordpress.com/




 
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