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  Letteratura  »  Auto da fé, di Elias Canetti, edito da Adelphi e recensito da Siti 07/06/2021
 
Auto da fé – Elias Canetti – Adelphi – Pagg. 548 – ISBN  9788845916540 – Euro 15,00



Dissoluzione dell’Io



La tripartizione del romanzo – “Una testa senza mondo”, “Un mondo senza testa” e”Il mondo nella testa”- è già una chiave di lettura, chiara, del contenuto di questo corposo romanzo, il primo lavoro di Canetti, in assoluto e anche il suo unico romanzo. Lo è perché contiene il riferimento ai due poli che entrano in collisione per tutta la durata della narrazione: la realtà e la rappresentazione della stessa. Una è data dall’elemento tangibile, qui chiamato il mondo, l’altra è l’insieme dei pensieri – la testa- , anche essi reali, si badi bene, che interpretano la realtà, per poi trasformarla a tal punto da farla precipitare nel piano dell’irrealtà. La fabula inoltre è racchiusa intorno alla dispercezione del personaggio principale, Kent, l’uomo dei libri, che , come una forza centripeta, in un disperato mulinello trascina tutti gli altri personaggi. Non sono tanti in verità, se non nella rappresentazione contenuta nella seconda parte, la meno fluida.

Si tratta, in poche parole, dell’esistenza di un sinologo che possiede una dotazione libraria invidiabile, avendo investito in essa la gran parte del lascito testamentario paterno. Lo incontriamo nell’unico momento della sua vita in cui si approccia gradevolmente e con cognizione di causa a un ragazzetto che lo intenerisce per la sua passione verso i libri a tal punto da invitarlo, abita nel suo stesso palazzo, a visitare la sua biblioteca. L’unico momento di relazione vera e genuina per le restanti cinquecento e passa pagine, perché una volta accompagnatolo sull’uscio del suo appartamento e aver varcato insieme a lui quella porta, non ci resta altro che assistere alla rappresentazione della sua follia. Gradualmente però, perché per una porzione di testo abbondante il lettore sarà completamente rapito da un semplicissimo meccanismo di immedesimazione che Canetti mette in atto con destrezza per poi farci prendere le dovute distanze dal caso patologico. La presentazione del protagonista è infatti quanto di più gradito possa leggere un lettore, uno come noi, che vive per ritagliarsi lo spazio vitale da dedicare alla lettura, che spende i suoi soldi per acquistare i libri e che smania per leggerli tutti, ben sapendo che una sola vita non gli basterà. Lo stesso lettore che qualche volta si sarà soffermato a pensare quanto l’atto egoistico del leggere lo estrometta dal consorzio umano, anche semplicemente nello spazio e nel tempo tutto ascritto alla famiglia. Terminata però questa prima parte che crea anche un interessante sviluppo narrativo - il protagonista si sposa - si apre una seconda parte in cui la rappresentazione del caos pare essere il tratto distintivo. Ho faticato parecchio a leggerla e non ho più ritrovato quella piacevolezza che lievemente era stata destata dalla prima parte. Tutto è diventato cupo, l’involuzione del personaggio senza speranza alcuna, il mondo che poi gli gravitava attorno sempre più complesso. Solo quando il povero Kien è tornato a domicilio, dopo una serie di surreali peripezie, ho potuto nuovamente godere della narrazione e gustarmi il finale, naturalmente anche esso frutto dell’ennesima ossessione. Sicuramente il romanzo si imprimerà nella mia memoria di lettore per la caratterizzazione straniante dei personaggi, per le loro ossessioni, per il loro agire in conseguenza di un’errata rappresentazione della realtà. Kent tra il possesso compulsivo dei libri e la sua incapacità di relazionarsi con chicchessia, la moglie dalla gonna blu a baluardo di una verginità che vorrebbe concedergli senza che le sia pretesa e la sua deriva compulsiva verso il possesso del denaro, infine il violento ex poliziotto ora guardiano di portineria e il suo spioncino verso l’esterno. Un romanzo ricco, corposo, a tratti pesante e prolisso a cui è difficile però dare un giudizio negativo.


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