Lettere
di condannati a morte della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25
aprile 1945 – a cura di Pietro Malvezzi, Giovanni
Pirelli – Einaudi – Pagg. XXVI-356
p. - ISBN 9788806178864
– Euro 13,00
Ho
letto in questi giorni un libro molto particolare. Non si tratta di
un romanzo, e neppure di un saggio, ma di una raccolta di lettere
inviate ai familiari da 112 persone condannate a morte tra il 1943 e
il 1945.
Erano combattenti di età diversa e di diversa
provenienza sociale, eppure così legati gli uni agli altri più
di quanto noi oggi possiamo immaginare. Tutti, giovani e meno
giovani, più esperti e meno esperti, dimostrarono grande
dignità davanti a un evento individuale così tragico
come una condanna a morte. Condanna che veniva comunicata pochissimo
tempo prima dell’esecuzione. Talvolta il giorno precedente,
spesso, nella stessa giornata. Eppure raramente lasciarono che la
paura prendesse il sopravvento, la convinzione di aver fatto sempre
una cosa giusta, e quindi di aver lottato per una giusta causa, diede
loro una forza e un coraggio che ha dell’inverosimile.
Il
loro più grande dispiacere derivava dal fatto di non poter più
vedere la famiglia: la moglie, i figli, i genitori, la madre, in
particolare, e i più giovani anche la propria ragazza. E in
ugual misura l’aver procurato loro una profonda sofferenza. Per
questo motivo chiedevano sempre perdono.
Erano ragazzi di
diciassette, diciannove, ventuno, ventiquattro anni, ma anche
trentenni e quarantenni, qualcuno aveva cinquanta o sessant’anni.
Vi erano anche delle donne, coraggiose in ugual misura, anche nei
momenti in cui salutarono i propri cari, i figli in
particolare.
Forza e dignità unirono dunque queste vite
spezzate dalla cattiveria di altri uomini, dalle torture imposte loro
prima della condanna definitiva. Torture e percosse sopportate fino
allo sfinimento, talvolta, fino alla morte. Eppure raramente vennero
meno alla loro promessa: quella di non parlare, di non tradire, di
non denunciare i propri compagni di lotta.
Ammetto di aver
sofferto leggendo queste lettere, di aver provato pietà e
ammirazione, ma anche una profonda indignazione.
Non si può
rimanere indifferenti, non solo nell’immaginare il dolore, ma
soprattutto davanti alla forza d’animo dimostrata pur sapendo
che la propria vita sta per concludersi.
Come per alcuni altri
libri che mi hanno coinvolto in modo particolare, sono fermamente
convinta che anche questo, facendo delle scelte appropriate, debba
essere letto e commentato nelle scuole.
I nostri ragazzi, se
affiancati da noi adulti, sanno essere forti, non scappano davanti
alle letture faticose e agli esempi difficili, perché
intuiscono che possono diventare per loro anche delle opportunità
per una crescita equilibrata.
Di
seguito, un brano tratto dalla Nota introduttiva di Gustavo
Zagrebelsky.
“Queste
lettere non sono state scritte per venire in mano a noi che le
leggiamo. Concepite nel momento più solenne della vita, un
momento che non a tutti è dato di vivere, quando in piena
lucidità e coscienza si è faccia a faccia con se
stessi, in presenza della morte, erano indirizzate alla cerchia delle
persone più vicine e care, in cui sono riposti gli affetti e
da cui nasce l’impegno civile. Chiedono conforto, memoria e
anche perdono per una scelta compiuta che è causa di dolore,
spiegata e giustificata come adesione necessaria a un valore
superiore. L’essere divenuto libro, aperto alla pubblica
lettura, è un’intromissione: giustificata di certo dal
loro significato universale, ma pur sempre un’intromissione.
[…]
Se
affrontiamo questa lettura emotivamente gravosa dunque, facciamolo
col pudore di chi sa di accingersi a qualcosa di simile a una
profanazione e in un colloquio diretto e silenzioso, da coscienza a
coscienza.”
Ignoto
(Renzo)
(dall’archivio
di Milano del Corpo Volontari Libertà)
Caro
papà,
benchè
non sia nato nel tuo stesso letto e non porti il tuo nome, sono
riconoscente di quanto hai fatto per me nella vita terrena. Sono
sull’orlo della vita terrena e mi involo nel più alto
dei cieli. Tu che sei un uomo di alti sentimenti, sappi che tuo
figlio muore per un alto ideale, per l’ideale della Patria più
libera e più bella.
Dì al mio vero papà che
lo perdono di tutto il male che ha fatto e che questo lo stimoli ad
essere un uomo onesto nella vita.
Caro papà, tutta la mia
riconoscenza te la esprimo col mio cuore: caro papà, sappi che
non ho amato come mio insegnante di vita laboriosa ed onesta altro
che te. […]
Renzo
Maria
Luisa Alessi (Marialuisa)
Di
anni 33 – impiegata – Fucilata il 26 novembre 1944
Cuneo,
14 novembre 1944
Come
già sarete a conoscenza, sono stata prelevata dalla Brigata
Nera: mi trovo a Cuneo nelle scuole, sto bene e sono
tranquilla.
Prego solo non fare tante chiacchiere sul mio conto,
e di allontanare da voi certe donne alle quali io debbo la
carcerazione.
Solo questa sicurezza mi può far contenta,
e sopra tutto rassegnata alla mia sorte. Anche voi non preoccupatevi,
io so essere forte.
Vi penso sempre e vi sono vicino.
Tante
affettuosità.
Maria
Luisa
Bruno
Cibrario ( Nebiolo)
Di
anni 21 – disegnatore – Fucilato il 23 gennaio 1945
Dalle
Carceri Giudiziarie di Torino
22 gennaio 1945
Mamma
carissima,
perdonami
per il dolore che ti do.
Quello che ho fatto, chiunque non sia
un vile lo avrebbe fatto. Mio padre non potrebbe che approvarmi. Lui
che ha combattuto mi capisce. Io non sarò meno di lui.
Forse
questa è l’ultima che scrivo. Sii forte per le bambine,
esse non hanno che te. Devi voler loro anche il bene che hai voluto a
me.
[…]
Bruno
Walter
Fillak (Gennaio, Martin)
Di
anni 24 – studente – Impiccato il 5 febbraio 1945
Mia
carissima Ines,
sono
caduto prigioniero e sarò fucilato.
Non mi pento di
quanto ho fatto per la Causa: e non cambierei la mia vita anche se mi
fosse possibile tornare indietro.
Spero che la brevità
della nostra conoscenza diminuirà il tuo dolore e ti auguro di
aver presto, molto presto dalla vita quella felicità che avrei
voluto darti io.
Il mio ultimo bacio.
Walter
Paola
Garelli (Mirka)
Di
anni 28 – pettinatrice – Fucilata il 1° novembre 1944
Mimma
cara,
la
tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii
buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali
come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri
cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do
loro. Non devi piangere né vegognarti per me. Quando sarai
grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti
proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e
tutti, ricordandovi
la
tua infelice mamma
Leone
Ginzburg
Di
anni 34 – docente universitario – Ridotto in fin di vita
a causa delle percosse, morirà a Regina Coeli (Roma) il 5
febbraio 1944
Natalia
cara, amore mio,
ogni
volta spero che non sia l’ultima lettera che ti scrivo, prima
della partenza o in genere; e così è anche oggi.
Continua in me, dopo quasi un’intera giornata trascorsa, il
lieto eccitamento suscitatomi dalle tue notizie e dalla prova
tangibile che mi vuoi così bene. Questo eccitamento non ha
potuto essere cancellato neppure dall’inopinato incontro che
abbiamo fatto oggi. Gli auspici , dunque, non sono lieti; ma
pazienza. Comunque, se mi facessero partire non venirmi dietro in
nessun caso. Sei molto più necessaria ai bambini, e
soprattutto alla piccola.
E io non avrei un’ora di pace se
ti sapessi esposta chissà per quanto tempo a dei pericoli, che
dovrebbero presto cessare per te, e non accrescersi a dismisura. So
di quale conforto mi privo a questo modo; ma sarebbe un conforto
avvelenato dal timore per te e dal rimorso verso i bambini. […]
Leone
Giuseppe
Salmoirago
Di
anni 41 – commerciante – Fucilato il 15 ottobre 1944
Adriana
cara,
tuo
papà ti lascia per sempre, ma anche dal di là ti
proteggerà; tu hai un’età che ormai comprendi e
un dovere da compiere, tu mi capisci vero? Sii coraggiosa come sempre
e difendi tu la causa che a tuo padre fu negata dalle canaglie
nazifasciste; pensa a tua madre a tua sorellina.
Cara
moglie e bambine,
non
piangete e siate orgogliose del vostro caro marito e padre, a 18 anni
feci diciotto mesi di carcere, e ora a 41 do la vita mia per il mio
ideale e per la libertà della nostra patria. Vi mando il mio
ultimo saluto,il mio forte abbraccio a te moglie mia cara e alla
piccola Iuci e a te cara Adriana; falle tanto coraggio alla mamma.
Vostro
padre e marito
Giuseppe
Salmoirago
Piera
Maria Chessa
https://pieramariachessa.wordpress.com/
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